Salute 7 Novembre 2018 18:59

Tumore alla tiroide. Scoppola (Ame Lazio): «Incremento nuove diagnosi. Ma la mortalità è estremamente stabile: non è una malattia incurabile»

L’endocrinologo mette in guardia dai fattori di rischio: «Se una paziente ha una madre o una sorella con tumore alla tiroide o ha subito un pregresso trattamento radioterapico del collo deve essere valutata con maggiore attenzione»

di Isabella Faggiano
Tumore alla tiroide. Scoppola (Ame Lazio): «Incremento nuove diagnosi. Ma la mortalità è estremamente stabile: non è una malattia incurabile»

«Il tumore alla tiroide sta aumentando ed è molto diffuso in Italia, in Europa e nel mondo. Ma la mortalità è estremamente stabile e non è incrementata quanto l’incidenza. Questo vuol dire che non si muore di tumore alla tiroide: non è una malattia incurabile. Bisogna sfatare la paura che di fronte ad una diagnosi di tumore per forza si debba incappare in quel difficile percorso di cura che, invece, moltissime neoplasie gravi e serie possono richiedere. Il tumore alla tiroide è gestibile, curabile e in certe piccole percentuali si può anche quasi non trattare». A parlare è Alessandro Scoppola, referente regionale Ame Lazio (l’Associazione Medici Endocrinologi) e dirigente di struttura complessa IV divisione di Oncologia e Oncologia Dermatologica e responsabile dell’ambulatorio di Endocrinologia, istituto Dermopatico Immacolata IRCCS, Roma.

Il cancro della tiroide colpisce soprattutto le donne tra i 40 e i 60 anni e rappresenta il 3-4% di tutti i tumori. L’aumento del numero di diagnosi comprende anche la scoperta di piccoli carcinomi che, con molta probabilità, in precedenza venivano trascurati dalla scarsa prevenzione.

«La diagnosi – ha spiegato Scoppola – si effettua principalmente con l’ecografia. L’esame deve essere eseguito da persone esperte, in grado, eventualmente, di indirizzare il paziente verso un accertamento di secondo livello, come l’ago aspirato. In questo modo sarà possibile valutare più concretamente la possibilità di affrontare un percorso terapeutico o chirurgico».

La strada da seguire è diversa da paziente a paziente: «Non esiste una regola unica – ha sottolineato il referente regionale Ame Lazio -. Il tipo di neoplasia, l’età, la provenienza del paziente, la morfologia della tiroide, sono solo alcuni dei parametri che vanno condivisi per decidere il percorso terapeutico più adeguato».

Anche i fattori di rischio sono una variabile da valutare con attenzione: «La familiarità – ha commentato  Alessandro Scoppola – è un fattore importante. Un nodulo in una paziente che ha avuto già una madre o una sorella con tumore alla tiroide deve essere valutato con maggiore attenzione.  Un altro fattore importante è anche un pregresso trattamento radioterapico del collo, come quello che hanno subito pazienti con linfomi o altre neoplasie del collo. In questi soggetti – ha concluso l’endocrinologo – la possibilità  che  insorgano forme neoplastiche è più elevata».

GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Salute

Parkinson, la neurologa Brotini: “Grazie alla ricerca, siamo di fronte a una nuova alba”

“Molte molecole sono in fase di studio e vorrei che tutti i pazienti e i loro caregiver guardassero la malattia di Parkinson come fossero di fronte all’alba e non di fronte ad un tramonto&...
di V.A.
Politica

Il Nobel Giorgio Parisi guida l’appello di 14 scienziati: “Salviamo la Sanità pubblica”

Secondo i firmatari "la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'autonomia differenziata rischia di ampliare ...
Advocacy e Associazioni

XVIII Giornata europea dei diritti del malato. Contro la desertificazione sanitaria serve un’alleanza tra professionisti, cittadini e istituzioni

La carenza di servizi sul territorio, la penuria di alcune specifiche figure professionali , la distanza dai luoghi di salute in particolare nelle aree interne del Paese, periferiche e ultraperiferich...