Salute 12 Maggio 2025 09:23

Parkinson: identificazione e trattamento precoci dei sintomi non motori

Il Parkinson non è solo una malattia dell’età avanzata. Sempre più spesso l’esordio avviene in età lavorativa, con un impatto rilevante sulla quotidianità, l’autonomia e la qualità della vita del paziente. Il Prof. Mario Barbagallo, analizza le due facce della malattia – sintomi motori e disturbi non motori – mettendo in luce quanto sia importante riconoscerli e gestirli fin dalle fasi iniziali
di Camilla De Fazio
Parkinson: identificazione e trattamento precoci dei sintomi non motori

Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa con un’età media di insorgenza che spesso coincide con l’età lavorativa, rendendo il suo impatto ancora più significativo. Mario Barbagallo, Professore Ordinario di Medicina Interna e Geriatria all’Università di Palermo, conferma che le manifestazioni motorie – tremore a riposo, rigidità muscolare e bradicinesia – sono tra i sintomi più noti, ma anche tra i più limitanti già nelle fasi iniziali della malattia. “Il tremore è un tremore a riposo e in genere comincia monolaterale, ma poi può diventare bilaterale”, spiega. La rigidità, aggiunge, “compromette in maniera importante la qualità di vita del paziente”, ostacolando l’esecuzione fluida dei movimenti e rendendo difficoltoso anche l’inizio delle azioni più semplici.

Questi disturbi, seppur clinicamente visibili, non devono essere interpretati come le uniche espressioni del Parkinson. La loro progressione può essere lenta o variabile, ma già dall’esordio alterano sensibilmente l’autonomia personale, incidendo sulla capacità lavorativa, sulle attività quotidiane e sul rapporto con il proprio corpo.

Accanto ai sintomi motori si sviluppa un insieme di manifestazioni più difficili da riconoscere, ma altrettanto invalidanti: i disturbi non motori. Il Prof. Barbagallo sottolinea come questi possano comparire già nelle prime fasi della malattia, influenzando profondamente la qualità della vita del paziente. “I disturbi del sonno sono abbastanza precoci nel paziente: insonnia, sonnolenza diurna, disturbi del sonno REM, sogni vividi di cui il paziente si lamenta”.

La dimensione emotiva e cognitiva della malattia è altrettanto centrale. “Un’altra disturbo non motorio comune nel paziente con Parkinson è la sindrome depressiva, in parte legata proprio all’invalidità del paziente, ma c’è anche una componente depressiva intrinseca alla malattia”, osserva. Ansia e umore deflesso si accompagnano spesso a difficoltà cognitive iniziali, con “difficoltà di concentrazione e riduzione della memoria a breve termine”.

Molti pazienti, prosegue Barbagallo, soffrono di disturbi della funzione autonomica, come “ipotensione ortostatica, sensazione di vertigini alzandosi in piedi”, spesso legati alla disfunzione del sistema nervoso autonomo o ai farmaci. “Altri sintomi frequenti sono i disturbi gastrointestinali – come la stipsi – urinari, sudorazione anomala e, nei pazienti più giovani, le disfunzioni sessuali, che alterano notevolmente la qualità di vita del paziente”. A tutto questo si aggiunge un senso persistente di stanchezza, la fatigue, di cui i pazienti con Parkinson spesso si lamentano con il medico.

La terapia parte dalla consapevolezza

Come sottolinea Barbagallo, “questi disturbi non motori, insieme ai disturbi classici, agiscono sottotraccia, però hanno un impatto enorme sul benessere del paziente e vanno assolutamente individuati e trattati precocemente”. Individuarli fin dalle fasi iniziali permette di impostare un trattamento più efficace e realmente centrato sulla persona. La personalizzazione della terapia diventa quindi un principio imprescindibile nella gestione del Parkinson, perché ogni paziente presenta una combinazione unica di sintomi e bisogni.

Infine, il professore sottolinea l’importanza della presa in carico specialistica: “Quando compaiono disturbi, bisogna rivolgersi al neurologo o al geriatra che si occupa di Parkinson, per affrontare questi problemi”.

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