Salute 11 Dicembre 2025 12:47

Diabete di tipo 2, il luogo in cui viviamo può aumentarne il rischio

Caldo estremo, inquinamento, povertà e infrastrutture deboli agiscono insieme, indipendentemente dai fattori di rischio clinici

di Isabella Faggiano
Diabete di tipo 2, il luogo in cui viviamo può aumentarne il rischio

Il luogo in cui viviamo influenza più aspetti della nostra salute di quanto siamo abituati a pensare. Non si tratta solo della qualità dell’aria o della disponibilità dei servizi: le condizioni climatiche, lo stato delle abitazioni, l’accesso alle cure e la stabilità economica creano un ecosistema di esposizioni che, nel tempo, può orientare il rischio di malattie croniche. Lo conferma uno studio pubblicato su JAMA Network Open, che indaga il legame tra vulnerabilità climatica e incidenza del diabete di tipo 2.

Cos’è il Climate Vulnerability Index e perché è cruciale

Il Climate Vulnerability Index (CVI) è un indicatore composito che misura quanto un quartiere sia vulnerabile agli impatti del cambiamento climatico e alle fragilità strutturali che lo accompagnano. Il CVI combina variabili ambientali come calore estremo, inquinamento e intensità delle tempeste, con fattori socioeconomici come povertà, qualità delle abitazioni, presenza di infrastrutture adeguate e accesso ai servizi sanitari. In sintesi, rappresenta una fotografia integrata della fragilità di una comunità e del potenziale impatto sulla salute dei suoi residenti.

Lo studio: oltre un milione di adulti seguiti per sette anni

Il gruppo di ricerca guidato da Jad Ardakani e Sadeer Al-Kindi, del Houston Methodist Research Institute, ha analizzato i dati del registro Houston Methodist Learning Health System. Sono stati inclusi 1.003.526 adulti senza una diagnosi pregressa di diabete, tutti con almeno una visita ambulatoriale tra il 2016 e il 2023. Ogni partecipante è stato associato al CVI del quartiere di residenza e seguito fino a sette anni per osservare l’eventuale insorgenza di diabete di tipo 2, identificato tramite diagnosi cliniche, prescrizioni farmacologiche o valori di glicemia elevati.

I risultati: vivere in aree vulnerabili aumenta il rischio del 23

L’esito è inequivocabile: chi vive nei quartieri con il più alto CVI ha un rischio del 23% più elevato di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto alle persone che abitano nelle zone meno vulnerabili. Al termine dei sette anni di follow-up, l’incidenza cumulativa era del 14,1% nelle aree ad alta vulnerabilità contro l’8,6% dei quartieri più protetti. Il dato sorprendente è che l’associazione tra vulnerabilità climatica e diabete rimane solida anche dopo aver aggiustato per età, sesso, razza ed etnia, BMI, ipertensione, colesterolo, reddito, assicurazione sanitaria e valori basali di glicemia. È come se la vulnerabilità climatica aggiungesse un nuovo livello di rischio, indipendente dai fattori clinici tradizionali.

Perché la vulnerabilità climatica incide sul rischio metabolico

Gli effetti della vulnerabilità climatica sul metabolismo non derivano da un unico elemento, ma da un insieme di pressioni che si sommano. Il calore prolungato può alterare la sensibilità insulinica, l’inquinamento favorisce infiammazione sistemica, la disponibilità limitata di alimenti sani aumenta il rischio di sovrappeso, condizioni socioeconomiche difficili amplificano lo stress cronico e infrastrutture insufficienti limitano la possibilità di praticare attività fisica o accedere a cure tempestive. È un mosaico di esposizioni che, nel tempo, contribuisce ad aumentare in modo tangibile la probabilità di sviluppare diabete.

Verso una prevenzione più equa: il ruolo del CVI nella pratica clinica

Secondo gli autori, integrare il CVI nei sistemi di valutazione del rischio potrebbe migliorare la capacità dei clinici di individuare i pazienti più vulnerabili e indirizzare interventi preventivi più mirati. Lo strumento può aiutare a identificare territori che richiedono investimenti sanitari, programmi di educazione e screening più intensivi, contribuendo a ridurre le disuguaglianze che il cambiamento climatico rischia di amplificare. Come osserva Khurram Nasir, co-autore senior dello studio, “comprendere come clima e condizioni comunitarie influenzino la malattia ci permette di costruire sistemi sanitari più intelligenti ed equi”.

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