Alla Seconda Conferenza RAR-ITA di Napoli, Sarknos rilancia un messaggio chiaro a clinici e istituzioni: mettere la persona, non la malattia, al centro delle scelte di cura
Tra ricerca scientifica, politica sanitaria e vita quotidiana dei pazienti con tumore raro, emerge un bisogno fondamentale: essere ascoltati come persone, non essere considerati ‘numeri’. È questa la visione che ha attraversato la Tavola Rotonda dedicata alle Associazioni pazienti, tenutasi nell’ambito del convegno “RARITÀ in Sanità, horizon scanning della rarità in oncologia”, svoltosi di recente a Napoli. L’Associazione Sarknos, rappresentata dalla Vicepresidente Eva Utzeri, ha portato la voce dei pazienti con sarcomi dei tessuti molli in un dialogo serrato con clinici, ricercatori e rappresentanti istituzionali. Una voce lucida e ferma, che ricorda a tutti come la scienza da sola non basti, se non incontra le persone e i loro bisogni. “Il mondo scientifico e quello delle Istituzioni devono impegnarsi non solo nella ricerca clinica e farmacologica, ma anche nel comprendere quali sono le esigenze effettive dei pazienti affetti da tumori rari – ha sottolineato Utzeri -. Dalla diagnosi al percorso di cura, fino al sostegno psicologico e ai problemi legati alla tossicità finanziaria della malattia, l’impatto è complesso e profondo, non solo per il singolo ma per tutto il contesto familiare e sociale”.
Le reti oncologiche come chiave di equità e prossimità
Uno dei temi centrali del confronto è stato il ruolo delle reti oncologiche nazionali ed europee, strumenti fondamentali per garantire a ogni paziente un accesso tempestivo e appropriato alla cura. “La rete oncologica – spiega Utzeri – è un sistema articolato destinato, attraverso la interazione dei vari soggetti coinvolti nella diagnosi e nella cura, a supportare il paziente dalla diagnosi alla terapia, avviandolo ai centri specializzati per giungere più rapidamente a un trattamento adeguato e multidisciplinare. Questo consente non solo di migliorare le possibilità di cura, ma anche di erogarla meglio e più efficacemente anche in un contesto più vicino al domicilio abituale del paziente”. Una visione che si lega strettamente all’esperienza della rete europea ERN EURACAN, nata nel 2017 per i tumori rari solidi dell’adulto. “Le reti permettono di mettere in relazione operatori sanitari di diversi Paesi per condividere conoscenza, esperienze cliniche e risorse – ha ricordato Utzeri – Così i pazienti europei possono avere accesso alle cure migliori, alla diagnosi precoce e ai farmaci innovativi”. Ma, come precisa con pragmatismo, non tutte le Regioni italiane sono allo stesso livello: “Mentre in Lombardia e in alcune altre regioni la rete funziona in modo efficiente o, comunque si registrano stadi avanzati di costruzione della rete, altrove si fatica ancora a costruirla. È necessario superare queste disuguaglianze per non lasciare indietro nessuno.”
Ricerca, partecipazione, empowerment: il triangolo della speranza
Durante la Tavola Rotonda, il tema del coinvolgimento dei pazienti nella ricerca clinica ha acceso un confronto vivace tra le associazioni presenti — tra cui Tutor, Italian Sarcoma Group e Sarknos. “Spesso è difficile condurre studi clinici sui nuovi farmaci per i tumori rari – ha spiegato Utzeri -. Per i tumori rari i numeri dei pazienti reclutati per la ricerca sono bassi, e questo talvolta limita la possibilità di sperimentare trattamenti innovativi. Le associazioni possono avere un ruolo cruciale anche nel sensibilizzare e informare i pazienti, favorendo la loro partecipazione agli studi clinici e farmacologici”. Ma la partecipazione non si esaurisce nella sperimentazione: è un modo per restituire al paziente una parte di sé, una voce, un potere decisionale. “La diagnosi di cancro sconvolge la vita della persona, crea una frattura: c’è un prima e un dopo,” ha ricordato Utzeri. “Cambiano l’identità, il corpo, la famiglia, il lavoro. Per questo è fondamentale che il paziente sia coinvolto nei processi di cura, che ritrovi un equilibrio, un senso di appartenenza e di controllo”. Da qui nasce il concetto di empowerment, inteso come partecipazione attiva e consapevole alla propria cura. “Alcuni studi hanno dimostrato che il coinvolgimento dei pazienti aumenta la soddisfazione, l’aderenza alle terapie e quindi la sopravvivenza – ha aggiunto -. Il ruolo delle associazioni è proprio quello di favorire questo approccio, promuovendo il benessere globale della persona”. Per questo Sarknos sostiene con forza la formazione della figura di ‘paziente esperto’, capace di dialogare con istituzioni, reti oncologiche e enti regolatori. “Il paziente informato può sedersi ai tavoli decisionali e farsi portavoce dei bisogni reali. È un passaggio fondamentale per una medicina davvero personalizzata e condivisa.”
Guardare avanti: più ricerca, più risorse, più umanità
Sul futuro, Eva Utzeri è chiara: servono investimenti, cooperazione e visione. “Il cuore del problema, specialmente per i tumori rari — che poi così rari non sono — è la ricerca scientifica. Occorre assicurare risorse adeguate ai centri di eccellenza e alle reti oncologiche, nazionali ed europee, per migliorare diagnosi e cura ovunque il paziente si trovi”. E conclude con un messaggio che sintetizza l’anima della missione di Sarknos: “Il paziente non è un caso clinico né un numero statistico. È una persona, con bisogni specifici che il sistema sanitario deve saper ascoltare e rispettare. Solo partendo da questo confronto costante, informato e consapevole, possiamo migliorare la qualità della vita e l’orizzonte della sopravvivenza”.
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