Dal Nord al Sud crescono le disuguaglianze in prevenzione e vaccinazioni. Dal Congresso degli igienisti l’appello a una nuova visione per un SSN più giusto e sostenibile.
Sono oltre 1500 gli iscritti – professionisti che lavorano nei Dipartimenti di Prevenzione, nelle direzioni sanitarie, nei presidi ospedalieri, nei distretti socio-sanitari, all’interno del Ministero della Salute, nei suoi organi periferici e negli assessorati regionali – riuniti a Bologna, per il 58° Congresso Nazionale della Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) dal titolo “La Sanità pubblica a garanzia dell’equità sociale”.
Il Congresso è entrato subito nel vivo con un incontro dal titolo “Trasformazioni del Servizio sanitario: visioni per l’Italia e sguardi dal mondo”, condotto dal Presidente SItI Dr. Enrico Di Rosa.
“Diversi rapporti indicano che, in Italia, crescono le differenze negli indicatori di prevenzione tra le diverse regioni, con effetti diretti sulla durata e sulla qualità della vita – afferma il Prof. Carlo Signorelli, Prof. Ord. Igiene presso Università San Raffaele Milano – Dalla cattiva alimentazione alla sedentarietà, fino al consumo di fumo e alcol, i comportamenti a rischio si sommano alle diseguaglianze nelle adesioni ai programmi di screening e vaccinazione. Alcuni dati sono emblematici, fra cui la partecipazione allo screening del tumore del colon-retto che supera il 50% nelle regioni più virtuose ma resta attorno al 20% in molte aree del Centro e del Sud; la copertura vaccinale HPV in adolescenza raggiunge oltre l’80% in Lombardia, ma solo il 23% in Sicilia. Differenze così marcate sono inaccettabili e impongono interventi energici. È necessario verificare le modalità di chiamata attiva da parte dei Dipartimenti di Prevenzione delle AUSL, colmare la discrasia tra obiettivi, azioni e risultati, attuare le politiche ‘Health in all policies’, rafforzare le campagne di educazione sanitaria e fissare obiettivi specifici di prevenzione ai direttori generali delle ASL che in alcune regioni hanno dato eccellenti risultati”.
I relatori Prof.ssa Roberta Siliquini, Prof. Walter Ricciardi, Prof. Carlo Signorelli e Dr.ssa Francesca Russo hanno discusso sulla strada che il Servizio Sanitario Nazionale dovrà al più presto intraprendere e su come possa essere migliorato mettendolo a confronto con quello di altri Paesi sviluppati come Cina, Australia, Francia e Regno Unito. Fondamentale sarà non solo riorganizzare gli Ospedali, ma anche investire su Salute territoriale, prevenzione, integrazione socio-sanitaria e nuove competenze professionali.
“Il nostro Servizio Sanitario Nazionale è a un bivio. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle malattie croniche e la carenza di personale stanno mettendo alla prova un modello costruito oltre quarant’anni fa – afferma Walter Ricciardi, Prof. Igiene presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Serve una nuova visione capace di unire prossimità, innovazione e sostenibilità. Le trasformazioni sono già in corso: in Cina, India e Australia la Sanità pubblica si sta digitalizzando rapidamente grazie all’uso dell’Intelligenza Artificiale e delle piattaforme di telemedicina che raggiungono anche le aree rurali. Anche in Europa si sperimentano nuovi modelli: la Sanità di prossimità in Francia, le reti integrate di comunità nel Regno Unito, la digitalizzazione dei servizi in Estonia, i modelli di ‘value-based care’ in Scandinavia. Queste esperienze mostrano come sia possibile unire efficienza, qualità e attenzione alla persona. Per l’Italia, la lezione è chiara: non basta aggiustare l’esistente, serve ripensare la Sanità come infrastruttura sociale e digitale. La transizione non può limitarsi alla riorganizzazione ospedaliera: occorre investire su salute territoriale, prevenzione, integrazione socio-sanitaria e nuove competenze professionali. Le cooperative, il terzo settore e le comunità locali possono essere protagonisti di questa trasformazione, favorendo equità, partecipazione e prossimità. Guardare al mondo per immaginare il futuro del nostro Servizio Sanitario significa non solo copiare modelli, ma costruire una visione italiana della salute del XXI Secolo: più giusta, più digitale, più umana. Non lo stiamo facendo”.