Salute 5 Giugno 2025 17:46

Tumori testa-collo, scoperto il ‘trucco’ con cui il cancro elude le cure

I ricercatori: “Pensavamo che la resistenza ai farmaci derivasse soprattutto da mutazioni genetiche, invece i tumori della testa e del collo spengono volontariamente i freni interni che ne limiterebbero la crescita"
Tumori testa-collo, scoperto il ‘trucco’ con cui il cancro elude le cure

Ogni anno, solo in Italia, diecimila persone ricevono una diagnosi di tumore della testa e del collo. Si tratta di neoplasie che colpiscono il cavo orale, la faringe e la laringe. Spesso hanno un esordio piuttosto silenzioso e trattarli può essere talvolta complesso. Ora, una nuova ricerca, nata da una collaborazione tra Roma e Berlino, potrebbe cambiare le carte in tavola: gli scienziati hanno scovato un meccanismo nascosto capace di spiegare perché, in molti casi, le cure non funzionano. Questo risultato, pubblicato sulla rivista Drug Resistance Update, potrebbe cambiare il modo di affrontare uno dei tumori più resistenti ai trattamenti.

Non è una questione di geni

“Fino a poco tempo fa pensavamo che la resistenza ai farmaci derivasse soprattutto da mutazioni genetiche – spiega Giovanni Blandino, direttore scientifico f.f. dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (Ire) di Roma -. Ma abbiamo scoperto che i tumori della testa e del collo hanno trovato un’altra strada per sopravvivere: spengono volontariamente i freni interni che ne limiterebbero la crescita”. Il meccanismo individuato riguarda i cosiddetti microRNA, piccolissime molecole che agiscono come interruttori: possono accendere o spegnere l’attività di geni cruciali. In questo caso, i microRNA disattivano Pten, una proteina che in condizioni normali funziona come un freno per le cellule tumorali. Senza Pten, il tumore accelera indisturbato, anche in presenza di farmaci che dovrebbero bloccarlo, come gli inibitori della PI3Kα già usati in oncologia (tra cui l’alpelisib).

Il ‘piano B’ del tumore

Ma non finisce qui. “Quando Pten viene meno – racconta Claudio Pulito, ricercatore Ire – entra in gioco una seconda proteina, Plk1, che consente alle cellule tumorali di trovare una via alternativa per sopravvivere. È come se il tumore avesse un piano B pronto a scattare”. La buona notizia è che molecole in grado di bloccare Plk1 già esistono in forma sperimentale. Nei test di laboratorio, l’associazione tra inibitori di PI3Kα e anti-Plk1 ha mostrato una forte efficacia nel colpire i tumori resistenti. La ricerca è il primo frutto concreto della collaborazione tra l’Ire e la prestigiosa Charité – Universitätsmedizin di Berlino, sostenuta dalla Fondazione Airc per la Ricerca sul Cancro. Un esempio virtuoso di sinergia europea, dove competenze diverse si intrecciano per rispondere alla domanda più difficile dell’oncologia di oggi: come trattare i tumori che sfuggono alle terapie.

I risultati aprono la strada a nuove ricerche

“Nel tumore primario, le mutazioni genetiche sono spesso ben identificabili e attaccabili – osserva Blandino -. Ma quando la malattia progredisce o metastatizza, entrano in gioco reti molecolari complesse, che finora abbiamo compreso solo in parte. Ed è lì che dobbiamo colpire, se vogliamo davvero fare la differenza”. Per Konrad Klinghammer, oncologo della Charité, la sfida è anche culturale: “Dobbiamo uscire dall’idea che basti trovare un ‘gene bersaglio’ e colpirlo. I tumori sono entità dinamiche, capaci di adattarsi, e serve un approccio più flessibile, intelligente, personalizzato”, conclude.

 

 

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