Salute 28 Ottobre 2025 10:35

Chirurgia, “Musica, dottore”: le note in sala operatoria riducono stress e uso di anestetici

Un trial randomizzato condotto in India su 120 pazienti sottoposti a colecistectomia laparoscopica dimostra che ascoltare musica durante l’intervento riduce fino al 20% il fabbisogno di propofol e fentanil, migliora il risveglio e attenua la risposta allo stress

di Isabella Faggiano
Chirurgia, “Musica, dottore”: le note in sala operatoria riducono stress e uso di anestetici

Abbandonare la mente e lasciarsi trasportare dalle note, anche quando si è su un lettino chirurgico. È ciò che suggerisce un nuovo studio pubblicato sulla rivista Music and Medicine, che dimostra il potere “anestetico” della musica. Ascoltarla durante la chirurgia può ridurre significativamente la quantità di farmaci propofol e fentanil necessari per interventi come la colecistectomia laparoscopica in anestesia generale. Il trial randomizzato controllato ha coinvolto 120 pazienti adulti sottoposti a colecistectomia laparoscopica elettiva presso il Lok Nayak Hospital e il Maulana Azad Medical College di Nuova Delhi, in India. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi: uno di intervento musicale e uno di controllo (senza musica).

La musica che “cura” anche sotto anestesia

“I risultati — spiega la ricercatrice principale dello studio Tanvi Goel, anestesista al Lok Nayak Hospital e al Maulana Azad Medical College — mostrano che si tratta di qualcosa di più di una semplice musica di sottofondo, bensì dell’integrazione di un nuovo intervento nella pratica anestetica”. La musica preferita dai pazienti, di tipo strumentale, è stata trasmessa attraverso cuffie sterili a un volume controllato di 60–70 decibel, iniziando cinque minuti prima dell’induzione e proseguendo per tutta la durata dell’intervento. “Erogando musica intraoperatoria — aggiunge la co-ricercatrice Farah Husain, musicoterapista certificata — coinvolgiamo il sistema nervoso del paziente anche durante l’anestesia, attenuando la risposta neuroendocrina allo stress quando il corpo è più vulnerabile”.

Un ambiente sonoro terapeutico

L’ambiente uditivo in sala operatoria, osserva Sonia Wadhawan, direttrice professoressa di Anestesia e Terapia intensiva al Maulana Azad Medical College, “viene spesso trascurato, ma il suono, se trasmesso con intento terapeutico, può accelerare la guarigione, ridurre lo stress e migliorare il recupero in modi che stiamo solo iniziando a quantificare”. Le analisi mostrano che i pazienti del gruppo musicale hanno richiesto circa il 20% di propofol e il 18% di fentanil in meno rispetto ai controlli. Oltre alla riduzione dei livelli di cortisolo perioperatori, gli autori hanno rilevato una maggiore stabilità dei parametri emodinamici come frequenza cardiaca e pressione arteriosa media durante l’intervento. I benefici si estendono anche alla fase di risveglio: chi ha ascoltato musica ha sperimentato un’emersione dall’anestesia più graduale e confortevole, senza agitazione o stress fisiologico marcato.

Il cervello e la musica: una connessione che guarisce

“Lo studio si aggiunge alla crescente evidenza empirica che gli effetti neurali della musica preferita dal paziente si traducono in benefici comportamentali – spiega Wendy L. Magee, professoressa di Musicoterapia al Boyer College of Music and Dance della Temple University -. Nelle persone con disturbi della coscienza a seguito di una lesione cerebrale — prosegue — la musica preferita migliora l’attivazione mentale e la cognizione. Questa ricerca rafforza ulteriormente l’idea che la musica con un significato personale aumenti la salienza e l’impatto emotivo, massimizzando gli effetti neurali e supportando il recupero”. Lo studio, commenta Joseph J. Schlesinger, professore di Anestesiologia, Medicina di terapia intensiva, Scienze dell’udito e Ingegneria biomedica al Vanderbilt University Medical Center, “dimostra il reale potenziale della musica nel migliorare l’assistenza anestesiologica, ma dobbiamo andare oltre. Per comprendere appieno l’effetto delle note sul cervello durante l’intervento, servono EEG multimodali e una visione più ampia dell’ambiente sonoro perioperatorio, che – conclude – tenga conto sia degli esiti sui pazienti sia della sicurezza degli operatori”.


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