Ideato da un gruppo di ricercatori italiani con l’obiettivo è anticipare la diffusione del virus per rafforzare la prevenzione e la protezione della popolazione
 
                        Capire dove e quando colpirà il virus West Nile prima che accada. È l’obiettivo del nuovo modello di intelligenza artificiale messo a punto dal gruppo Gabie (Genomics, AI, Bioinformatics, Infectious diseases, Epidemiology) guidato da Massimo Ciccozzi, ordinario di Statistica Medica all’Università Campus Bio-Medico di Roma, insieme a Francesco Branda e Fabio Scarpa dell’Università di Sassari. Lo studio, pubblicato su Tropical Medicine and Infectious Disease, rappresenta un passo avanti nella lotta contro una malattia ormai endemica nel Nord Italia. Il virus West Nile, trasmesso dalle zanzare del genere Culex, infetta uccelli, cavalli e persone, causando nella maggior parte dei casi sintomi lievi ma che, negli anziani e nei soggetti fragili, possono evolvere in forme neurologiche gravi come encefalite o meningite. “Il West Nile non è più un’emergenza stagionale ma una realtà che si ripete ogni anno – spiega Ciccozzi –. Capire in anticipo dove e quando colpirà è essenziale per proteggere la popolazione”.
Dieci anni di dati per costruire la previsione
Il team ha integrato oltre dieci anni di dati di sorveglianza sanitaria (2012–2024) con informazioni climatiche giornaliere ad alta risoluzione – temperatura, umidità, precipitazioni – provenienti da archivi meteorologici open source. Attraverso una procedura di validazione temporale incrociata, i ricercatori hanno testato la capacità predittiva del sistema su anni non inclusi nell’addestramento, ottenendo un’accuratezza del 99%. “Un risultato che – sottolineano gli autori – dimostra un’elevata affidabilità anche a livello provinciale”. Tra i fattori climatici più rilevanti, la temperatura minima giornaliera è risultata decisiva: “Quando le notti restano sopra i 20 gradi, le zanzare sopravvivono più a lungo e la trasmissione accelera”, si legge nello studio. Piogge e temperature massime, invece, influenzano in misura minore la diffusione del virus.
Dai dati alla prevenzione
L’obiettivo non è solo scientifico ma operativo. Il modello potrà essere integrato nei sistemi di sorveglianza italiani, consentendo di attivare allerte preventive, individuare le aree prioritarie per la disinfestazione e ottimizzare le risorse per la comunicazione del rischio. “Con il nostro approccio vogliamo trasformare i dati in prevenzione – spiega Francesco Branda –. L’intelligenza artificiale può diventare un alleato della sanità pubblica, aiutandoci a prevenire invece di rincorrere le epidemie”.
Una visione One Health
Lo studio si inserisce nel paradigma One Health, che considera insieme la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente. Il modello, infatti, include anche i dati raccolti dalle reti veterinarie e ambientali, relativi a uccelli e zanzare, per intercettare i segnali precoci della circolazione virale. “Il cambiamento climatico sta ridisegnando la geografia delle infezioni – conclude Ciccozzi –. Zone un tempo considerate sicure stanno diventando favorevoli alla diffusione delle zanzare e dei patogeni che trasmettono. Disporre di strumenti predittivi come questo significa poter agire prima, proteggendo la salute delle persone e dei territori”.
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