Uno studio basato sui dati dei pazienti lombardi indaga per la prima volta in modo sistematico l’incidenza dell’infezione da Covid-19 nelle persone con scompenso cardiaco e dà un contributo per formulare specifiche indicazioni di prevenzione e trattamento
L’incidenza di Covid-19 è tre volte superiore nelle persone con scompenso cardiaco rispetto a quelle senza, il ricovero ospedaliero quattro volte superiore e la mortalità per tutte le cause dieci volte superiore. Questo è quanto emerge da uno studio coordinato dall’Università degli Studi di Milano e dall’IRCCS MultiMedica, in collaborazione con Policlinico di Milano, Università di Perugia, Università di Siena, che ha preso in esame i dati messi a disposizione dall’Osservatorio Epidemiologico di Regione Lombardia. L’indagine, pubblicata sull’International Journal of Cardiology, ha analizzato la frequenza e la gravità dell’infezione da Covid-19 tra il 21 febbraio e il 1 ottobre 2020 – prima che fossero disponibili i vaccini – coinvolgendo 100.000 persone con scompenso cardiaco e 400.000 senza, di età compresa tra 40 e 109 anni e valutando le infezioni da Covid-19, i ricoveri ospedalieri e la mortalità fino a giugno 2021.
Mortalità 25 volte più alta nei pazienti più giovani con scompenso cardiaco
I risultati evidenziano che infezioni, ricoveri e mortalità aumentano con l’età in entrambi i gruppi. Tuttavia, l’incidenza di Covid-19 risulta tre volte superiore nelle persone con scompenso cardiaco rispetto a quelle senza, il ricovero ospedaliero quattro volte superiore e la mortalità per tutte le cause dieci volte superiore. Il tasso di mortalità è particolarmente elevato nei pazienti più giovani con scompenso cardiaco (25 volte rispetto ai coetanei senza la patologia), mentre nei più anziani il rischio rimane comunque doppio. Infine si osserva che il rischio di infezione e mortalità è maggiore nei soggetti di sesso maschile, in quelli con precedenti ricoveri per scompenso cardiaco e in presenza di co-morbilità come spiega Giuseppe Ambrosio, professore di Cardiologia all’Università di Perugia.
Necessarie misure preventive per evitare il contagio
“Nelle persone con scompenso cardiaco l’età, il sesso maschile, il numero dei ricoveri per scompenso cardiaco nei 5 anni precedenti l’esordio di Covid-19, e le co-morbilità presenti rappresentano un fattore di rischio sia per l’infezione che per la mortalità da Covid-19”, sottolinea Ambrosio. “Lo studio indica che le persone con scompenso cardiaco – dichiara Antonio E. Pontiroli professore di Medicina Interna all’Università Statale di Milano – sono a grave rischio di complicanze da Covid-19 e quindi necessitano di strette misure preventive per evitare il contagio e di sostegno una volta accertata una diagnosi di Covid-19″.
Il trattamento dei pazienti deve essere molto tempestivo
“Vanno sicuramente considerate – continua Pontiroli – la vaccinazione anti Covid-19 ogni anno, il non recarsi in ospedale PS per problemi non-urgenti, vaccinarsi anche contro influenza; misure di validità da adottare anche in previsione di altre pandemie. Anche il trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco deve essere molto tempestivo, per evitare l’aggravamento dell’infezione e quindi una prognosi sfavorevole”. Elena Tagliabue, ricercatrice ed epidemiologa dell’IRCCS MultiMedica ricorda che “lo studio è stato reso possibile da Regione Lombardia (Dipartimento della Salute, Osservatorio Epidemiologico) che ha messo a disposizione di IRCCS MultiMedica i suoi database allestiti negli anni e arricchiti dei dati Covid-19”.
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