“Ogni paziente in dialisi costa al Sistema Sanitario Nazionale circa 50mila euro l’anno, mentre un protocollo nutrizionale a basso contenuto proteico con supplementi a base di chetoanaloghi (composti chimici simili agli aminoacidi, ma privi del gruppo amminico, ndr) capace di ritardare significativamente la progressione della malattia renale cronica, costa appena 1.200 euro annui”. Lo sottolinea l’indagine dell’Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto (ANED), appena pubblicata sul Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi. Attualmente in Italia i 50mila pazienti dializzati assorbono circa 2,5 miliardi di euro l’anno, pari al 2% delle risorse dell’intero SSN. “Con una spesa 40 volte inferiore si potrebbe migliorare drasticamente la qualità di vita dei pazienti e generare risparmi milionari per le casse pubbliche. Ogni anno di dialisi evitato significa libertà, viaggi, lavoro, famiglia. Significa dignità”, spiega Antonio Santoro, Direttore del Comitato Scientifico ANED.
La ricerca ANED, condotta su 180 pazienti, rivela che oltre l’80% dei malati con insufficienza renale cronica non è mai stato informato sulle potenzialità della terapia nutrizionale conservativa. Solo il 6% dei pazienti riceve una dieta fortemente ipoproteica con chetoanaloghi. Un 29,3% non sa nemmeno quale regime nutrizionale gli sia stato consigliato, segnale di scarsa comunicazione e coinvolgimento del paziente.
“È uno di quei casi in cui il vantaggio clinico si traduce anche in un vantaggio economico”, afferma il Prof. Ciro Esposito, nefrologo presso gli Istituti Clinici Scientifici Maugeri di Pavia. Trattare anche solo 100 pazienti con un regime proteico restrittivo e supplementazione permette di risparmiare tra 1 e 3,5 milioni di euro e ritardare l’ingresso in dialisi in totale sicurezza. Studi precedenti hanno stimato che, se la dieta più restrittiva fosse adottata da un ulteriore 40% dei pazienti, si potrebbero ottenere risparmi di 33 milioni di euro in due anni, fino a 420 milioni in 10 anni.
Oltre al vantaggio economico, la dieta ipoproteica con chetoanaloghi riduce la mortalità e migliora la qualità della vita, soprattutto nei pazienti più giovani. La terapia nutrizionale va monitorata da dietisti e nefrologi almeno tre-quattro volte l’anno, per valutarne efficacia e aderenza.
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