Prevenzione 11 Giugno 2025 14:59

Tumore al seno, prevenzione: “La disparità che costa cara alle donne”

Europa Donna Italia lancia la nuova campagna nazionale “La Fortuna Costa (La Sfortuna di Più)”, per denunciare le gravi disuguaglianze nei programmi di screening mammografico in Italia
di I.F.
Tumore al seno, prevenzione: “La disparità che costa cara alle donne”

La prevenzione è un diritto, non una questione di fortuna. Eppure, c’è un’Italia dove tale diritto è garantito e un’altra dove non lo è affatto. Ed è proprio su questo cortocircuito inaccettabile che Europa Donna Italia accende i riflettori con la nuova campagna nazionale “La Fortuna Costa (La Sfortuna di Più)”, per denunciare le gravi disuguaglianze nei programmi di screening mammografico sul territorio nazionale. A parole, la prevenzione del tumore al seno è una priorità condivisa. Nei fatti, oltre due milioni di donne in Italia restano escluse da un accesso uniforme ai controlli mammografici. Una disparità che assume i contorni di una vera ingiustizia strutturale: basti pensare che solo sei Regioni, su venti, hanno pienamente adottato l’estensione dello screening alla fascia di età compresa tra i 45 e i 74 anni, così come indicato dalle Linee guida europee sin dal 2017. Nelle altre, si parte più tardi o si interrompe troppo presto, a seconda della residenza anagrafica. Come se il tumore al seno fosse più o meno pericoloso in base al codice di avviamento postale.

Le disparità tradiscono la promessa di universalità del SSN

Per Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia, è tempo di superare ogni alibi: “La possibilità di prevenire un carcinoma mammario non può dipendere dalla fortuna. Queste disparità tradiscono la promessa di universalità del nostro Servizio Sanitario e creano differenze reali nelle possibilità di salute e di salvezza tra le donne. Il Presidente Mattarella lo ha ricordato chiaramente: la copertura uniforme sul territorio nazionale non è un’opzione, è un dovere”. I numeri parlano chiaro. Solo nel 2024, in Italia, sono state registrate oltre 53.600 nuove diagnosi di tumore al seno. Un numero che conferma la neoplasia come la più frequente tra le donne e, purtroppo, anche quella con la mortalità più elevata. Ma la buona notizia c’è, e arriva dalla scienza: quando individuato precocemente, questo tumore può essere affrontato con trattamenti meno invasivi e più efficaci, con una sopravvivenza a cinque anni che supera il 90%. Come sottolinea Paola Mantellini, Direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening, “lo screening salva la vita, e l’estensione dell’età di accesso è un passaggio cruciale per aumentare non solo gli anni, ma la qualità della vita”.

Ampliare la possibilità di accedere alla diagnosi precoce

Ma la qualità va garantita anche nei processi: Silvia Deandrea, Presidente della Federazione delle Associazioni degli Screening Oncologici, sottolinea l’importanza del modello organizzato. “Le donne ricevono un invito formale, l’esame è gratuito, l’interpretazione delle immagini radiologiche avviene in doppio cieco, e la presa in carico – in caso di diagnosi – è immediata, grazie al collegamento diretto con le Breast Unit. Non si tratta, quindi, solo di allargare numeri e target, ma di offrire un percorso di prevenzione sicuro, efficace e di qualità, ovunque”, spiega. E se è vero che ampliare la fascia d’età ha un costo per il Servizio Sanitario Nazionale, è ancora più vero che non farlo rischia di trasformarsi in un disastro sanitario, sociale ed economico. “A pagare non sarebbero solo le donne private della possibilità di una diagnosi precoce – conclude D’Antona – ma l’intera collettività. Prevenire significa evitare spese molto più onerose per trattamenti in fase avanzata. E non parliamo solo di costi economici: la malattia travolge vite, relazioni, lavoro, affetti. Nessuno può dirsi davvero immune”.

 

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