Salute 20 Novembre 2025 11:08

Fecondazione in vitro. Studio italiano suggerisce valore soglia per interpretare immaturità ovociti

Un’analisi su oltre 16.000 cicli di fecondazione in vitro suggerisce che un’elevata percentuale di ovociti immaturi può indicare un possibile difetto di maturazione

di Redazione
Fecondazione in vitro. Studio italiano suggerisce valore soglia per interpretare immaturità ovociti

Recuperare più del 50% di ovociti immaturi è raro, ma può suggerire difetti di maturazione. Un riferimento utile per pazienti e medici.

Uno studio italiano chiarisce un dato che molti pazienti incontrano nei referti dei trattamenti di fecondazione in vitro, spesso fonte di dubbi e preoccupazioni: la percentuale di immaturità ovocitaria dopo stimolazione ovarica.

Una ricerca del gruppo Genera, pubblicata lo scorso 14 novembre sul Journal of Assisted Reproduction and Geneticsin collaborazione con il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Lazzaro Spallanzani” dell’Università di Pavia, ha analizzato 16.155 cicli IVF realizzati in oltre dieci anni presso Clinica Valle Giulia e oggi ne conosciamo i risultati.

Dopo stimolazione ovarica, una percentuale di immaturità ovocitaria pari al 20% sembrerebbe fisiologica, è pertanto normale che non tutte le cellule uovo abbiano completato la maturazione al momento del prelievo.

Gli autori propongono una soglia del 51% di ovociti immaturi nei cicli con almeno cinque ovociti recuperati. Il suo superamento non equivale a diagnosticare un difetto di maturazione, ma indica una probabilità aumentata che l’immaturità non sia attribuibile alla sola variabilità fisiologica. Si tratta comunque di un’evenienza rara: riguarda il 3,6% delle pazienti che effettuano almeno un ciclo di PMA, con una prevalenza complessiva del 7,8% qualora si effettuino fino a tre tentativi.

Per gli esperti il valore-soglia proposto può contribuire a leggere con maggiore chiarezza i dati e a valutare l’eventualità di recuperare oociti immaturi per l’uso clinico mediante un pratica nota come maturazione in vitro di rescue (rescue-IVM). “Definire un indicatore condiviso può aiutare a interpretare un dato che spesso genera incertezza” spiega Danilo Cimadomo, Professore dell’Università di Pavia e collaboratore scientifico del Gruppo Genera. “Nella PMA” aggiunge Laura Rienzi, Professoressa dell’Università di Urbino e Direttore Scientifico del Gruppo Genera “questo indicatore può rappresentare anche un criterio di qualità: riduce l’incertezza, orienta le decisioni e trasforma la complessità dei dati embriologici in conoscenza utile per la cura. Quando i parametri sono interpretabili in modo condiviso, le pazienti possono partecipare alle decisioni con maggiore consapevolezza”.

Lo studio ha inoltre identificato associazioni tra elevati livelli di immaturità ovocitaria e alcune caratteristiche del protocollo di stimolazione ovarica, quali stimolazioni più brevi di 11 giorni, intervalli dall’induzione dell’ovulazione all’inseminazione ovocitaria inferiori a 39 ore, e il recupero di ovociti da follicoli di piccolo diametro al momento dell’induzione dell’ovulazione. Queste evidenze contribuiscono a definire i fattori biologici e procedurali che possono influenzare la maturazione ovocitaria.

Il warning limit, ricordano gli autori, non ha valore diagnostico, ma rappresenta un riferimento utile per standardizzare la lettura dei parametri embriologici, monitorare le performance di laboratorio e selezionare sottogruppi per studi su protocolli di maturazione in vitro per il recupero di ovociti immaturi (rescue-IVM).

“La ricerca e l’applicazione clinica della rescue-IVM ha risentito finora della mancanza di criteri condivisi per candidare le coppie a questa pratica” precisa il professor Cimadomo. “Un valore soglia basato su dati real-world offre uno strumento interpretativo solido” conclude la professoressa Rienzi. “Standardizzare la lettura dell’immaturità significa rafforzare la qualità delle decisioni cliniche e rendere più trasparente il dialogo con le pazienti”.

In un quadro in cui cresce l’accesso ai percorsi di PMA e le società scientifiche richiedono maggiore uniformità nei criteri embriologici, un riferimento statistico basato su grandi numeri rappresenta un contributo significativo alla qualità e alla standardizzazione dei percorsi di cura.

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