Una ricerca dell’Università di St Andrews, pubblicata su The Journals of Gerontology, Series B, evidenzia come socialità e relazioni siano fondamentali per rallentare l’invecchiamento del cervello, riducendo il rischio di declino cognitivo anche negli anziani più fragili
La socialità non è solo un piacere della vita quotidiana: per il cervello degli anziani è una vera e propria assicurazione sulla salute. Una ricerca condotta dall’Università di St Andrews, in collaborazione con il Max Planck Institute for Demographic Research in Germania e l’Emory University negli Stati Uniti, conferma che l’isolamento sociale è associato a un declino cognitivo più rapido. Lo studio, pubblicato su The Journals of Gerontology, Series B: Psychological Sciences and Social Sciences, ha analizzato 137.653 test cognitivi effettuati tra il 2004 e il 2018 su oltre 30mila individui. Gli esperti hanno distinto tra isolamento sociale, misurato oggettivamente in termini di contatti, partecipazione a organizzazioni comunitarie e impegno religioso, e solitudine, la percezione soggettiva di sentirsi soli. Sebbene spesso correlati, i due fenomeni hanno effetti indipendenti sulla funzione cognitiva. Lo studio dimostra che il vero fattore protettivo è la riduzione dell’isolamento reale, mentre la solitudine percepita incide solo marginalmente.
Un beneficio per tutti
L’analisi evidenzia che ridurre l’isolamento sociale ha un effetto protettivo sulla funzione cognitiva per tutte le sottopopolazioni, indipendentemente da genere, razza, etnia o livello di istruzione. Le differenze tra categorie sociali risultano minime, confermando che la socialità è un presidio di salute universale e che favorire la partecipazione attiva alla vita sociale è essenziale per tutti gli anziani. Lo studio suggerisce anche strategie mirate: gli interventi che favoriscono la socialità tra chi vive da solo possono essere particolarmente efficaci per ridurre il rischio di declino cognitivo. Creare opportunità di interazione regolare, sostenere il volontariato, i gruppi di comunità e le attività sociali rappresenta non solo un vantaggio individuale, ma un vero strumento di prevenzione di salute pubblica.
Implicazioni per la salute pubblica Secondo Jo Hale, autrice principale dello studio, “durante le festività pensiamo a quanto sia importante stare in compagnia di familiari e amici. Dalle celebrazioni pagane invernali ai classici racconti di Natale, ci viene ricordato che l’impegno sociale fa bene alla mente. Questa ricerca dimostra che è cruciale anche per la salute cognitiva. Poiché l’Alzheimer è una delle principali cause di morte negli anziani, costruire le basi per consentire regolari interazioni sociali, soprattutto per chi non ha familiari o amici nelle vicinanze, dovrebbe essere una priorità di salute pubblica”. Lo studio conferma che affrontare l’isolamento sociale richiede una doppia prospettiva: comprendere gli effetti eterogenei sull’intera popolazione e allo stesso tempo attuare interventi mirati dove sono più necessari. La socialità non è quindi solo un bisogno emotivo, ma un vero e proprio strumento preventivo contro il declino cognitivo, un diritto di tutti gli anziani per vivere più a lungo in salute e con piena autonomia.
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