Il sottosegretario alla Salute intervenuto al Convegno per la presentazione del programma di informazione e prevenzione dei disturbi alimentari del Ministero della Salute.
“Ci sono dei disturbi mentali complessi legati al peso, all’immagine corporea e anche allo stigma sociale e c’è bisogno di un approccio complesso alla materia, che non è solo il disturbo alimentare in sé, ma anche le complicazioni sociali ad esso legate”. Il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato è intervenuto in videocollegamento al convegno di presentazione del programma di comunicazione e informazione partecipata per la prevenzione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna) del ministero della Salute.
“Il nostro ministero – ha spiegato Gemmato – avvierà un programma nazionale di comunicazione partecipata costruito attorno a una rete di stakeholder che potranno contribuire alla creazione di messaggi scientificamente fondati per controvertere la narrazione fake, che spesso arriva dalla rete e che molte volte è un’informazione tossica, con l’obiettivo di promuovere un cambiamento culturale significativo”. “Un ruolo fondamentale in questo – ha puntualizzato il sottosegretario – lo svolgono le associazioni, tra cui ‘Consulta@noi’ e il coordinamento nazionale per i disturbi alimentari a cui è affidato il mandato di progettare e coordinare iniziative di sensibilizzazione sul territorio”. Gemmato ha poi ricordato l’impegno del governo Meloni, che ha istituito il Fondo nazionale per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, “costituito dalla legge di bilancio del 2022 e implementato nel 2024, che ha messo a disposizione complessivamente 45 milioni nel triennio 2022-2024, anche se questi fondi molte volte non vengono spesi appieno dalle Regioni”.
“Questo ci spinge a sentirci responsabili di accompagnare le Regioni nella spesa, ma anche nelle funzioni di indirizzo e di controllo”, ha spiegato Gemmato. “È molto importante – ha proseguito Gemmato – favorire l’intercettazione precoce degli esordi, potenziare le strutture residenziali terapeutiche e riabilitative presenti, implementare i percorsi di cura ‘evidence based’, applicare il ‘percorso Lilla’ nei pronto soccorso, formare gli operatori secondo protocolli clinici aggiornati, coinvolgere le famiglie e le scuole”.