Presentati a Roma la “Carta d’IDHentità dei gliomi di basso grado IDH mutati” e un Manifesto dedicato che definiscono in modo univoco identità clinica, bisogni e priorità di queste rare neoplasie cerebrali
Sono tumori rari, silenziosi, che colpiscono giovani adulti nel pieno della loro vita. Tumori “a lenta ma inesorabile crescita”, difficili da riconoscere e, fino a ieri, privi di opzioni terapeutiche realmente personalizzate. Oggi, però, per i gliomi di basso grado IDH mutati si apre una stagione inedita: nasce a Roma la “Carta d’IDHentità”, strumento pensato per delineare i tratti unici di queste neoplasie e favorire diagnosi tempestive, percorsi chiari, presa in carico multidisciplinare. Accanto alla Carta, un Manifesto ne sintetizza i bisogni e le priorità, chiamando a raccolta Società scientifiche, associazioni dei pazienti e Istituzioni. Per il trattamento dei gliomi di basso grado è un momento di passaggio: l’arrivo delle terapie target anti-IDH, appena approvate anche in Europa, rappresenta un cambio di paradigma che porta la neuro-oncologia dentro la medicina di precisione. Ma la terapia, da sola, non basta: servono percorsi, centri specializzati, riabilitazione e sostegno lungo tutta la traiettoria di malattia.
“Tumori rari del giovane adulto”: identikit di una malattia complessa
I gliomi di basso grado IDH mutati sono tumori cerebrali che, nonostante l’aspetto “a bassa aggressività”, non restano mai immobili. “Parliamo di neoplasie rare, circa una su 100mila persone l’anno, che tendono a manifestarsi in pazienti giovani – spiega il Dr. Enrico Franceschi, coordinatore delle linee guida AIOM per i tumori cerebrali -. Sono tumori a lenta crescita, ma non per questo indolenti. Hanno una peculiarità genetica: la mutazione dei geni IDH1 e IDH2, finora utile solo per dare un nome alla malattia. Da un anno, però, quella stessa mutazione è diventata bersaglio terapeutico”.
Chirurgia, radio-chemioterapia e terapie mirate
“Molti pazienti si presentano al Pronto Soccorso per una crisi epilettica o alterazioni neurologiche. Sintomi che magari si erano già affacciati in maniera lieve – un déjà vu, un episodio strano – ma che diventano improvvisamente rilevanti. La diagnosi inizia con la TAC e si conferma con la risonanza magnetica”. Ad oggi, l’iter terapeutico è scandito da tre presidi fondamentali. “La chirurgia è il primo passo – ricorda Franceschi -. Serve a togliere il più possibile il tumore e a fornire al patologo un tessuto che permetta di definire con precisione nome, cognome e caratteristiche genetiche della malattia”. Ma la radicalità non è sempre possibile. Ecco allora radio e chemioterapia, trattamenti che garantiscono lunghi periodi di controllo – anche 10-15 anni – ma possono comportare effetti collaterali a lungo termine, soprattutto cognitivi e sulla fertilità. Negli ultimi anni, però, la ricerca ha cambiato prospettiva. “Ci siamo concentrati su terapie ad azione mirata sulla mutazione IDH – aggiunge -. Oggi disponiamo di farmaci in grado di agire sull’alterazione biologica chiave di questi tumori. Il primo, vorasidenib, è stato approvato ieri dall’EMA: il suo obiettivo è posticipare il ricorso a radio-chemioterapia, trattamenti efficaci ma invasivi. È un passo decisivo che porta la neuro-oncologia nella medicina di precisione”.
Cosa manca davvero ai pazienti
Accanto all’innovazione terapeutica, resta il nodo cruciale dei percorsi. I pazienti con gliomi di basso grado vivono una malattia lunga, complessa, spesso con ripercussioni psicologiche, sociali e lavorative. “Non sempre riusciamo a garantire un corretto inquadramento clinico né un supporto continuo – spiega la Dr.ssa Veronica Villani, coordinatrice del Gruppo di Studio in Neuro-Oncologia della SIN -. Mancano percorsi diagnostici-terapeutici chiari e omogenei. Questo crea inequità di accesso alle cure, sia tra regioni diverse sia all’interno della stessa regione”. Da qui l’importanza di un Manifesto e della Carta d’IDHentità: “È una azione concreta – sottolinea Villani -. Un team di esperti ha definito i punti chiave per la gestione di questi malati. Ora servono le Istituzioni, le associazioni dei pazienti e le società scientifiche per trasformare questi documenti in realtà operativa, in percorsi validi e applicabili ovunque”.
La chiave per ridurre la disabilità
Secondo Villani, la parola chiave è una sola: multidisciplinarietà. “I pazienti devono essere inviati a centri ad alta specialità, dove esista un team dedicato e attrezzato per gestire tutti gli aspetti della malattia – spieg -. Non solo la terapia: anche i sintomi, la riabilitazione motoria, la riabilitazione cognitiva. Parliamo di tumori rari ma con una sopravvivenza lunga, e ridurre la disabilità è fondamentale per la qualità di vita”.
La medicina di precisione
L’oncologia di precisione cambia radicalmente la prospettiva. “È una sfida nuova e cruciale – afferma Villani -. Vuol dire non trattare genericamente la patologia, ma colpire la mutazione responsabile della progressione. Vuol dire curare il singolo paziente, con un farmaco progettato per la sua malattia. È ciò che abbiamo visto in altre aree oncologiche, e oggi finalmente arriva anche nei gliomi di basso grado”. Dopo la Carta d’IDHentità, il Manifesto, le terapie mirate, l’alleanza tra clinici e pazienti, il passo successivo è chiaro: rendere accessibile, uniforme e sostenibile la presa in carico.
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