Più timidi, più introversi e con la tendenza a isolarsi nella propria stanza. Non è colpa dei social: dietro al disagio sociale crescente degli adolescenti c’è spesso l’iperprotezione genitoriale. Lo conferma una ricerca del Georgia Center for Developmental Sciences pubblicata su Adolescent Research Review, che ha analizzato centinaia di studi quantificando gli effetti dei cosiddetti “genitori elicottero”, troppo invadenti e direttivi nella vita dei figli. “Madri e padri contribuiscono entrambi in modo simile ai sintomi dell’ansia sociale – spiega Cullin Howard, autore della meta-analisi –. I ragazzi ansiosi sono soprattutto figli di genitori che impongono regole, standard e aspettative rigide, compromettendo lo sviluppo della resilienza emotiva e limitando l’autonomia”.
Un’indagine condotta dall’Università LUMSA su 300 studenti romani ha confermato la tendenza. Quattro su dieci tra chi presenta sintomi depressivi dichiarano di subire un’eccessiva interferenza da parte dei genitori nelle scelte scolastiche e professionali. Una forma di “aiuto” che spesso diventa soffocante, generando senso di inadeguatezza e incapacità di autodeterminarsi.
Gli studiosi sottolineano che la soluzione non è smettere di guidare i figli, ma modulare l’intervento. Un controllo equilibrato, che sostenga l’autonomia e incoraggi la socializzazione, permette ai giovani di affrontare le sfide senza troppa ansia, sviluppando fiducia e resilienza. “I genitori devono restare un rifugio sicuro, non una barriera che ostacola l’autonomia”, conclude Howard.
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