Salute 10 Dicembre 2025 13:15

Malattia venosa cronica, il nemico silenzioso: diagnosi precoce e integrazione per fermarne la progressione

Non un semplice inestetismo, ma una patologia cronica e progressiva. Dal Clinical National Summit di Homnya, il richiamo alla prevenzione e al ruolo sinergico di MMG, farmacista e specialista per fermarne l’avanzamento

di Marzia Caposio
Malattia venosa cronica, il nemico silenzioso: diagnosi precoce e integrazione per fermarne la progressione

Dalla diagnosi precoce alla prevenzione della progressione: la malattia venosa cronica (MVC) resta sottovalutata, ma può essere efficacemente contrastata. In una nuova puntata di Clinical National Summit si è parlato dell’importanza di un approccio multidisciplinare per scovare segni e sintomi spesso sottovalutati e dell’efficacia dell’integrazione sul microcircolo con Angela Sposato, chirurgo generale, Francesca Avenoso, medico di medicina generale e Valentina Petitto, farmacista. “La malattia venosa cronica è molto più diffusa rispetto a quanto pensiamo”, ha esordito Angela Sposato. “Spesso i sintomi iniziali vengono misconosciuti dal paziente, considerati disturbi transitori legati al caldo o alla stanchezza, e quindi sottovalutati. Ma è proprio per questo che dobbiamo focalizzarci nel riconoscerli precocemente”.

Ma quali sono i campanelli d’allarme? “Pesantezza alle gambe, senso di affaticamento degli arti inferiori, edema perimalleolare, dolori crampiformi notturni, capillari visibili o piccole venule reticolari” sono tutti quei segnali che dovrebbero “far scattare nel professionista un campanello d’allarme. Purtroppo, spesso non succede. Ma la malattia venosa cronica non è una malattia che si risolve da sola: è cronica e progressiva. Se non trattata, può degenerare”, ha detto Sposato.

Un concetto ribadito anche da Francesca Avenoso: “La malattia venosa cronica continua ad essere sottovalutata dal paziente, soprattutto dalle donne, che la vedono come un problema estetico. E invece parliamo di una condizione clinica che merita attenzione e trattamento tempestivo”.

Proprio i medici di medicina generale, secondo Avenoso, devono giocare un ruolo attivo nel fare diagnosi precoce: “Anche se il paziente non riferisce sintomi, dobbiamo essere noi a indagare attraverso l’anamnesi familiare, lavorativa e l’esame obiettivo. Capillari visibili, edema perimalleolare, il classico segno del calzino, sono segni clinici di una patologia in atto. Bisogna spiegare al paziente che non si tratta di inestetismi, ma di una malattia che, se non trattata, può peggiorare”.

La prevenzione della progressione è un obiettivo chiave, come ha spiegato ancora Sposato. “Prevenire significa evitare tutte quelle situazioni che ci obbligano una lunga sedentarietà oppure una lunga stazione retta. Non è necessario svolgere attività fisica intensa o andare in palestra: anche una semplice passeggiata quotidiana può essere molto utile”. Oltre allo stile di vita, è altrettanto importante intervenire sul microcircolo, che ha un ruolo cruciale negli scambi di fluidi e ossigeno a livello tissutale. Quando il microcircolo è compromesso, si innescano stasi ed edema, processi alla base della patologia venosa cronica.

E qui entra in gioco l’integrazione. Come sottolineato da Valentina Petitto: “È importante selezionare degli integratori validi e poiché parliamo di componenti naturali è necessario che questi integratori citino in etichetta quella che è la titolazione in principi attivi per garantirci così una standardizzazione dell’integratore e quindi dell’effetto desiderato. Chiaramente per quanto riguarda il tono venoso ci sono tante sostanze naturali utili, in particolare i bioflavonoidi, soprattutto se micronizzati come la diosmina e l’esperidina, perché hanno proprio un’azione sul tono venoso, ma anche sulla permeabilità capillare. E poi abbiamo il rusco con le sue ruscogenine che è un ottimo venotico. E infine la bromelina, estratta dall’ananas che ha un’azione proteolitica, ma nello specifico qui ci interessa perché ha un’azione di drenaggio sui liquidi corporei, oltre ad esplicare di per sé un’azione antiedemigena e antinfiammatoria”.

Certo, l’integrazione, da sola, non basta. Serve educazione del paziente. “Nelle fasi iniziali la cosa più importante è fare un counseling corretto […] spiegare che il cambiamento nello stile di vita, per quanto possibile, è una delle cose principali da fare, soprattutto all’inizio”, ha ricordato Avenoso. Secondo la dott.ssa, attività fisica, idratazione, corretta alimentazione e assunzione costante dell’integratore sono le basi per prevenire e rallentare la progressione della patologia.

Ma corretta educazione senza corretta comunicazione. “Le persone devono sapere cosa stanno assumendo”, ha precisato Petitto. È utile, quindi, associare ogni principio attivo a riferimenti concreti e facilmente comprensibili: ad esempio, spiegare che l’esperidina deriva dagli agrumi o mostrare un’immagine del rusco. Questo tipo di comunicazione aiuta il paziente a comprendere meglio l’integratore che assume, favorendo così una maggiore aderenza al trattamento. Non è una patologia stagionale: “Se compaiono sintomi anche in inverno, bisogna accendere un campanello d’allarme”, ha avvertito la farmacista. E nei casi sospetti, lo step successivo è l’ecodoppler degli arti inferiori, per escludere problematiche più gravi.

Un punto su cui tutte le esperte hanno insistito è la multidisciplinarietà. “La gestione della malattia venosa cronica deve essere condivisa. Il paziente arriva prima dal medico di medicina generale o dal farmacista. Sono loro i primi ad intercettare il problema e a proporre i primi interventi. Lo specialista entra in gioco più tardi, ma a quel punto spesso la patologia è già in fase avanzata”, ha spiegato Sposato.

D’accordo su questo anche Petitto che ha concluso con un richiamo al ruolo del farmacista: “Siamo il primo presidio sanitario al quale si rivolgono senza appuntamento. Dobbiamo ascoltare, porre le giuste domande su familiarità, stile di vita, attività fisica, e capire quando è il caso di indirizzare il paziente al medico. Intanto, possiamo dare consigli su alimentazione, idratazione, attività fisica e integratori. Anche con parole semplici, dobbiamo trasmettere l’importanza del microcircolo e della prevenzione. Spesso si fa molta attenzione al cuore, ma non si focalizza le persone su quanto anche la circolazione periferica e il microcircolo siano fondamentali e siano proprio parte integrante della salute generale dell’organismo”.

E se dovesse servire un po’ di sana “paura pedagogica”? Secondo Petitto, a volte dire “io prenderei l’integratore perché altrimenti poi magari finisci a doverti operare” può aiutare a far capire la gravità della situazione. “Non è molto carino, però spaventare a volte può funzionare”.

La prevenzione, la gestione condivisa e l’attenzione al microcircolo sono dunque i cardini per affrontare una patologia tanto diffusa quanto trascurata. E come ricordato durante l’incontro, investire oggi nell’ascolto del paziente, nella prevenzione attiva e nella sinergia tra professionisti significa garantire gambe più sane domani e rallentare in modo efficace la progressione della malattia venosa cronica.

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