Solo una donna su dieci con tumore del seno metastatico endocrino-responsivo viene sottoposta a biopsia liquida. Una campagna nazionale rivela criticità, bisogni informativi e nuove prospettive terapeutiche legate alla mutazione ESR1
In Italia, la biopsia liquida è ancora un’opportunità poco sfruttata. Solo una donna su dieci con tumore del seno metastatico endocrino-responsivo vi ha avuto accesso, nonostante il test sia ritenuto poco invasivo, privo di effetti collaterali, ripetibile e sostenibile nei costi. È quanto emerge dalla campagna nazionale Tumore del Seno Metastatico e la Mutazione ESR1, promossa da Fondazione Aiom. Il progetto – che ha coinvolto pazienti, caregiver e clinici – ha raccolto dati, organizzato webinar, social campaign, videointerviste e un tour in nove regioni italiane con il contributo delle Breast Unit. Un lavoro pensato per rafforzare la conoscenza delle forme avanzate della malattia e del ruolo della medicina di precisione nelle scelte terapeutiche.
Conoscenze ancora limitate, bisogni informativi molto alti
I risultati della survey parlano chiaro.
Per pazienti e caregiver la biopsia liquida è:
Ma la consapevolezza delle mutazioni genetiche è ancora bassa: solo il 12% conosce la mutazione ESR1, mentre oltre l’80% chiede più informazioni sulla malattia. Sul fronte delle cure, il 62% ritiene che le terapie innovative dovrebbero essere rese disponibili subito, mentre il 29% le percepisce come meglio tollerate rispetto ai trattamenti tradizionali. Resta però un nodo culturale: il 31% non crede che le forme metastatiche possano essere cronicizzate.
“La biopsia liquida è ormai fondamentale”
Saverio Cinieri, Past President di Fondazione Aiom, richiama l’attenzione sul peso epidemiologico del carcinoma mammario metastatico: “Nel nostro Paese i casi superano quota 50mila. Circa il 70% è positivo ai recettori ormonali e negativo a HER2, quindi trattato soprattutto con terapie endocrine”. Proprio all’interno di questa popolazione emergono mutazioni – come ESR1 – che riducono l’efficacia delle cure ormonali. “Oggi – spiega Cinieri – abbiamo farmaci mirati in grado di agire anche nelle fasi metastatiche, ma per identificarli serve la biopsia liquida. Attraverso un semplice prelievo di sangue possiamo individuare mutazioni determinanti per personalizzare la terapia”. Si tratta di un’opportunità che oltre 7.800 donne ogni anno potrebbero sfruttare, con benefici che ricadono tanto sulla singola paziente quanto sull’intero sistema sanitario. Una condizione però: i campioni devono essere analizzati esclusivamente in laboratori dotati di tecnologie adeguate, per garantire qualità e affidabilità.
“Serve accesso rapido alla diagnostica avanzata”
A confermare la necessità di ampliare l’impiego del test sono anche i dati raccolti da Fondazione Aiom tra gli oncologi: il 22% non utilizza regolarmente la biopsia liquida, pur riconoscendone l’importanza (l’81% ritiene che dovrebbe essere prescritta più spesso). “È un esame cruciale non solo per il carcinoma mammario – afferma Alberto Zambelli, direttore dell’Oncologia medica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e docente all’Università Milano-Bicocca -. Con oltre 53mila nuovi casi l’anno, il tumore del seno è una patologia in crescita. Anche le terapie per la fase metastatica si stanno moltiplicando, e sempre più donne avranno bisogno di una diagnostica che permetta di monitorare in tempo reale l’evoluzione della malattia”. Zambelli ricorda che in alcune regioni esistono modelli organizzativi già capaci di garantire rapidamente l’esame, che potrebbero essere replicati nei territori in maggiore difficoltà.
Diffondere una nuova cultura della cronicità
Per Cinieri, il percorso avviato con la campagna deve continuare: “Abbiamo voluto promuovere una nuova cultura del carcinoma mammario metastatico. È una malattia che, in molti casi, può essere cronicizzata grazie alla personalizzazione dell’intero iter diagnostico e terapeutico. Il futuro dell’oncologia passa dalla capacità di identificare e interpretare sempre meglio le mutazioni genetiche”. Un obiettivo che, oggi più che mai, richiede accesso omogeneo alla diagnostica, informazione chiara ai pazienti e un impegno stabile nel diffondere la medicina di precisione come componente essenziale delle cure.
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