Uno studio italiano rivela un nuovo meccanismo di immunosoppressione esercitato dal parassita Leishmania infantum in grado di inibire uno dei principali fattori di neuroinfiammazione nell’Alzheimer
Il parassita Leishmania infantum, responsabile della leishmaniosi viscerale, è in grado di inibire uno dei principali fattori di neuroinfiammazione nella malattia di Alzheimer. In particolare, il parassita può influenzare il funzionamento delle cellule della microglia, le cellule del cervello coinvolte nella risposta immunitaria: quando queste cellule vengono stimolate con il peptide ß-amiloide (una sostanza associata alla malattia di Alzheimer), il parassita riesce a bloccare un importante meccanismo infiammatorio chiamato inflammasoma NLRP3. A scoprirlo è uno studio dell’Università Statale di Milano, pubblicato sul Journal of Neuroinflammation.
I meccanismi molecolari del parassita per sopprimere l’infiammazione
Il gruppo di ricerca ha osservato che Leishmania infantum può invadere e persistere all’interno delle cellule microgliali (i macrofagi residenti del cervello) senza attivarle, riducendo la produzione di IL-1ß, IL-18, TNF-a e ossido nitrico neurotossico. Inoltre, per la prima volta, sono stati identificati i meccanismi molecolari messi in atto dal parassita per sopprimere l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3 nella microglia, grazie ad approcci di biologia cellulare, molecolare e parassitologica avanzata con tecniche di imaging quantitativo ad alta risoluzione, tra cui immunofluorescenza, microscopia confocale e live-cell imaging, e imaging flow cytometry, per analizzare i processi di attivazione dell’inflammasoma in microglia infettate. Sono state utilizzate microglia primarie murine e linee microgliali immortalizzate, stimolate con peptide ß-amiloide (Aß) per indurre una risposta neuroinfiammatoria e successivamente infettate con Leishmania infantum.
Un nuovo meccanismo di immunosoppressione
Parallelamente, sono state impiegate tecniche di parassitologia molecolare e di editing genomico per generare un ceppo transgenico di Leishmania infantum in grado di esprimere simultaneamente marcatori fluorescenti e bioluminescenti, utili per il monitoraggio in tempo reale dell’infezione e della localizzazione intracellulare del parassita. Sono stati inoltre analizzati diversi parametri infettivi, tra cui tasso di invasione, sopravvivenza intracellulare e persistenza nelle cellule microgliali. In sintesi, il lavoro rivela un nuovo meccanismo di immunosoppressione esercitato da Leishmania infantum sulla microglia e propone il parassita come modello biologico naturale per lo sviluppo di strategie innovative contro la neuroinfiammazione associata alla malattia di Alzheimer.
Aperta la strada a nuove strategie terapeutiche
“Abbiamo voluto capire se i meccanismi immunosoppressivi che il parassita Leishmania infantum ha sviluppato per sopravvivere nei macrofagi dell’ospite durante la leishmaniosi viscerale potessero offrire nuovi spunti per controllare la neuroinfiammazione associata all’Alzheimer, in particolare – commenta Estefanía Calvo Alvarez, ricercatrice del dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari Rodolfo Paoletti dell’ateneo e prima autrice dello studio – attraverso la via dell’inflammasoma NLRP3, oggi considerata un target terapeutico promettente. Per questo abbiamo studiato la microglia, le cellule immunitarie residenti del cervello, che svolgono un ruolo cruciale nella risposta infiammatoria esagerata tipica della malattia. I nostri risultati mostrano che il parassita è in grado di silenziare selettivamente queste vie infiammatorie, aprendo la strada a strategie terapeutiche ispirate ai suoi meccanismi naturali di regolazione immunitaria”.
Allo studio l’attività neuroprotettiva dei parassiti
Sulla base di questi risultati, il gruppo di ricerca intende ora valutare l’attività neuroprotettiva dei parassiti e dei loro fattori immunomodulanti in modelli animali di Alzheimer, per verificare la possibilità di sviluppare nuove strategie terapeutiche bio-ispirate in grado di regolare in modo selettivo l’attivazione microgliale e l’inflammasoma NLRP3. Parallelamente, i ricercatori puntano a identificare le molecole di Leishmania infantum responsabili dell’effetto anti-infiammatorio, con particolare attenzione ai fattori di virulenza noti per le loro proprietà immunomodulanti e immunosoppressive, che il parassita utilizza per favorire la propria sopravvivenza e instaurare un’infezione cronica.
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