Il sistema dei SerD è in affanno: mancano quasi 1.900 professionisti. In aumento i ricveri droga-correlati e gli accessi in pronto soccorso tra i minorenni
 
                        Carenze di personale, servizi disomogenei sul territorio, accessi in pronto soccorso in crescita tra i più giovani e ricoveri che si concentrano soprattutto al Nord. È la fotografia che emerge dall’analisi condotta dalla Fondazione GIMBE sull’organizzazione dei Servizi per le Dipendenze (SerD), presentata al XIV Congresso Nazionale Federserd dedicato alla prevenzione e cura delle dipendenze patologiche. “Stiamo pagando il prezzo di un immobilismo normativo e organizzativo – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE –. I servizi per le dipendenze rappresentano oggi un’anomalia strutturale del nostro Servizio sanitario nazionale: frammentati, disomogenei e con personale insufficiente. La loro efficacia dipende troppo spesso dalla buona volontà degli operatori più che da un’adeguata programmazione”.
L’impatto delle dipendenze sul servizio sanitario nazionale
Nel 2024 sono stati 8.378 gli accessi in pronto soccorso per patologie droga-correlate, con una lieve riduzione rispetto al 2023 (-2,5%). Ma il dato che preoccupa di più riguarda i minorenni, che rappresentano il 10% degli accessi. Quasi la metà dei pazienti (47%) è arrivata in PS per psicosi indotta da sostanze. In oltre 900 casi (11%) si è reso necessario un ricovero ospedaliero, in particolare nei reparti di psichiatria (37%) e terapia intensiva (17%). Nel 2023 i ricoveri ospedalieri con diagnosi principale droga-correlata sono stati 7.382, pari a 9,3 ogni 10.000 abitanti: un dato in crescita del 13% rispetto all’anno precedente e del 55% rispetto al 2012. Il 69% dei ricoveri si concentra nelle Regioni del Nord, segno di una forte disomogeneità territoriale.

Servizi frammentati e disomogenei
L’assistenza alle persone con dipendenze patologiche rientra tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e viene garantita attraverso un sistema che coinvolge SerD pubblici, strutture private e realtà del privato sociale. Tuttavia, la rete resta fragile e irregolare.Nel 2024 risultano censiti 198 servizi di I livello, di cui il 77% gestiti dal privato sociale. Il tasso medio nazionale è di 0,4 servizi ogni 100.000 abitanti, ma si passa da 1,8 nella Provincia autonoma di Bolzano a 0,1 in Calabria, Campania e Puglia. In Basilicata, Molise, Sardegna e Valle d’Aosta non è presente alcun servizio.

L’affanno dei serd: pochi operatori, troppi pazienti
Nel 2024 i servizi ambulatoriali censiti in Italia sono 1.134, per lo più pubblici (96%). Di questi, 571 sono SerD, 279 servizi per il gioco d’azzardo e 207 servizi di alcologia. Complessivamente, nel 2023 6.005 operatori lavoravano in queste strutture, di cui il 54% medici e infermieri. Il dato che più colpisce riguarda però il carico di lavoro: in media, ogni operatore segue 24 pazienti, ma in alcune Regioni la pressione è insostenibile. In Umbria, ad esempio, la media sale a 37 pazienti per operatore, un livello che mette a rischio la qualità della presa in carico e la continuità terapeutica.

Nel 2024, i SerD hanno assistito 134.443 persone per uso di sostanze illegali o psicofarmaci non prescritti, in aumento del 2,7% rispetto al 2023. “Considerato che il 14% degli utenti ha meno di 30 anni – osserva Cartabellotta – è indispensabile investire in nuove modalità di presa in carico e percorsi integrati con i servizi per l’età evolutiva”.
Le strutture residenziali: forti squilibri territoriali
Le strutture residenziali e semi-residenziali, che accolgono percorsi di riabilitazione e reinserimento, sono 951 in tutta Italia, per un totale di 13.926 posti. La stragrande maggioranza (94%) è gestita dal privato sociale. Anche in questo caso, il divario territoriale è marcato: si passa da 5,4 strutture ogni 100.000 abitanti in Valle d’Aosta a 0,7 in Friuli Venezia Giulia e Sicilia.

Personale sotto la soglia: mancano quasi 1.900 professionisti
Il DM 77 definisce la presenza di un SerD ogni 80.000-100.000 abitanti e stabilisce gli standard di personale minimo e a regime per garantire un’assistenza adeguata. Secondo i calcoli della Fondazione GIMBE, per rispettare questi standard sarebbero necessari da 5.600 a 7.800 operatori, ma ne risultano attivi solo 6.005: mancano dunque quasi 1.900 professionisti.


Le carenze più gravi riguardano psicologi (-409 unità), educatori professionali (-475), assistenti sociali (-342) e personale amministrativo (-146). “Il quadro è molto serio – sottolinea Cartabellotta – perché i servizi per le dipendenze restano fuori dalle agende politiche e spesso assenti nei piani regionali di riforma sanitaria. Eppure, si prendono cura di popolazioni fragili, ad alto rischio di marginalità e cronicizzazione”.
La richiesta: investimenti strutturali e continuità assistenziale
Secondo la Fondazione GIMBE, senza una chiara assunzione di responsabilità da parte della politica, il sistema dei SerD rischia di rimanere “a geometria variabile”, con cittadini che ricevono livelli di assistenza diversi a seconda della Regione di residenza. “Affrontare le dipendenze significa tutelare la salute pubblica – conclude Cartabellotta – ma oggi i SerD rappresentano il simbolo della disattenzione istituzionale verso un’area ad alta vulnerabilità. È tempo di riconoscerli come parte integrante dell’assistenza territoriale e di garantire investimenti strutturali e vincolanti. In caso contrario, la sanità pubblica arretrerà proprio dove dovrebbe essere più presente”.
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