Un’analisi su quasi tre milioni di donne mostra che la presenza di fibromi uterini si associa a un aumento marcato del rischio cardiovascolare, come coronaropatie, malattie arteriose e cerebrovascolari
Per anni i fibromi uterini sono stati considerati quasi esclusivamente un problema ginecologico, spesso intercettato durante controlli di routine e affrontato nella prospettiva dei sintomi locali: ciclo abbondante, dolore, anemia, difficoltà riproduttive. Eppure, secondo uno dei più ampi studi mai realizzati sul tema, questa visione rischia di essere riduttiva. L’Università della Pennsylvania ha analizzato i dati di quasi tre milioni di donne esaminate per sospetto fibroma tra il 2000 e il 2022. Di queste, circa 450mila hanno ricevuto una diagnosi confermata. I ricercatori hanno poi valutato l’insorgenza di eventi cardiovascolari a 1, 3 e 10 anni dalla diagnosi, osservando una tendenza costante: in tutte le finestre temporali il rischio aumenta, e non di poco.
Rischi aumentati fino all’81%
Lo studio fotografa un incremento significativo delle patologie coronariche, arteriose e cerebrovascolari tra le donne con fibromi. In alcune analisi l’aumento delle probabilità supera l’81%, un dato che ha colpito profondamente la comunità scientifica. Non solo. Il rischio appare ancora più elevato nelle donne più giovani, un aspetto che ribalta la narrazione secondo cui la salute cardiovascolare femminile sarebbe un tema soprattutto post–menopausa. Qui, invece, parliamo di un’associazione già presente in età fertile.
Gli ormoni come possibile chiave di lettura
Il meccanismo non è ancora del tutto chiarito, ma gli studiosi indicano un possibile filo conduttore: l’eccesso di estrogeni e progesterone, gli stessi ormoni che contribuiscono alla formazione dei fibromi. Secondo l’ipotesi di lavoro, potrebbero favorire fenomeni di fibrosi e calcificazione delle arterie, con impatto diretto sulla circolazione e sul cuore. “Sono risultati che suggeriscono come i fibromi uterini non riguardino solo l’apparato riproduttivo, ma la salute globale delle donne”, conclude l’autrice principale della ricerca, Julia DiTosto, sottolineando quanto questo campo resti ancora poco esplorato. Lo studio apre infatti a una domanda cruciale: le donne con fibromi dovrebbero essere inserite in percorsi specifici di sorveglianza cardiovascolare? Molti esperti ritengono di sì.
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