Le donne in età fertile, in gravidanza o in allattamento affette da psoriasi possono oggi accedere a percorsi terapeutici personalizzati e sicuri, pensati per migliorare concretamente la qualità della vita
Le donne in gravidanza o in allattamento affette da psoriasi possono sperimentare un peggioramento della malattia, una compromissione che può essere trattata con percorsi terapeutici personalizzati e sicuri, pensati per migliorare concretamente la qualità della vita. Se ne è parlato oggi nel corso dell’evento Ecm di PharmaTarget, realizzato con il contributo non condizionato di Ucb e con il patrocinio della Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (Sidemast). “La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica della pelle: cronica come altre patologie ad esempio l’ipertensione o il diabete, e per questo non va sottovalutata”, afferma Annunziata Dattola, professore associato di Dermatologia e Venereologia presso l’Università La Sapienza di Roma e specialista in Dermatologia e Venereologia presso il Policlinico Umberto I di Roma.
Il ruolo dei cambiamenti ormonali in gravidanza
“Durante la gravidanza, a causa dei cambiamenti ormonali e delle numerose trasformazioni che interessano il corpo della donna, la psoriasi – continua Dattola – può modificare il proprio andamento. Le manifestazioni della patologia possono restare stabili, andare incontro a un peggioramento, per il 30-40% dei casi, soprattutto nell’ultimo trimestre o immediatamente dopo il parto e durante l’allattamento, o anche migliorare naturalmente”. La gestione della malattia durante la gravidanza richiede una conoscenza approfondita dei meccanismi immunologici coinvolti e dei possibili effetti delle terapie. “La malattia psoriasica è una patologia immunomediata con una componente genetica e fattori scatenanti ambientali”, dichiara Clara De Simone, professore associato di Dermatologia e Venereologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile del Centro per le Malattie Rare Dermatologiche del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Terapie sicure per mamma e bambino
“Durante la gravidanza si verificano modifiche ormonali che servono anche a evitare il rigetto del feto, il quale è antigenicamente diverso dalla madre. Questi cambiamenti ormonali – prosegue – influenzano il sistema immunitario e possono modificare l’andamento della psoriasi: in circa metà dei casi la severità di malattia può rimanere invariata o addirittura peggiorare”. Le donne con psoriasi che affrontano una gravidanza si pongono frequentemente numerose domande riguardo ai potenziali rischi, alle complicazioni e alla possibilità di proseguire la terapia. “Oggi sappiamo, grazie alle evidenze scientifiche e agli studi clinici, che anche le donne in gravidanza e in allattamento possono essere curate in modo efficace e sicuro”, rassicura Dattola.
Terapie mirate sicure per il feto
“Disponiamo di terapie mirate, comprese alcune terapie biologiche, che non attraversano la placenta né passano nel latte materno e che quindi non comportano rischi per il feto o per il neonato. Questo è particolarmente importante se pensiamo che, soprattutto nel primo trimestre, le donne in gravidanza hanno pochissime opzioni terapeutiche disponibili”, aggiunge Dattola. “Le forme più severe possono associarsi a esiti di gravidanza sfavorevoli, come basso peso alla nascita o parto pretermine, secondo dati provenienti soprattutto da registri del Nord Europa”, sottolinea De Simone.
La gestione della psoriasi in gravidanza
“Per questo motivo – continua Simone – è importante garantire un adeguato controllo della malattia anche durante la gravidanza, scegliendo terapie efficaci e sicure sia per la madre che per il bambino, sia durante la gestazione che durante l’allattamento. Gli anticorpi monoclonali sono utilizzati da oltre vent’anni nella psoriasi e non sono teratogeni, quindi non causano malformazioni. Tuttavia, possono attraversare la placenta, entrare nella circolazione fetale e lasciare traccia nel sangue del neonato per alcuni mesi dopo la nascita. Di conseguenza, nei bambini esposti per tutta la gravidanza è sconsigliata la somministrazione di vaccini vivi nei primi mesi di vita. Per ovviare a questo problema è possibile utilizzare farmaci biologici che non attraversano la barriera placentare. Un esempio è il certolizumab pegol, i cui livelli nel sangue del cordone e nel neonato risultano trascurabili dopo che la madre è stata trattata durante tutta la gravidanza. Questo permette di effettuare senza rischi il programma vaccinale“.
Gravidanza: l’importanza di pianificare
La pianificazione della gravidanza emerge come un elemento cruciale. “La gravidanza idealmente dovrebbe essere pianificata in un periodo di remissione della malattia, ma l’uso dei farmaci è possibile, quando necessario, con un approccio sempre personalizzato”, spiega De Simone. “Bisogna considerare che circa la metà delle gravidanze non è pianificata e c’è ancora poca consapevolezza su questo tema, sia tra le pazienti, sia tra alcuni professionisti sanitari. Le donne affette da psoriasi talvolta non informano il dermatologo della gravidanza; altre volte – prosegue – il ginecologo non conosce in modo approfondito i farmaci utilizzati oppure la paziente interrompe autonomamente la terapia per timore di effetti negativi sul bambino. Quando la malattia è gestita correttamente, è possibile arrivare al termine della gravidanza con un bambino sano e con peso adeguato. Insomma, “per le donne in età fertile, per le donne incinte e per quelle che allattano, esistono oggi percorsi terapeutici personalizzabili e sicuri. Le molecole biologiche, in particolare un anti-TNF alfa pegilato, hanno dimostrato efficacia e sicurezza e rappresentano un’opportunità concreta per gestire anche i casi più severi di psoriasi durante questo periodo così delicato”, conclude Dattola.
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