Nella recente sessione congiunta al congresso AIOM, CIPOMO lancia l’allarme carenza di personale e propone un piano di intervento su formazione, attrattività delle carriere e valorizzazione del lavoro di squadra
La carenza complessiva di oltre 5.000 professionisti medici colpisce anche l’oncologia, mettendo a rischio la tenuta delle reti multidisciplinari. Questo mentre le proiezioni internazionali indicano una crescita esponenziale della domanda di trattamenti e di personale medico e infermieristico entro il 2040. Secondo il nuovo rapporto congiunto OECD/Unione Europea “Country Cancer Profile 2025 – Italy”, nel nostro Paese si contano circa 5 oncologi ogni 100.000 abitanti, una densità tra le più basse d’Europa. Pur registrando una crescita media annua del 7%, il numero di specialisti rimane insufficiente a coprire i bisogni crescenti dei pazienti oncologici, soprattutto nelle aree periferiche e nei piccoli ospedali. A proporre un piano di intervento su formazione, attrattività delle carriere e valorizzazione del lavoro di squadra sono gli oncologi ospedalieri del Cipomo.
La scarsità di infermieri è la questione più grave e urgente
Secondo Cipomo, se la carenza medica potrebbe risolversi nei prossimi 3-5 anni, è la scarsità infermieristica a restare una priorità. L’Italia risulta tra i Paesi con i numeri più bassi in Europa: servirebbero infatti almeno 175 mila infermieri in più per allinearsi agli standard europei. La sostenibilità della rete oncologica in un contesto di crescente carenza di personale è dunque uno dei nodi più delicati per la sanità italiana, ma anche un tema globale. Lo confermano i dati pubblicati sul Lancet Oncology e sul JCO Oncology Practice, che stimano un aumento significativo della domanda di trattamenti e della necessità di medici oncologi e infermieri specializzati entro il 2040.
Possibile una ridefinizione del ruolo degli specialisti
“Il fabbisogno di trattamenti oncologici a livello mondiale è destinato a crescere di oltre il 50% nei prossimi 15 anni”, spiega Giuseppe Aprile, direttore del Dipartimento di Area Oncologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale e segretario nazionale CIPOMO. “Questo comporterà non solo una maggiore pressione sui sistemi sanitari, ma anche una ridefinizione del ruolo degli specialisti: competenze professionali più verticali ma anche capacità di guidare la multidisciplinarità e una formazione continua realmente sostenuta dalle istituzioni”, aggiunge.
Mancano investimenti per la formazione
Secondo i dati CIPOMO, in Italia il numero di oncologi in formazione e di giovani specialisti potrebbe colmare l’attuale fabbisogno nell’arco di 3-5 anni. A restare critica, invece, è la carenza infermieristica, destinata a prolungarsi ben oltre il 2030, con impatti diretti sull’efficienza dei percorsi assistenziali e sulla qualità della presa in carico. Inoltre, mancano investimenti per la formazione di case manager e di figure che aiutino la transizione delle cure dall’ospedale al territorio. “Un ulteriore elemento di fragilità – precisa Paolo Tralongo, presidente CIPOMO – è rappresentato dal peso crescente delle mansioni amministrative, che, secondo una nostra recente indagine, assorbono oggi oltre il 40% del tempo di lavoro degli oncologi ospedalieri, riducendo il tempo realmente dedicato ai pazienti e contribuendo al rischio di burnout”.
L’impatto della professione dell’oncologo sulla vita del professionista
“Cinque anni sembrano pochi, ma sono moltissimi – prosegue Rosarita Silva, vicepresidente CIPOMO –. La multidisciplinarità è un valore fondante dell’oncologia moderna, ma non può reggere se mancano le risorse umane e organizzative per farla funzionare. Vale dunque la pena sottolineare quanto profondo sia l’impatto di una professione come quella dell’oncologo che coinvolge non solo l’aspetto clinico ma anche quello umano e personale. Il carico di lavoro, le motivazioni che spingono ad intraprendere e sostenere questo percorso, le lunghe ore trascorse tra corsie e ambulatori, la retribuzione e la difficile ricerca di un equilibrio tra vita professionale e familiare – continua – sono sfide quotidiane. Tutto questo assume un significato ancora più rilevante in un contesto in cui la presenza di donne oncologhe è in costante aumento”.
Rendere più sostenibile il percorso di cura
Per Cipomo, intervenire sulla progressiva riduzione della forza lavoro in oncologia richiede azioni concrete a più livelli. “La trasformazione digitale – precisa la vicepresidente Cipomo – può contribuire a migliorare l’efficienza organizzativa; la deburocratizzazione potrebbe ridurre il tempo non clinico a carico degli specialisti, mentre una maggiore integrazione con il territorio supportata dalla collaborazione con i medici di medicina menerale adeguatamente formati può contribuire a rendere più sostenibile il percorso di cura”.
Oggi serve dunque una visione integrata: dalla formazione universitaria alla valorizzazione delle competenze nei reparti e nelle reti oncologiche regionali. E per CIPOMO, le priorità di intervento riguardano tre direttrici principali:
1. potenziare i percorsi formativi in oncologia medica e infermieristica nei teaching hospitals, in collaborazione con le università e le istituzioni sanitarie;
2. rendere più attrattiva la professione, anche attraverso percorsi di carriera chiari e riconoscimenti economici adeguati;
3. favorire modelli organizzativi che rafforzino il lavoro di squadra e la reale integrazione multidisciplinare.
“La necessità di una pianificazione nazionale che metta al centro le persone e le competenze – conclude Tralongo – deve avere il duplice obiettivo di assicurare continuità alle cure e mantenere alto il livello di innovazione clinica che ha caratterizzato l’oncologia italiana negli ultimi anni”.
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