Salute 1 Giugno 2022 16:26

La Boiler summer cup è la banalità del male del terzo millennio?

Biondi (psicoterapeuta): «Chi gira un video come quelli candidati alla Boiler summer cup è, nella maggior parte dei casi, totalmente inconsapevole dei danni che può causare alla vittima prescelta. La giovane presa di mira non è vista come un essere umano dotato di emozioni e sentimenti, ma come un oggetto, un mezzo da utilizzare al solo scopo di raggiungere un preciso obiettivo: la popolarità»

C’è chi ha reagito chiudendosi dentro casa, preferendo il ritiro sociale, piuttosto che finire nel mirino dei partecipanti alla Boiler summer cup, l’ultima challenge di TikTok che fatto discutere.

Chi vuole partecipare alla sfida deve andare in discoteca, adescare ragazze sovrappeso e postare il video del corteggiamento sui social. Vince chi riuscirà a conquistare la giovane più obesa. Ovviamente, le vittime sono del tutto inconsapevoli. La challenge avrebbe dovuto avere inizio il 21 giugno, eppure già nei giorni scorsi sono stati postati molti video che rispecchiano proprio le “regole” della Boiler summer cup. Nonostante la rete abbiamo immediatamente bocciato la sfida definendola “vergognosa”, i post sono comunque diventati virali alla velocità della luce.

Quando il fine giustifica i mezzi

Siamo di fronte ad atti di bullismo, di body shaming, misoginia o pura idiozia?

«I video candidati alla Boiler summer cup sono dei veri e propri atti di bullismo e di body shaming. Eppure, chi li pubblica non si definirebbe mai né bullo, né sessista – dice Paola Biondi psicologa e psicoterapeuta, referente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio per il progetto Pari Opportunità -. I social sono il mezzo più celere ed efficace per assicurarsi notorietà nel gruppo dei pari. I giovani d’oggi sono alla continua ricerca di consensi e poco gli importa il modo in cui li ottengono». In altre parole, guardano al risultato, piuttosto che al mezzo utilizzato per raggiungerlo.

L’unione fa la forza, nel bene e nel male

Dire che i giovani concorrenti della Boiler summer cup manchino di empatia è piuttosto limitante. «Chi gira un video di questo genere è, nella maggior parte dei casi, totalmente inconsapevole dei danni che può causare alla vittima prescelta. La giovane presa di mira non è vista come un essere umano dotato di emozioni e sentimenti, ma come un oggetto, un mezzo da utilizzare al solo scopo di raggiungere l’obiettivo prefissato: la popolarità. Questo meccanismo che potremmo definire di deumanizzazione – dice la specialista – si innesca soprattutto quando si agisce in compagnia, quando la propria condotta imita ed emula quella altrui, al fine di essere accettati ed indentificati all’interno di uno specifico gruppo».

Nel mondo virtuale come nel mondo reale

Il processo di deumanizzazione è lo stesso che si innesca anche nei casi più estremi, come quelli in cui, ad esempio, si consuma una violenza sessuale di gruppo: «L’azione di ogni singolo individuo si fonde e si confonde con quella collettiva, al punto tale che nessuno dei carnefici ha la piena coscienza della gravità dei propri gesti e, soprattutto, non è consapevole di averli perpetrati ai danni di una ragazza che ne porterà segni e conseguenze indelebili per il resto della sua vita», sottolinea Biondi.

La banalità del male

Un atteggiamento che, ripercorrendo alcune delle pagine più celebri e allo stesso tempo più tristi della nostra storia, appare insito nell’essere umano già da molti anni prima che esplodesse la globalizzazione, che l’era dei social network avesse inizio. Hannah Arendt ha ben espresso questa attitudine umana ne “La banalità del male”, libro scritto nel 1963 per raccontare il processo contro il criminale nazista Adolf Heichmann. Per la filosofa tedesca, Heichmann e tutti i burocrati del Reich erano, in realtà, persone “terribilmente normali”, ma allo stesso tempo capaci di mostruose atrocità per il semplice fatto che non si fermavano a riflettere sugli ordini che gli venivano dati. Si limitavo a rispettarli incondizionatamente.

Vittime e danni collaterali

Purtroppo, però, a prescindere che un gesto sia compiuto con consapevolezza o meno, la gravità delle conseguenze che ne derivano resta invariata. «Le vittime della Boiler summer cup sono spesso donne giovanissime e sicuramente in evidente sovrappeso. Laddove fossero già emersi disagi di natura psicologica, legati al loro aspetto esteriore il rischio che possano trasformarsi in veri e propri disturbi è sempre dietro l’angolo. Nel migliore dei casi – commenta la psicologa – assisteremo ad un aumento dell’insicurezza e/o ad un peggioramento della mancanza di autostima. In situazioni più gravi, invece, potranno insorgere ansie o fobie sociali, che spingeranno la vittima ad isolarsi dal contesto dei pari, per evitare di finire nel mirino dei bulli. Se ci fossero già stati dei disturbi del comportamento alimentare questi potrebbero peggiorare rapidamente. Un rischio che coinvolge non solo chi è già stato vittima diretta della Boiler summer cup o della challenge del momento, ma anche chi ha tutte le caratteristiche della potenziale preda. In questi giorni, infatti – racconta Biondi – molte ragazze in sovrappeso hanno apertamente dichiarato sui social di preferire una reclusione forzata in casa, piuttosto che rischiare di essere derise dal bullo di turno, travestito da onesto e interessato corteggiatore».

Tik Tok prende le distanze

Intanto Tik Tok ha preso le distanze dalla Boiler Summer Cup, assicurando attraverso un suo portavoce che «il team dedicato alla sicurezza monitora attentamente la situazione, provvedendo a rimuovere qualunque contenuto dovesse violare le linee guida, poiché non sono tollerati contenuti che promuovono bullismo o molestie».

Ed è proprio la sinergia tra i gestori dei social network e i suoi utenti a poter fare la differenza. «È senza dubbio fondamentale che i giovani d’oggi siano educati al rispetto dell’altro e ad un utilizzo appropriato dei social, sia in ambito familiare, che scolastico. Ma è altrettanto prioritario che chi gestisce il flusso delle informazioni che viaggiano in rete sia pronto ad intervenire non solo condannando atti di bullismo, di body shaming e di qualunque altra forma di violenza, ma anche rimuovendone tempestivamente i contenuti, prima ancora – conclude la psicoterapeuta – che diventino virali».

 

 

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