Advocacy e Associazioni 27 Novembre 2025 15:36

Il 75% dei medici di famiglia non crede nella sanità che nasce dal basso

Da un'indagine condotta da Comunità in Salute su oltre 300 medici di famiglia toscani emerge un aumento della fiducia nella tecnologia, ma anche la necessità di una nuova alleanza con i pazienti

di Valentina Arcovio
Il 75% dei medici di famiglia non crede nella sanità che nasce dal basso

Tre quarti dei medici di famiglia crede nella tecnologia, ma non nel sistema. È cioè disposto a utilizzare una piattaforma digitale per comunicare con i pazienti (79%), considera utile una rete collegata al Fascicolo Sanitario Elettronico (76%), ma continua a sentirsi marginale nella sanità territoriale. Solo una parte si riconosce pienamente nella riforma di riorganizzazione territoriale prevista dal DM77, mentre due terzi (65%) si vede possibile ‘regista’ della rete di assistenza, senza però riuscire a tradurre questa consapevolezza in pratica quotidiana. Sono i dati salienti di una indagine su 300 medici di famiglia toscani curata da Datanalysis per Comunità in Salute, un progetto di responsabilità sociale promosso dall’Osservatorio Oloshealth (unione di scopo tra Cittadinanzattiva e Associazione Fondatori Cultura Volontariato-AFCV) con il coinvolgimento della Regione Toscana, di AUSL Toscana Centro, degli assistenti sociali e di numerosi professionisti sanitari.

Il superamento delle barriere organizzative tra i concetti chiave

I dati saranno analizzati e presentati sabato 29 novembre a Firenze al 2° convegno di Comunità in Salute, aperto a cittadini, medici, associazioni di pazienti, professionisti e decisori pubblici, e che per la prima volta porterà all’attenzione delle istituzioni e dei rappresentanti del sistema sanitario le prime proposte emerse da due incontri di consenso che si sono svolti il 7 e il 21 novembre. Il progetto, realizzato con il contributo incondizionato di Menarini Group, ha coinvolto oltre 60 persone – tra medici, cittadini, infermieri e assistenti sociali – in 78 ore di lavoro distribuite tra laboratori di innovazione, empowerment e sviluppo organizzativo, dedicati a esplorare criticità e proporre soluzioni. Dai confronti sono emersi tre concetti chiave: superare le barriere e ostacoli organizzativi, restituire tempo e valore alla relazione umana, progettare ‘reti agili di cura’, basate su persone consapevoli, tecnologie connesse e progetti personalizzati.

La partecipazione è il fondamento alla base del progetto

“Partecipare – spiega Annalisa Mandorino, segretario nazionale Cittadinanzattiva – non significa solo essere ascoltati, ma contribuire con proposte concrete. I cittadini di Comunità in Salute sono parte del processo di cambiamento e non semplici destinatari di decisioni”. La partecipazione è dunque il fondamento alla base del progetto, perché è necessario scendere in profondità e osservare le dinamiche relazionali per una connessione vera tra attori del sistema. “Il modello DM77 è stato una svolta di riorganizzazione della sanità verso il territorio, ma questo non basta”, spiega Letizia Bocciardi, direttore dell’osservatorio Oloshealth e ideatrice del progetto. “Ora, per la prima volta, medici di medicina generale e cittadini si siedono allo stesso tavolo per costruire insieme le nuove soluzioni per l’assistenza territoriale“, aggiunge.

Un cambio di prospettiva che valorizza competenze

“Comunità in Salute – continua Bocciardi – è un percorso partecipativo che parte dai bisogni reali e si traduce in proposte operative condivise, in una logica ‘Open Innovation’. Si tratta di laboratori di progettazione dove medici e cittadini lavorano fianco a fianco per individuare criticità, proporre modelli organizzativi più efficaci e rendere i percorsi di cura più semplici, partecipati e sostenibili. Un cambio di prospettiva che valorizza competenze e vissuto dei pazienti e dei medici come attori principali dei bisogni di cura, riduce i conflitti e rafforza la fiducia reciproca. Per questo riteniamo importante contribuire con idee e strumenti concreti al lavoro di cambiamento che stanno affrontando i decisori. L’indagine ci conferma che siamo sulla buona strada”

Idee condivise da cittadini e professionisti

Dalla ricerca risulta che oltre il 75% dei medici chiede più digitalizzazione per condividere i dati e per il teleconsulto. È la prova che non rifiutano il cambiamento, ma chiedono strumenti concreti per esprimere al meglio la relazione di cura. “Questa sperimentazione è preziosa per dare una lettura sistemica e partecipata anche da parte dei principali protagonisti per rileggere le indicazioni di riorganizzazione contenute nel DM77″, dichiara Lorenzo Roti, direttore sanitario di AUSL Toscana Centro. “Porta alle istituzioni idee già condivise da cittadini e professionisti ed è un modo per ridurre la distanza con i territori, migliorare la qualità delle decisioni pubbliche, riportare le cure primarie al centro di una riflessione interprofessionale e orientata alla comunità”.

Costruire percorsi più aderenti ai bisogno

“Ho trovato il progetto interessante perché non aggiunge sovrastrutture al disegno esistente del DM77 ma ottimizza e colora di elementi essenziali per il raggiungimento degli obiettivi”, completa Rossella Boldrini, direttore dei servizi sociali di AUSL Toscana Centro. “Per noi medici è un’occasione di confronto reale con i pazienti e con il team di cura”, sottolineano Alessio Nastruzzi e Alessandro Bussotti, medici di medicina generale coinvolti nel Gruppo di Lavoro del progetto. “Ci aiuta a costruire percorsi più aderenti ai bisogni e a superare incomprensioni che spesso generano conflitti inutili. Durante i laboratori le differenze si accorciano e il dialogo diventa la base per trovare soluzioni condivise”, concludono.

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