Sanità 18 Dicembre 2025 15:10

Osservasalute 2025: l’Italia invecchia e si ammala. Cronicità in aumento, stili di vita peggiorati, prevenzione scarsa

Un Paese segnato da fragilità sociali e sanitarie crescenti. Sanità pubblica sottofinanziata, cronicità diffuse e diseguaglianze territoriali pongono sfide urgenti per equità e sostenibilità del SSN. La sintesi del Rapporto

di Redazione
Osservasalute 2025: l’Italia invecchia e si ammala. Cronicità in aumento, stili di vita peggiorati, prevenzione scarsa

L’Italia è sempre più anziana, più malata, meno attenta alla prevenzione e più distante dai sani principi della dieta mediterranea. È questa la fotografia emersa dalla XXII edizione del Rapporto Osservasalute (leggi la sintesi) , curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute come Bene Comune, diretto dal professor Walter Ricciardi con il coordinamento scientifico del dottor Alessandro Solipaca e del professor Leonardo Villani. Un’indagine approfondita condotta da 138 ricercatori, distribuiti in università, istituzioni sanitarie e enti pubblici di tutto il Paese.

Una popolazione che invecchia rapidamente

Nel 2024, l’età media degli italiani ha raggiunto i 46,6 anni, e si stima che nel 2050 supererà i 50 anni. Gli over 65 rappresentano già oggi il 24,3% della popolazione, con punte del 29% in Liguria, mentre nel 2050 potrebbero arrivare al 34,5%, ovvero più di un terzo del totale.

Il saldo naturale è in costante peggioramento: il tasso di natalità è sceso a 6,3 nati per 1.000 abitanti, mentre il numero medio di figli per donna è fermo a 1,2. Il risultato è un progressivo squilibrio demografico, aggravato da una ridotta presenza di giovani e da un aumento dell’indice di dipendenza degli anziani, oggi al 39%.

Solitudine e fragilità: un welfare che fatica a reggere

La fragilità non è solo sanitaria, ma anche sociale: il 40% degli over 65 vive solo e 1,3 milioni di ultra75enni non ricevono un aiuto adeguato per affrontare le attività quotidiane. La povertà colpisce in modo rilevante gli anziani: il 6,2% vive in povertà assoluta e il 9,3% in povertà relativa, con le donne ancora più svantaggiate.

La spesa per l’assistenza agli anziani è triplicata dal 1995 al 2023, passando da 3 a 9 miliardi di euro, ma gran parte di essa (oltre il 77%) è ancora erogata sotto forma di trasferimenti monetari, a fronte di un’offerta limitata di servizi strutturati.

Malattie croniche: un carico crescente

Le patologie croniche continuano ad aumentare, contribuendo al peggioramento della qualità della vita: quasi 11 milioni di persone dichiarano di soffrire di ipertensione (18,9% della popolazione), mentre artrosi, artrite e osteoporosi colpiscono quasi 10 milioni di italiani, soprattutto donne. Il diabete interessa oltre 3,7 milioni di cittadini (6,3%), con un’incidenza più elevata al Sud e nelle fasce più povere.

Queste condizioni incidono anche sul benessere percepito: il 19,1% delle persone con almeno una cronicità si dichiara insoddisfatto della propria vita, valore quasi doppio rispetto a chi non ne soffre (10,4%).

Stili di vita sempre più dannosi

Il modello mediterraneo, da sempre simbolo di salute, cede il passo a comportamenti alimentari e di consumo più simili al Nord Europa. Solo il 18,5% degli italiani aderisce ancora alla dieta mediterranea. E se quasi 8 italiani su 10 consumano frutta ogni giorno, solo il 5,3% rispetta le raccomandate 5 porzioni al giorno.

In parallelo, il 46,4% degli adulti è in sovrappeso o obeso, con picchi nel Sud e Isole. Tra i bambini 3-10 anni, oltre il 33% presenta eccesso ponderale, un dato che evidenzia la trasmissione familiare di stili di vita non salutari.

Il consumo di alcol fuori pasto è salito al 32,4%, mentre il binge drinking riguarda quasi l’8% degli italiani, con allarmi crescenti tra i giovani e le donne. Anche il fumo resta stabile: circa 10 milioni di italiani fumano, mentre 2,5 milioni usano la sigaretta elettronica.

Vaccinazioni sotto soglia e screening in crisi

Nonostante il recupero post-COVID, nessuna vaccinazione obbligatoria ha superato la soglia del 95% raccomandata dall’OMS nel 2023. Particolarmente critiche le performance della PA di Bolzano e della Sicilia, che scendono sotto il 90%. Situazione simile per la vaccinazione antinfluenzale negli over 65, mai sopra il 66%.

Sul fronte della prevenzione oncologica, la situazione è altrettanto allarmante: lo screening mammografico organizzato raggiunge solo il 53% delle donne 50-69enni, con un divario drammatico tra Nord (67%) e Sud (37%). Disparità simili si riscontrano nello screening cervicale (copertura organizzata al Sud: 34%) e nel colorettale, dove solo il 38,7% della popolazione target ha aderito al programma.

Salute mentale: disagio diffuso, ma fondi insufficienti

I disturbi psichici, già in aumento da anni, hanno registrato un’impennata con la pandemia, specie tra i giovani. I ricoveri psichiatrici, crollati nel 2020, sono tornati a crescere, ma restano al di sotto dei livelli pre-COVID. L’età 18-24 anni è la più colpita, con un tasso di 40 ricoveri ogni 10.000 abitanti.

Tuttavia, l’Italia spende appena il 3,5% della spesa sanitaria per la salute mentale, uno dei valori più bassi in Europa. Il consumo di antidepressivi continua ad aumentare, con 47,1 DDD/1.000 ab die nel 2023. Persistono forti diseguaglianze territoriali, con il Centro e il Nord più prescrittivi rispetto al Sud.

Sanità pubblica sotto pressione

Nel 2024 la spesa sanitaria complessiva ha raggiunto i 185 miliardi di euro, di cui 137 miliardi a carico del settore pubblico (74%). Tuttavia, in termini reali, la spesa pubblica è diminuita dell’8,1% dal 2021 al 2023, a causa dell’inflazione.

Con 2.216 euro pro capite, la spesa sanitaria pubblica italiana resta tra le più basse dell’OCSE, inferiore a Regno Unito, Germania e Francia. Il disavanzo sanitario 2023 è stato di 1,85 miliardi di euro, il peggiore dagli anni della crisi economica.

La spesa per il personale, vitale per il SSN, è scesa al 29,9% del totale, con una perdita di quasi 4.400 medici rispetto al 2019. Anche la long term care e la prevenzione ricevono quote limitate di fondi: appena 14,1 miliardi per la LTC e 7,7 miliardi per la prevenzione.

Sanità digitale: un’opportunità ancora incompiuta

Solo il 21% dei cittadini ha utilizzato il Fascicolo Sanitario Elettronico negli ultimi 90 giorni, con forti divari regionali. Emilia-Romagna, Toscana e Umbria trainano l’innovazione, mentre Sicilia, Lazio e Molise restano indietro. La transizione digitale richiede non solo infrastrutture, ma anche alfabetizzazione digitale sia per i cittadini che per gli operatori sanitari.

Cittadini stranieri: fragilità e accesso da garantire

Gli stranieri residenti rappresentano quasi il 9% della popolazione, ma con tassi di ospedalizzazione inferiori rispetto agli italiani. Tuttavia, i tassi di mortalità per malattie infettive e COVID-19 restano più elevati, specie tra gli uomini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria.

Il divario di accesso, legato a barriere linguistiche, economiche e culturali, impone una riflessione seria su modelli di accoglienza e integrazione, con un approccio alla salute più inclusivo e culturalmente competente.

Le raccomandazioni: più prevenzione, equità, risorse e governance

“I dati segnalano un progressivo deterioramento dell’equilibrio economico-finanziario e lo scenario futuro è discretamente preoccupante – afferma il professor Walter Ricciardi – in particolare sulla capacità del sistema di welfare di sostenere le fragilità di alcune fasce di popolazione, soprattutto quella anziana”.

Il Rapporto evidenzia la necessità urgente di:

  • potenziare la prevenzione e la diagnosi precoce, colmando i gap territoriali;
  • rafforzare la sanità territoriale e la long term care;
  • investire in salute mentale e sanità digitale;
  • aumentare la spesa pubblica sanitaria, oggi insufficiente rispetto ai bisogni emergenti.

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