Anche l’occhio ha la sua “pelle”: si chiama congiuntiva ed è una membrana trasparente e sottile che riveste la parte bianca del bulbo oculare e l’interno delle palpebre. Per questo, proprio come la pelle delle nostre mani, braccia, gambe, schiena e di tutto il resto del corpo, può essere colpita da melanoma. In particolare, dal melanoma congiuntivale, una forma rara ma aggressiva di tumore maligno che rappresenta solo lo 0,25% dei melanomi e colpisce circa una persona ogni milione all’anno nei Paesi occidentali. In Italia l’incidenza è molto bassa, ma clinicamente rilevante per la complessità della diagnosi e della gestione terapeutica. La buona notizia? È visibile a occhio nudo e, a differenza del più noto melanoma uveale – che si sviluppa all’interno e non può essere osservato o prevenuto – può essere individuato e trattato tempestivamente.
La Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è punto di eccellenza per la cura di questo raro tumore, dove esiste una struttura dedicata alla chirurgia oncologica oculare. Il trattamento è affidato a un’équipe multidisciplinare che lavora in stretta sinergia – oculisti, oncologi, patologi e radioterapisti – per costruire percorsi terapeutici su misura. Tra gli approcci disponibili, anche soluzioni conservative come la brachiterapia che consente, in molti casi, di evitare l’asportazione del bulbo. “Seguiamo ogni fase, dalla diagnosi alle terapie sistemiche, passando per chirurgia e radioterapia, con un’attenzione particolare alla salvaguardia dell’organo e alla funzionalità visiva – spiega la dottoressa Martina Angi, direttrice della Struttura Semplice di Chirurgia Oncologica Oculare dell’ Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – . Tecnologie avanzate come l’analisi molecolare delle lesioni, ci permettono di affrontare con efficacia anche i casi più difficili.”
La malattia può manifestarsi come una macchia pigmentata sulla congiuntiva, oppure come una lesione chiara (amelanotica), più difficile da notare. Le forme multifocali, che si manifestano con lesioni in più punti della superficie oculare, derivano spesso da una condizione precancerosa chiamata PAM (melanocitosi acquisita primaria). L’accertamento avviene con visita oculistica oncologica dove alla biomiscropia con lampada a fessura viene associato imaging ad alta risoluzione come OCT o UBM.
“L’occhio non è la pelle – avverte Angi –. Rimuovere lesioni in modo inappropriato può comportare gravi conseguenze e una gestione errata può portare a interventi radicali, fino alla perdita dell’organo nei casi avanzati”. Per questo motivo è cruciale affidarsi fin da subito a centri con competenze specifiche. Il primo atto chirurgico può fare la differenza.
Come per la cute, anche la congiuntiva è esposta ai raggi ultravioletti: indossare occhiali da sole con filtri UVA/UVB è una forma di protezione essenziale. Inoltre, scattare fotografie alle eventuali lesioni può essere d’aiuto, specie in attesa della visita specialistica. “Molti smartphone oggi offrono immagini di ottima qualità che possono fornire un valido supporto diagnostico” – sottolinea Angi. Nel caso di lesioni non pigmentate, spesso rimosse pensando ad una patologia degenerativa benigna (come ad esempio lo pterigio), la diagnosi di melanoma può emergere inaspettata dall’esame istologico. In assenza di immagini o documentazione topografica preoperatoria, risulta però poi complicato individuare le aree da trattare con radioterapia adiuvante.
La prevenzione non può aspettare. Se noti una macchia scura nell’occhio, rivolgiti subito al tuo oculista per un controllo e, se confermata la presenza di una lesione sospetta, chiedi l’invio in centri qualificati per la patologia oncologica oculare e documenta la lesione con fotografie.
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