Advocacy e Associazioni 18 Dicembre 2025 17:20

Terapie a rischio dopo i 12 anni? L’inchiesta di Sanità Informazione e il sondaggio Anffas

Dopo le segnalazioni di genitori riguardo all’interruzione delle terapie riabilitative per i figli disabili in adolescenza, raccolte da Sanità Informazione sui social media, Anffas lancia un sondaggio nazionale per verificare se si tratta di casi isolati o di una criticità diffusa nel sistema sanitario

di Isabella Faggiano
Terapie a rischio dopo i 12 anni? L’inchiesta di Sanità Informazione e il sondaggio Anffas


Nei gruppi Facebook frequentati da genitori e caregiver di minori con disabilità emergono con sempre maggiore frequenza racconti che parlano di una frattura silenziosa nel percorso di cura. Non si tratta di una diagnosi specifica, ma di una condizione comune a molte disabilità croniche del neurosviluppo: verso il compimento dei 12 anni, il percorso terapeutico – fino a quel momento relativamente strutturato – tende a rallentare, ridursi o interrompersi. Le famiglie raccontano che le terapie riabilitative, come logopedia, neuropsicomotricità e altri interventi integrati, diventano più difficili da ottenere attraverso il Servizio sanitario nazionale, con liste d’attesa più lunghe, carenza di personale e riduzione delle ore. Una discontinuità che non riguarda la fine di un percorso, ma il venir meno di un sostegno che, proprio nelle disabilità croniche, è necessario nel tempo.

Riabilitazione e disabilità cronica: un significato diverso

Nel racconto dei genitori emerge un equivoco di fondo: le terapie di cui si parla vengono spesso definite “riabilitative”, ma nel contesto delle disabilità croniche questo termine assume un significato diverso rispetto a quello tradizionale. Non si tratta di una riabilitazione destinata a esaurirsi una volta raggiunta una certa autonomia o un obiettivo funzionale. Al contrario, il percorso terapeutico ha una funzione di mantenimento nel tempo. Le competenze acquisite – comunicative, motorie, cognitive o relazionali – non sono necessariamente stabili per sempre. Senza un monitoraggio e un supporto continuativo, possono andare incontro a regressione o perdita, soprattutto nelle fasi di crescita e cambiamento come l’adolescenza.

Il passaggio all’adolescenza come punto critico

È proprio nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza che molte famiglie riferiscono un’interruzione o un indebolimento della qualità e continuità delle cure: il bisogno terapeutico resta, ma il sistema fatica a rispondere. I servizi territoriali riducono l’offerta, le risorse non aumentano e la presa in carico perde continuità. In molti casi, raccontano i genitori, l’unica possibilità per non interrompere il percorso è ricorrere al privato, sostenendo costi che non tutte le famiglie possono permettersi. Una scelta obbligata che rischia di trasformare un diritto alla salute in una prestazione accessibile solo a chi ha disponibilità economiche.

Il confronto con Anffas: dai racconti ai dati

A fronte di queste segnalazioni, la redazione di Sanità e Informazione ha contattato Anffas Nazionale per comprendere se esistano dati strutturati su una riduzione delle terapie legata al raggiungimento dei 12 anni. L’Associazione spiega che, al momento, le segnalazioni raccolte dagli sportelli riguardano soprattutto il passaggio all’età adulta, intorno ai 18 anni. Tuttavia, le testimonianze che emergono dai social hanno sollevato interrogativi nuovi, spingendo Anffas a indagare in modo più sistematico.

Il sondaggio nazionale sulla continuità dei trattamenti

Da qui nasce l’iniziativa di un sondaggio nazionale volto a raccogliere informazioni sulle prassi adottate dai servizi sanitari e sociosanitari in relazione ai trattamenti per minori con disturbi del neurosviluppo, con particolare riferimento agli interventi ABA. La rilevazione intende verificare se esistano riduzioni, sospensioni o interruzioni dei trattamenti al raggiungimento di determinate soglie di età – come i 12 o i 18 anni – o se si registrino discontinuità nei percorsi. Il questionario, anonimo e disponibile fino al 15 gennaio 2026, rappresenta il primo passo per trasformare le testimonianze in dati analizzabili (clicca qui per partecipare al sondaggio).

Le parole del presidente Speziale

“È fondamentale ribadire che gli interventi ABA, quando prescritti sulla base di una valutazione dei bisogni della persona, non possono essere interrotti sulla sola base di criteri anagrafici o di bilancio, ma devono essere garantiti in funzione delle effettive necessità della persona e del perseguimento degli specifici obiettivi a cui l’intervento è preposto”, afferma il presidente di Anffas Nazionale, Roberto Speziale, in un’intervista a Sanità Informazione. Il presidente ricorda come tali interventi siano riconosciuti dalle Linee guida nazionali e come anche la giurisprudenza abbia chiarito che “il diritto dei minori a ricevere il trattamento con metodo ABA senza soluzione di continuità, riconducibile al diritto costituzionalmente garantito alla salute, prevale sulle esigenze di contenimento della spesa pubblica”. Si tratta, sottolinea Speziale, “di prestazioni rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza, e quindi di diritti soggettivi incomprimibili”.

Dalla rilevazione alle richieste di intervento

L’obiettivo dell’indagine è capire se le interruzioni segnalate rappresentino episodi isolati o una prassi diffusa. “Con questa rilevazione – conclude Speziale – intendiamo raccogliere dati strutturati per comprendere se tali situazioni costituiscano casi isolati, ancorché assolutamente illegittimi, o, peggio ancora, cattive prassi ampiamente diffuse su tutto il territorio nazionale”. Solo a partire da questa fotografia sarà possibile chiedere interventi ad hoc, capaci di garantire continuità terapeutica nel tempo, riconoscendo che, nelle disabilità croniche, la cura non è un percorso a termine, ma un sostegno necessario per preservare nel tempo le competenze acquisite.
Sanità Informazione continuerà a tenere aggiornati i suoi lettori sulla vicenda.

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