Novembre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore della prostata. Il professor Bernardo Rocco, del Policlinico Gemelli Irccs, spiega come riconoscere i sintomi, prevenire la malattia e affrontarla
                        Novembre è, da tradizione, il mese dedicato alla sensibilizzazione sul tumore della prostata, la forma di cancro più frequente nella popolazione maschile. Per fare il punto su sintomi, prevenzione e trattamenti, la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs di Roma ha raccolto l’esperienza del professor Bernardo Rocco, direttore della Uoc di Urologia e ordinario di Urologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. “I sintomi del tumore della prostata possono essere aspecifici e confusi con quelli dell’ipertrofia prostatica benigna. Ma in ogni caso è buona regola sottoporsi a controlli periodici, a partire dai 50 anni, soprattutto se in famiglia ci sono stati altri casi di questo tumore – spiega Rocco -. I campanelli d’allarme ai quali prestare attenzione sono: necessità di urinare spesso (soprattutto la notte), difficoltà a trattenere o ad avviare la minzione, riduzione o interruzione del flusso urinario, presenza di sangue nelle urine o nel seme, dolore durante la minzione o l’eiaculazione, dolore nella parte bassa della schiena, alle anche o alle cosce”.
Prevenzione e stili di vita
Sul fronte della prevenzione, l’urologo ricorda che “a livello di igiene di vita, valgono le stesse regole della prevenzione cardiovascolare: seguire una dieta equilibrata, ricca di frutta e verdura – in particolare pomodori, broccoli e cavolfiori – e povera di grassi animali, carni rosse e cibi processati; mantenere il peso forma, fare attività fisica regolare e non fumare”. Anche l’esposizione al sole, “una decina di minuti al giorno”, aiuta a mantenere buoni livelli di vitamina D, eventualmente integrabili con supplementi. Tuttavia, sottolinea Rocco, “non è possibile intervenire su fattori di rischio come età, genetica o appartenenza etnica, che restano determinanti”.
Diagnosi e screening
La diagnosi precoce resta la chiave per salvare vite. “È importante sottoporsi con regolarità al dosaggio del Psa e alla visita urologica dai 50 anni o dai 40-45 in presenza di familiarità”, raccomanda Rocco.
Se i valori del Psa risultano elevati o l’esplorazione rettale evidenzia anomalie, si procede con ulteriori esami, come la risonanza magnetica della prostata o la biopsia. Proprio la risonanza magnetica ha visto una recente evoluzione: “Uno studio pubblicato su Jama, il ‘Prime diagnostic clinical trial’, ha dimostrato la non inferiorità della Rmn biparametrica rispetto alla multiparametrica, riducendo tempi di esecuzione e evitando l’uso del mezzo di contrasto”, spiega l’esperto. “Oggi, grazie alla diagnosi precoce, oltre il 90% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi”.
Chirurgia robotica: la rivoluzione degli ultimi vent’anni
Sul fronte del trattamento, la grande svolta è arrivata con la chirurgia robotica. “Gli studi evidenziano un impatto significativo nella riduzione della mortalità correlata al tumore e un miglioramento della qualità di vita dei pazienti – racconta Rocco – grazie a una maggiore precisione e minore invasività, con dolore post-operatorio ridotto, recupero più rapido e degenza più breve, a parità di efficacia oncologica rispetto alla chirurgia tradizionale”. Al Gemelli, dove il numero di procedure relative alla diagnosi e cura del tumore prostatico è più che raddoppiato nell’ultimo anno (+116% di prostatectomie radicali), sono attualmente operative tre piattaforme robotiche di ultima generazione, con altre in arrivo. “Questo ci consente di personalizzare il trattamento e di essere partner clinici di gruppi internazionali nello sviluppo delle nuove tecnologie – spiega Rocco -. Qui al Gemelli abbiamo formalizzato e certificato un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale (Pdta) per la diagnosi e il trattamento del tumore prostatico, che coinvolge urologi, oncologi e radioterapisti. È un modello di presa in carico multidisciplinare, che – conclude – unisce competenze e tecnologie per migliorare la qualità e la continuità delle cure”.
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