La Società Italiana di Neonatologia ribadisce l’importanza della prevenzione primaria con acido folico, della diagnosi prenatale precoce e della gestione multidisciplinare dei neonati con spina bifida e idrocefalo
“La strategia più efficace per ridurre l’impatto della spina bifida è la prevenzione primaria tramite la supplementazione di acido folico nelle donne in età fertile. A questa si aggiungono la diagnosi prenatale precoce e la gestione integrata dei neonati affetti, coordinata da un team multidisciplinare. Le nuove tecniche chirurgiche innovative poi, rappresentano un complemento importante, ma non sostituiscono l’approccio preventivo”, lo sottolinea La Società Italiana di Neonatologia (SIN) per evidenziare come, oggi, grazie al progresso scientifico sia possibile migliorare la qualità di vita dei neonati.
Cos’è la spina bifida e quali fattori influiscono
La spina bifida è una grave malformazione congenita causata dalla mancata chiusura del tubo neurale tra il 17° e il 30° giorno dopo il concepimento. Spesso si associa all’idrocefalo e può compromettere lo sviluppo e la qualità di vita del neonato. Tra i fattori di rischio principali vi sono carenza di acido folico, diabete materno, obesità, ipertermia in gravidanza e alcuni farmaci antiepilettici. La prevalenza globale è di circa due casi ogni mille nati vivi, con variazioni tra Paesi e regioni legate alla disponibilità di supplementazione folica e diagnosi prenatale.
Prevenzione primaria: il ruolo dell’acido folico
La SIN sostiene la necessità di fortificazione obbligatoria di alcuni alimenti con acido folico e raccomanda la supplementazione peri-concezionale. L’integrazione di 0,4 mg/die di folati almeno un mese prima del concepimento e durante il primo trimestre riduce il rischio di spina bifida fino al 70%. Donne con precedente gravidanza affetta da difetti del tubo neurale necessitano di dosaggi più elevati (4–5 mg/die). La copertura in Italia rimane insufficiente, con adesione stimata inferiore al 40% tra le donne in età fertile.
Diagnosi precoce e nuove tecniche chirurgiche
La diagnosi prenatale, tramite ecografia morfologica e risonanza magnetica fetale, permette di pianificare il parto in centri di III livello dotati di neurochirurgia pediatrica e terapia intensiva neonatale, migliorando gli esiti chirurgici e riducendo complicanze. Un team multidisciplinare – neonatologo, neurochirurgo, urologo, ortopedico, fisioterapista e psicologo – è fondamentale per garantire assistenza completa e coordinata fin dalle prime ore di vita. Negli ultimi anni sono emerse tecniche innovative per trattare spina bifida e idrocefalo, incluse procedure di chirurgia prenatale e approcci fetoscopici mininvasivi. I dati preliminari indicano benefici per la qualità di vita, ma è necessario un follow-up a lungo termine e la standardizzazione dei protocolli.
Follow-up e qualità di vita
Il follow-up del neonato con spina bifida e idrocefalo è essenziale per ottimizzare risultati a lungo termine, prevenire complicanze e migliorare autonomia e benessere emotivo. Controlli frequenti nei primi mesi, seguiti da visite trimestrali o semestrali, permettono di gestire disabilità motorie, problemi neurologici, disturbi urinari e cognitivi. La combinazione di prevenzione primaria, diagnosi precoce e gestione multidisciplinare rappresenta, la strategia più efficace per ridurre l’impatto della spina bifida e dell’idrocefalo, migliorando la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. La SIN invita a rafforzare la supplementazione di acido folico, implementare programmi educativi e garantire percorsi nascita dedicati in tutti i casi diagnosticati.
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