La somministrazione di statine nei pazienti con sepsi può ridurre il rischio di decesso del 39%. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology, condotto dagli scienziati del Tianjin Medical University General Hospital in Cina. Il team, guidato dallo scienziato Caifeng Li, ha analizzato i dati raccolti dal database pubblico Medical Information Mart for Intensive Care-IV (MIMIC-IV), che contiene le cartelle cliniche elettroniche anonime di 265 mila pazienti ricoverati al pronto soccorso del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston tra il 2008 e il 2019.
La sepsi, spiegano gli esperti, è una condizione che si verifica quando il sistema immunitario supera la reazione infiammatoria a un’infezione, in modo tanto violento da contrastare il funzionamento degli organi vitali. La sepsi porta al decesso nel 27% dei casi, e se si verifica shock settico, la percentuale sale al 30-40 per cento. Le statine sono note soprattutto come trattamento protettivo contro le malattie cardiovascolari, in quanto agiscono riducendo il colesterolo LDL, ma è stato dimostrato che possono portare a numerosi benefici aggiuntivi, grazie alle loro proprietà antinfiammatorie, immunomodulatrici, antiossidanti e antitrombotiche. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno confrontato gli esiti tra pazienti che hanno ricevuto o meno statine durante la degenza, oltre alla terapia standard.
Il campione finale comprendeva 12.140 pazienti, la metà dei quali sono stati trattati con statine. L’analisi primaria si è concentrata sulla mortalità per tutte le cause a 28 giorni, mentre i controlli supplementari hanno esaminato la durata della degenza, la necessità di ventilazione meccanica e la terapia sostitutiva renale. I risultati hanno mostrato che il tasso di mortalità per tutte le cause a 28 giorni era del 14,3% nel gruppo che aveva ricevuto statine e del 23,4% tra i pazienti a cui erano stati forniti solo i trattamenti standard. Tuttavia, la durata della ventilazione meccanica e della terapia sostitutiva renale continua è aumentata in media rispettivamente di 3 e 26 ore in caso di somministrazione di statine.
“Questi risultati – afferma Li – suggeriscono fortemente che le statine possono avere un effetto protettivo e migliorare gli esiti clinici nei pazienti con sepsi”. I risultati sono in contrasto con quanto emerso da indagini precedenti, studi randomizzati e controllati. “Questa discrepanza – conclude Li – potrebbe dipendere dalla sottostima delle diagnosi di sepsi, dalle dimensioni ridotte del campione e dalla mancata considerazione delle complesse interazioni tra l’uso di statine e le caratteristiche del paziente. I prossimi approfondimenti potrebbero far luce sulle dinamiche alla base di questi risultati”.
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