Advocacy e Associazioni 17 Dicembre 2025 10:24

Critical Medicines Act: la prova europea del “mai più farmaci introvabili”

Associazioni di pazienti ed esperti chiedono che il nuovo regolamento sui medicinali critici garantisca davvero equità di accesso e coinvolgimento dei cittadini.

di Redazione
Critical Medicines Act: la prova europea del “mai più farmaci introvabili”

Quando, nel marzo 2025, la Commissione europea ha presentato la proposta di Critical Medicines Act, molti pazienti hanno avuto la sensazione che l’Europa stesse finalmente mettendo mano a uno dei problemi più concreti degli ultimi anni: la difficoltà a trovare farmaci essenziali in farmacia o in ospedale, dagli antibiotici all’insulina. Il 2 dicembre 2025, con la definizione della posizione da parte del Consiglio dell’UE, il provvedimento fa un passo decisivo verso l’approvazione definitiva e il dibattito entra nel vivo anche nel mondo dell’advocacy.

In estrema sintesi, il Critical Medicines Act punta a costruire una vera “rete di sicurezza” attorno ai medicinali considerati critici: quelli senza i quali una terapia non può proseguire e la vita o la salute del paziente sono a rischio. L’idea è creare una lista europea comune di questi farmaci, monitorarne in modo sistematico la produzione e la distribuzione, capire dove si annidano le dipendenze da pochi fornitori o da Paesi extra-UE, e mettere in campo incentivi e strumenti per rafforzare la produzione in Europa e la capacità di reagire in caso di crisi.

Sul piano tecnico si parla di mappatura delle filiere, misure anti-carenze, possibili contratti di capacità con i produttori, piani di emergenza nazionali coordinati a livello europeo. Ma il vero punto politico è un altro: come fare in modo che tutto questo si traduca in un accesso più equo ai farmaci per i pazienti in carne e ossa, ovunque vivano, e non solo in una nuova architettura burocratica.

Su questo aspetto sono intervenute subito le principali organizzazioni di pazienti. L’European Patients’ Forum (EPF), che rappresenta oltre 80 associazioni nazionali e di patologia, ha accolto con favore la proposta, definendola un passo avanti importante, ma ha messo in chiaro alcune condizioni. Secondo EPF il Critical Medicines Act avrà senso solo se garantirà trasparenza lungo tutta la filiera – con dati condivisibili anche con le associazioni – e se la definizione dei medicinali “critici” terrà realmente conto dei bisogni di chi convive con patologie rare, croniche e complesse, spesso dipendente da pochi trattamenti insostituibili.

Altro nodo cruciale è il coinvolgimento strutturato delle organizzazioni di pazienti negli organismi di governance che il regolamento andrà a creare: non solo consultazioni occasionali, ma una presenza stabile nei luoghi dove si decide cosa entra nella lista dei farmaci critici, come si gestiscono le carenze, quali priorità industriali si scelgono.

Un’attenzione particolare arriva dalle associazioni attive nelle malattie rare, come i disturbi emorragici. Le organizzazioni europee che rappresentano le persone con emofilia e altre coagulopatie hanno ricordato che, per alcuni pazienti, l’accesso continuo a specifici concentrati di fattori della coagulazione o ad altre molecole salvavita è letteralmente una questione di vita o di morte. Per questo chiedono che questi medicinali siano considerati critici per definizione, che si introducano indicatori dedicati per monitorare le carenze e che Commissione, Agenzia europea dei medicinali e Stati membri adottino canali di dialogo permanenti con le associazioni dei rari.

Anche le organizzazioni professionali, come il Comitato Permanente dei Medici Europei, hanno espresso apprezzamento per l’obiettivo di rendere più sicura la disponibilità di farmaci, ma insistono sul fatto che il Critical Medicines Act non può restare confinato alla gestione delle emergenze. Dovrà diventare parte integrante della programmazione ordinaria dei sistemi sanitari, con risorse adeguate per i servizi e strumenti operativi chiari per ospedali, farmacie e medici di famiglia.

Per l’Italia, che negli ultimi anni ha sperimentato più volte carenze di medicinali di uso comune, il regolamento europeo rappresenta un banco di prova. Vuol dire mettere a sistema le esperienze maturate da AIFA, Regioni e strutture sanitarie nella gestione delle indisponibilità, rafforzare i sistemi di segnalazione delle carenze, migliorare la comunicazione ai cittadini e, soprattutto, costruire un vero piano nazionale sulle carenze farmaceutiche in dialogo con le associazioni.

Le organizzazioni di pazienti chiedono che, parallelamente all’iter europeo, il nostro Paese definisca regole chiare su cosa accade quando un farmaco manca: chi informa i pazienti, con quali tempi, come si gestiscono eventuali sostituzioni, come si tutelano le persone fragili. Il Critical Medicines Act, insomma, diventa anche un’opportunità per ripensare la governance dei farmaci a partire dal punto di vista di chi, una volta tornato a casa, ha semplicemente bisogno di trovare la sua terapia disponibile, senza dover fare il giro delle farmacie o rinunciare alle cure.

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