A trainare l’ondata è una nuova variante di H5N1, diffusa da est verso ovest e responsabile di focolai ad alta mortalità anche tra gru e altre specie selvatiche
Tra il 6 settembre e il 14 novembre 2025, secondo i dati Efsa, sono stati notificati 1.443 casi di influenza aviaria HPAI in 26 Paesi europei. Un incremento quattro volte superiore allo stesso periodo del 2024. A preoccupare, spiegano gli esperti, è la diffusione massiccia negli uccelli selvatici, spesso anche in esemplari apparentemente sani. Una condizione che ha determinato una contaminazione ambientale diffusa, con focolai ad elevata mortalità in specie particolarmente sensibili come le gru comuni in Germania, Francia e Spagna. Il 99% dei casi registrati è riconducibile al sottotipo A(H5N1). La maggior parte dei virus isolati appartiene a una nuova variante di un ceppo già circolante, arrivata in Europa dall’est e rapidamente diffusasi verso ovest. Uno scenario che, secondo Efsa, richiede risposte rapide, coordinate e stringenti: “La presenza del virus in tanti Paesi e in specie diverse – avverte l’Autorità – aumenta il rischio di salto di specie e di nuovi focolai nei volatili domestici”.
La priorità: prevenire l’ingresso del virus negli allevamenti
L’Efsa raccomanda una serie di misure urgenti per chi opera nella produzione avicola, nella gestione della fauna selvatica e nei servizi veterinari.
Le principali indicazioni:
Biosicurezza massima negli allevamenti, sia durante le attività quotidiane sia nelle operazioni di abbattimento.
Confinamento obbligatorio dei volatili domestici nelle aree in cui il virus è stato rilevato negli uccelli selvatici o dove si sono registrati eventi di mortalità anomala.
Sorveglianza rafforzata per garantire diagnosi precoci negli allevamenti di pollame.
Monitoraggio mirato degli uccelli selvatici nelle zone umide e nei siti migratori dentro e fuori l’Europa.
Inclusione di centri di recupero della fauna selvatica nei piani di sorveglianza, garantendo adeguati standard di biosicurezza.
Stop all’alimentazione artificiale di gru, cigni e altre specie sensibili nei periodi ad alto rischio.
Rimozione tempestiva delle carcasse per limitare la contaminazione ambientale e prevenire nuove infezioni.
Riduzione delle attività di disturbo alle popolazioni di uccelli selvatici (caccia, droni, attività ricreative) che possono favorire la diffusione del virus.
Sorvegliare per prevenire: la sfida dei prossimi mesi
L’elevata circolazione del virus negli uccelli selvatici, osserva l’Efsa, rappresenta un serbatoio difficile da controllare e un fattore di rischio costante per gli allevamenti europei. L’obiettivo ora è uno solo: intercettare il virus prima che entri negli ambienti produttivi. Una sfida che l’Europa è chiamata ad affrontare con rigore, tempestività e coordinamento. Perché – come ricorda l’Efsa – nella lotta all’influenza aviaria ogni ritardo può trasformarsi in un focolaio.
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