Un team internazionale ha scoperto il ruolo diretto del gene APOE nel delirio, indipendentemente dalla demenza. Identificati biomarcatori nel sangue fino a 16 anni prima della diagnosi e nuove possibili strategie terapeutiche
Un’analisi genetica senza precedenti, condotta su oltre un milione di persone, ha individuato il gene APOE come il più importante fattore genetico di rischio per il delirio, una condizione frequente tra gli anziani ospedalizzati e associata a mortalità più elevata e progressione verso la demenza. Lo studio, pubblicato su Nature Aging, ha inoltre identificato marcatori ematici predittivi e una proteina potenzialmente protettiva, aprendo la strada a terapie mirate e nuove possibilità di prevenzione.
Una scoperta che cambia la comprensione del delirio
Il gene APOE era già noto per il suo ruolo nella malattia di Alzheimer, ma i ricercatori hanno dimostrato che la sua influenza sul delirio è indipendente dalla demenza. Ciò significa che il gene esercita un effetto diretto e specifico, contribuendo alla vulnerabilità cerebrale anche in persone senza deterioramento cognitivo. Lo studio fornisce le prove più solide finora che il delirio abbia una componente genetica – afferma Vasilis Raptis, primo autore -. Il prossimo passo è capire come modifiche del DNA e dell’espressione genica nelle cellule cerebrali possano portare allo sviluppo del delirio”.
Un problema diffuso e ancora senza cura
Il delirio colpisce un anziano ospedalizzato su quattro ed è associato a:
Nonostante la gravità, non esistono trattamenti specifici. Il nuovo studio aiuta finalmente a chiarire i meccanismi biologici alla base della condizione.
Biomarcatori nel sangue predicono il rischio con anni di anticipo
I ricercatori hanno analizzato 32mila campioni di sangue della UK Biobank, raccolti fino a 16 anni prima che le persone sviluppassero delirio. Hanno identificato:
Questi risultati indicano che la condizione può essere prevedibile molti anni prima del primo episodio clinico.
PON3: una proteina che potrebbe proteggere dal delirio
Tra i risultati più promettenti, lo studio identifica la proteina PON3 come possibile fattore protettivo. Poiché PON3 è coinvolta nel metabolismo delle statine, gli scienziati ipotizzano che alcune terapie già disponibili potrebbero essere “riproposte” per prevenire il delirio. “Le nuove evidenze suggeriscono che vulnerabilità cerebrale, infiammazione sistemica e del sistema nervoso giocano un ruolo fondamentale – conclude Albert Tenesa, professore di genetica quantitativa -. Si aprono nuove strade di ricerca sia sul delirio sia sul legame con la futura demenza”.
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