In un’intervista a Sanità Informazione, Loredana Ligabue, segretaria CARER-ETS, passa al setaccio la proposta di legge ‘Locatelli’ sui caregiver: criteri di accesso discriminatori, sostegni economici irrisori, assenza di servizi di sollievo e nessuna tutela per chi lavora
“La proposta del ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, non rappresenta una svolta”. È la premessa di Loredana Ligabue, segretario CARER-ETS che, in un’intervista a Sanità Informazione, ripercorre le richieste storiche dei caregiver, diritti per i quali le Associazioni di categoria si battono da anni. “La discussione attuale – aggiunge Ligabue – non può prescindere dalla strada percorsa finora”. Il segretario CARER-ETS ricorda, infatti, come più di dieci anni fa CARER propose alla Regione Emilia-Romagna la prima legge italiana dedicata ai caregiver familiari, poi approvata nel 2014. Da lì il tema entrò nel dibattito nazionale: nel 2016 arrivarono le prime proposte di legge in Parlamento, e nel frattempo ben tredici regioni hanno adottato proprie normative. Nel 2017, la legge 205 riconobbe per la prima volta questa figura attraverso i commi 254 e 255.
L’accordo del 2019 e la frenata della nuova legislatura
Un momento chiave, secondo Ligabue, fu il 2019, quando tutte le forze politiche convergevano su un testo condiviso. Ma la pandemia e il successivo scioglimento delle Camere interruppero il percorso. Con la nuova legislatura, tutto fu rimesso in discussione. La ministra Locatelli ha promosso un tavolo “tecnico”, ma secondo Ligabue “non si è mai arrivati a una reale convergenza“. E sottolinea, ad oggi non esiste un documento ufficiale su cui esprimere una valutazione compiuta”.
Un testo incompleto e anticipazioni preoccupanti
Pur senza un documento definitivo, le anticipazioni trapelate delineano una proposta che, per Ligabue, presenta elementi “inadeguati, discriminatori e distanti dalla realtà”. La preoccupazione nasce già dal criterio che privilegia il caregiver convivente prevalente. La convivenza, spiega, non è il vero indicatore del carico di cura: molte persone assistono familiari che vivono altrove, ma con un impegno continuo e pesantissimo.
Il nodo delle 91 ore: un criterio senza basi
Un altro punto critico riguarda l’obbligo di dimostrare almeno 91 ore settimanali di assistenza. “È un numero privo di fondamento – afferma Ligabue -. Le modalità di cura sono diverse – sorveglianza attiva, passiva, assistenza diretta – e occorrono criteri per misurarle. Senza definizioni chiare, il rischio è quello di un meccanismo di autocertificazione ambiguo e difficilmente verificabile”.
Un sostegno economico che non sostiene
Il contributo previsto – circa 400 euro mensili – risulta, secondo Ligabue, “puramente simbolico. Rapportato alle quasi 400 ore di cura richieste, il riconoscimento scende a circa un euro per ogni ora. Oltre a questo, i vincoli di accesso (reddito personale sotto i 3mila euro lordi e ISEE familiare sotto i 15mila) trasformano la misura in un intervento di assistenza economica, non in un riconoscimento dell’impatto del lavoro di cura. Non è una legge per i caregiver – evidenzia – ma di fatto una misura di contrasto alla povertà”.
L’assenza dei servizi di sollievo, il vero tallone d’Achille
Ciò che manca completamente, sottolinea, è ciò di cui i caregiver hanno più bisogno: servizi e in primo luogo servizi di sollievo. “Non chiediamo sostituzioni integrali ma la possibilità di riposare, andare da un medico, uscire una sera. Senza sollievo, il sistema si spezza”. Secondo Ligabue, se i caregiver si fermano, si ferma l’intero welfare informale che regge una parte enorme delle cure in Italia.
I caregiver che lavorano: i grandi dimenticati
La proposta non contiene alcun riferimento alla conciliazione tra cura e lavoro. “Eppure moltissime persone lottano per mantenere un’occupazione – ricorda Ligabue – sia per dignità sia per autonomia economica a poi il Paese non può permettersi di perdere la loro partecipazione al mercato del lavoro”. Anche sul fronte previdenziale non emergono tutele. Ligabue aggiunge che la cancellazione di “opzione donna” ha aggravato ulteriormente la situazione delle lavoratrici caregiver, già più esposte per ragioni di genere.
Le alternative: partire da ciò che funziona
CARER-ETS propone soluzioni già sperimentate sul campo, a partire dai servizi di sollievo, dichiarati la vera priorità. “A questi – spiega – vanno affiancati strumenti per favorire la conciliazione vita-lavoro, costruiti con le parti sociali, e misure fiscali e previdenziali che riconoscano il valore della cura. Centrale è anche la richiesta di evitare criteri basati sulla sola convivenza e di definire un sistema equo per valutare il carico di assistenza”. Infine, Ligabue considera “gravissimo” che parte delle risorse previste provengano dal Fondo per la disabilità e l’inclusione: “una contraddizione enorme che toglie fondi a chi ha bisogno di assistenza”.
Una legge che dialoghi con le Regioni
Ligabue insiste sulla necessità che la futura legge nazionale non cancelli ma valorizzi le esperienze regionali già consolidate. “L’Italia dispone di modelli funzionanti, che vanno riconosciuti e integrati in un quadro nazionale coerente”, dice il segretario CARER-ETS. La conclusione di Ligabue è un appello forte e diretto: “Abbiamo oltre sette milioni di caregiver. Sostengono ogni giorno un sistema che senza di loro crollerebbe. Dopo quindici anni di attesa meritano risposte reali, servizi veri, tutele concrete. Non riconoscimenti simbolici o misure assistenziali camuffate da riforma”.
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