Sanità 13 Novembre 2025 11:35

Ricerca scientifica, da spesa a investimento strategico: istituzioni, scienziati, pazienti e industria a confronto

Durante l’incontro “Il valore della ricerca: innovare per curare, investire per crescere”, tenutosi presso l’Istituto Luigi Sturzo con il contributo non condizionante di Pfizer, è emerso un messaggio chiaro: la ricerca non è un costo, ma un investimento strategico per la salute e per lo sviluppo del Paese

di Isabella Faggiano
Ricerca scientifica, da spesa a investimento strategico: istituzioni, scienziati, pazienti e industria a confronto

“La ricerca non è una spesa, ma un investimento strategico”: è questo il messaggio che ha attraversato come un filo rosso l’evento ‘Il valore della ricerca: innovare per curare, investire per crescere’, tenutosi presso l’Istituto Luigi Sturzo, con il contributo non condizionante di Pfizer. L’incontro ha riunito rappresentanti delle istituzioni, della scienza, dell’industria e dei pazienti, a testimonianza di quanto la ricerca sia oggi un tema cruciale non solo per la salute pubblica, ma anche per la competitività economica del Paese. Investire in ricerca, infatti, significa rafforzare il Servizio Sanitario Nazionale, attrarre competenze e costruire un futuro più sostenibile e innovativo. Ma per farlo, serve superare ostacoli strutturali come burocrazia, frammentazione e lentezza dei processi autorizzativi.

RIVEDI L’EVENTO

Investire nella ricerca per migliorare le cure e l’economia

Impegnato all’estero, Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ha inviato un videomessaggio per aprire i lavori. “L’ISS è il massimo organo pubblico impegnato nella ricerca biomedica e i dati mostrano che l’impegno dei nostri ricercatori sta portando a una crescita esponenziale. Le nostre pubblicazioni sono citate cinque volte in più della media nazionale”, ha sottolineato. Bellantone ha ricordato che dove si fa ricerca di qualità, si garantiscono anche cure migliori: “Risparmiare sulla ricerca non è solo un danno per i pazienti, ma anche un errore economico. Ogni euro investito genera risparmi fino a dieci volte superiori”.

Semplificare per rendere l’Italia più competitiva in Europa

A prendere il timone è stato, poi, Guido Rasi, già direttore esecutivo dell’EMA e oggi consulente del Ministero della Salute, evidenziando le differenze tra l’Italia e gli altri ecosistemi europei. “Il nostro Paese ha competenze e centri di eccellenza, ma soffre una governance troppo frammentata. La Spagna, ad esempio, ha saputo semplificare le regole e creare un modello competitivo”. Secondo Rasi, il principale ostacolo è la gestione dei dati e della privacy, ancora interpretata in modo eccessivamente rigido e disomogeneo: “Due comitati etici, anche se distano cento metri, possono dare pareri diversi sullo stesso studio. Serve uniformità per essere attrattivi”. Ha poi annunciato l’imminente pubblicazione del modello di contratto unico per le sperimentazioni cliniche, promosso insieme al Ministero della Salute: “Uno strumento che potrà aiutare a ridurre i tempi e a favorire una maggiore partecipazione dei centri italiani alla ricerca clinica di qualità”.

Verso una governance nazionale della ricerca biomedica

Sul fronte istituzionale, Graziano Lardo, Direttore Generale della Ricerca e dell’Innovazione in Sanità del Ministero della Salute, ha confermato che il dicastero è al lavoro per costruire una regia unica della ricerca biomedica. “Mettere ordine in anni di normative frammentarie e contraddittorie è il primo passo per semplificare procedure autorizzative e reclutamento – ha detto -. Abbiamo quasi completato un decreto che metterà a sistema la governance della ricerca sanitaria, con attenzione anche al tema della privacy e dell’intelligenza artificiale”. Lardo ha poi annunciato l’intenzione di rivedere la programmazione triennale della ricerca, allineandola meglio al Piano nazionale della ricerca e al Piano sanitario nazionale. Infine, ha lanciato un appello sulla stabilizzazione dei ricercatori precari: “Abbiamo oltre mille giovani che rischiano di lasciare il Paese. Se li perdiamo, regaliamo all’estero anni di esperienza e competenze preziose”.

Costruire un ecosistema più forte e interconnesso

La senatrice Maria Domenica Castellone, vicepresidente del Senato e componente della Commissione Affari Sociali, ha ricordato che l’Italia investe ancora troppo poco in ricerca: “L’1,5% del PIL, contro una media europea superiore al 2%, e gran parte di questo investimento arriva dai privati”. Tre, secondo Castellone, le priorità per il futuro: “Investire di più, valorizzare il lavoro dei ricercatori e creare un ecosistema nazionale che metta in rete le nostre eccellenze. Per questo stiamo lavorando al Libro Bianco della ricerca, un documento condiviso tra i ministeri della Salute e dell’Università che definirà gli obiettivi strategici del Paese”.

Il ruolo attivo dei pazienti come parte integrante della ricerca

A chiudere la sessione, Dominique Van Doorne, tesoriere e responsabile scientifico dell’Accademia del Paziente Esperto EUPATI, ha ricordato il valore della partecipazione attiva dei pazienti nei processi di ricerca. “Il progetto EUPATI forma pazienti esperti in ricerca e sviluppo dei farmaci. Sono persone che, grazie alla conoscenza, diventano parte integrante del processo scientifico. Nelle malattie rare, in particolare, il loro contributo è indispensabile. Non è giusto che altri decidano per loro: devono essere ascoltati e coinvolti fin dall’inizio”.

Razionalizzare, semplificare e valorizzare: le priorità emerse nella tavola rotonda

Dalla razionalizzazione delle risorse alla semplificazione normativa, dal partenariato pubblico-privato alla valorizzazione del capitale umano, il professor Guido Rasi ha riassunto i principali spunti emersi nella tavola rotonda ‘Sfide, evidenze e prospettive per la ricerca in Italia’. “La prima parola chiave affiorata – ha spiegato Rasi – è razionalizzazione delle risorse. Non si tratta solo di avere più fondi, ma di utilizzarli in modo strategico e coerente”. Molti direttori scientifici hanno segnalato come spesso sia difficile spendere i fondi disponibili: “Esistono perfino avanzi, perché la normativa che regola l’uso delle risorse è troppo complessa o non adeguata al fine che si propone”. Da qui nasce il tema della semplificazione, uno dei punti cardine anche del tavolo ministeriale sulla ricerca clinica.

Rivedere i criteri di valutazione per orientare la qualità

“Si dà troppo peso all’impact factor delle pubblicazioni, senza considerare elementi come l’arruolamento dei pazienti o l’impatto clinico reale degli studi”, ha osservato Rasi. Serve dunque “un sistema di valutazione più aderente alla missione clinica e più utile a orientare la qualità e la sostenibilità della ricerca. Abbiamo bisogno di fonti alternative di finanziamento, che affianchino e integrino quelle pubbliche – ha sottolineato Rasi –. Oggi, purtroppo, il venture capital è scarso in Europa e quasi assente nel nostro Paese”. Secondo Rasi, serve superare la diffidenza verso l’industria per creare un ecosistema di fiducia e co-progettazione: “Da noi il privato viene ancora percepito come commercialmente inappropriato. Ma se non valorizziamo il contributo industriale, non potremo mai rendere attrattivo il nostro sistema”.

Valorizzare il capitale umano e fermare la fuga dei talenti

“In Italia non esiste un vero percorso formativo per il ricercatore clinico né una carriera riconosciuta per chi lavora in ricerca, che sia medico, infermiere o amministratore – ha spiegato Rasi –. Le retribuzioni sono poco competitive, così formiamo ottimi professionisti che poi vanno all’estero”. Servono quindi politiche di attrattività, formazione specifica e riconoscimento del ruolo del ricercatore come figura strategica per l’innovazione. “Abbiamo enormi quantità di dati sanitari che non vengono usati per prendere decisioni informate – ha osservato Rasi –. Serve un cambio di passo nell’interoperabilità e nella gestione dei dati clinici, anche per favorire pubblicazioni e nuove evidenze”.

Verso un quadro normativo unico e integrato

Rasi ha spiegato che il tavolo ministeriale, giunto al terzo anno, ha completato una revisione sistematica della normativa, analizzando anche modelli europei: “Possiamo così verificare in tempo reale a quale livello – linee guida, decreto, legge – intervenire per semplificare e armonizzare il quadro normativo”. L’obiettivo, ha concluso, è “arrivare a un testo unico sulla ricerca clinica, che razionalizzi le norme e semplifichi i percorsi. Il punto di arrivo – ha ribadito Rasi – è integrare la ricerca clinica nel sistema sanitario nazionale. Solo così la ricerca potrà diventare un motore strutturale di innovazione, qualità e sostenibilità del nostro servizio sanitario”.

La nuova agenda della ricerca: governance e reti per un Rinascimento scientifico

Il tema dell’integrazione è stato al centro anche del secondo Talk della giornata ‘La nuova agenda della ricerca tra governance e reti’. David Della Morte Canosci, consigliere del Ministro per la Ricerca medico-scientifica, ha evidenziato che solo una ricerca in rete può essere competitiva. “Dobbiamo far sì che università, enti di ricerca e aziende lavorino insieme e condividano dati e conoscenze. Solo una ricerca aperta, con dati trasparenti e accessibili, può generare valore”. Ha ricordato inoltre i nuovi dottorati cofinanziati tra pubblico e privato come strumento per far circolare competenze e idee.

Coordinare le reti e ampliare la visione della ricerca

Fidelia Cascini, responsabile della segreteria scientifica di presidenza dell’Istituto Superiore di Sanità, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di un coordinamento efficace tra reti di ricerca e sistemi di monitoraggio, per evitare duplicazioni e dispersione di risorse: “La ricerca oggi deve abbracciare anche ambiente, tecnologia e salute pubblica, con una visione ampia e interdisciplinare”.

Andrea Lenzi, presidente del CNR, ha ribadito che la competitività passa anche dalla semplificazione amministrativa: “Non possiamo essere competitivi se per acquistare un sequenziatore genetico servono mesi di burocrazia. Serve una normativa più agile per liberare il potenziale dei nostri scienziati”.

La ricerca come volano economico e sanitario

Barbara Capaccetti, direttore medico di Pfizer Italia, ha evidenziato che investire in ricerca clinica genera benefici moltiplicativi sul sistema sanitario nazionale e sul PIL: “Paesi che investono in ricerca registrano un PIL più alto, in modo proporzionale”.  La nostra pipeline a livello globale include attualmente 101 progetti di ricerca. In Italia sono in corso 83 studi clinici, che coinvolgono 1.630 pazienti, con una forte concentrazione nell’area oncologica. Il 35% degli studi riguarda le Fasi I e II dello sviluppo clinico, definite di “Early Development”, le fasi più complesse in termini legislativi e operativi che garantiscono ai pazienti un accesso precoce ai trattamenti innovativi.  Nel quinquennio 2020 – 2024, Pfizer ha cumulato oltre 337 milioni di euro di investimenti in R&S, con un impegno incrementale che solo nel 2024 ha registrato una crescita del 18,4%. Tali investimenti hanno generato nel nostro paese un impatto economico complessivo pari a 764 milioni di euro con un moltiplicatore sul PIL di 2,27 determinato dall’impatto diretto sui pazienti, dai costi indiretti e dall’indotto generato sull’economia nazionale.

Reti, governance e visione: la via italiana alla leadership europea

Nel terzo talk, ‘Prospettive della ricerca scientifica e delle reti’, dedicato alle prospettive della ricerca e delle reti, Guido Rasi ha ribadito la necessità di una rete nazionale solida e di una governance meritocratica: “Abbiamo le competenze, ma dobbiamo unire le forze. Il CNR e gli IRCCS possono essere i pilastri di questa rete, se dotati di strumenti adeguati”. Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, ha rimarcato l’importanza di una partecipazione consapevole dei pazienti: “Il loro coinvolgimento diretto nei processi decisionali rende la ricerca più credibile e vicina alle persone”.

Rafforzare la cooperazione internazionale per crescere

Antonio Giordano, Direttore Istituto Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, Philadelphia, ha indicato nella collaborazione tra Italia e Stati Uniti un modello virtuoso per accelerare la ricerca oncologica e trattenere i giovani talenti: “Non manca il talento, manca un sistema che lo valorizzi”. Barbara Capaccetti ha evidenziato la necessità di ridurre tempi e burocrazia, promuovendo piattaforme di dati condivisi e partnership collaborative tra accademia, industria e associazioni di pazienti. “Una ricerca più rapida, trasparente e partecipata è anche una forma di responsabilità collettiva”, ha ricordato.


Nelle conclusioni, Guido Rasi ha lanciato un appello: “Serve una visione condivisa, una governance stabile e la volontà di fare rete. Solo così potremo costruire il Rinascimento della ricerca italiana”. L’incontro ha tracciato la rotta verso un modello di ricerca integrato, meritocratico e orientato al futuro, dove pubblico, privato, pazienti e giovani lavorano insieme per dare valore al Paese e fiducia ai cittadini.


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