Una sala di Terapia intensiva neonatale trasformata in sala operatoria per salvare una “bimba piuma” di appena 750 grammi. È accaduto a Milano, dove la piccola, venuta alla luce prematuramente alla 24ª settimana di gestazione, presentava un dotto di Botallo ancora aperto, condizione frequente nei grandi prematuri che può compromettere la crescita e causare danni irreversibili a cuore e polmoni. Per salvarla, i cardiochirurghi del Policlinico San Donato si sono spostati nella Tin dell’Ospedale San Raffaele, evitando il trasferimento della neonata, un’operazione ad alto rischio per pazienti così fragili. L’intervento, eseguito con tecnica mininvasiva, ha permesso di chiudere il dotto con una clip metallica in titanio o acciaio inossidabile, bloccando immediatamente il passaggio di sangue. Nel tempo, il dotto si cicatrizzerà e si atrofizzerà.
“Un gesto tecnico in sé rapido – spiega Alessandro Giamberti, direttore dell’Unità di Cardiochirurgia pediatrica e dei congeniti adulti dell’Irccs Policlinico San Donato –, ma reso estremamente complesso dal peso e dalla fragilità della piccola paziente, che ha trasformato un intervento di per sé ordinario in qualcosa di straordinario. La buona riuscita dell’operazione consentirà alla neonata di avere ancora un futuro. Un risultato reso possibile non solo dal lavoro di noi chirurghi, che siamo solo una parte, forse la più evidente, di un’équipe multidisciplinare ben più ampia, composta da cardiochirurghi, neonatologi, anestesisti e ginecologi”. Giamberti cita i colleghi coinvolti in questo “piccolo grande miracolo”: Massimo Chessa, responsabile del Centro di Cardiologia ed Emodinamica pediatrica e del congenito adulto all’Irccs Policlinico San Donato; Giuseppe Isgrò, referente dell’Area pediatrica e del congenito adulto della Terapia intensiva cardiochirurgica del San Donato; Massimo Candiani, direttore dell’Unità di Ginecologia del San Raffaele; e Graziano Barera, primario di Neonatologia, patologia neonatale e Pediatria dello stesso ospedale.
Il dotto di Botallo è un piccolo vaso sanguigno che, durante la vita fetale, collega l’arteria polmonare all’aorta, consentendo al sangue di bypassare i polmoni ancora inattivi. Dopo la nascita, questo canale dovrebbe chiudersi spontaneamente. Nei nati prematuri, però, spesso resta aperto, causando un eccesso di sangue nei polmoni immaturi, con il rischio di compromettere la funzione respiratoria e la crescita. La terapia farmacologica rappresenta il primo passo, ma nei casi più gravi o refrattari, come quello di questa “bimba piuma”, è necessario un intervento chirurgico salvavita per permettere lo sviluppo polmonare sufficiente alla sopravvivenza.
Secondo il Gruppo San Donato, l’intervento è il risultato di una collaborazione sempre più stretta tra due centri di eccellenza riconosciuti a livello internazionale. Negli ultimi mesi, le équipe di Cardiologia e Cardiochirurgia del Policlinico San Donato hanno avviato percorsi integrati con la Ginecologia, Ostetricia e Neonatologia del San Raffaele, seguendo madri e bambini dalla diagnosi prenatale di cardiopatie congenite al parto, fino alla cura postnatale. “L’obiettivo del Gruppo San Donato è quello di sviluppare sempre più percorsi integrati, anche a livello internazionale – precisa Giamberti – per le cardiopatie congenite, incluse le gestanti con patologie cardiache, il cosiddetto Percorso rosa, rafforzando una rete clinica fondata su professionalità, interdisciplinarità e centralità del paziente”.
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