«Da grande voglio fare il dottore». Ma come si fa? Dal liceo agli ECM, la guida per “essere” medici

È uno dei percorsi formativi più lunghi, complessi e ricchi di ostacoli, ma “chi medico vuol divenire, un pochino deve soffrire”… Ecco tutto quello che c’è da fare per intraprendere la carriera più bella del mondo

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«Da grande voglio diventare un dottore». Quanti medici hanno iniziato la loro carriera così? Indossando il grembiule scolastico a mo’ di camice bianco, giocando all’allegro chirurgo e con stetoscopi o martelletti di plastica, rivelavano a genitori pieni di aspettative e di speranze il desiderio di intraprendere quella che, per molti, è la carriera più bella del mondo. Ma una volta che le scatole dei giochi vengono trasferite in cantina e magari si continua a sognare di salvare la vita di migliaia di persone appassionandosi a serie TV o film, si inizia anche a pensare più concretamente «Come si diventa medici?».

IL LICEO AD INDIRIZZO BIOMEDICO

Nato otto anni fa al Liceo Leonardo Da Vinci di Reggio Calabria, da settembre l’indirizzo biomedico sarà presente in cento licei scientifici e classici. Il percorso inizia dal triennio e si articola in 150 ore gestite dai docenti di scienze della scuola e dai medici indicati dagli Ordini provinciali, a cui si aggiungono esperienze pratiche in reparti ospedalieri, centri trasfusionali o strutture laboratoriali esterne. Il 98% degli studenti del Liceo Da Vinci che ha tentato il test di medicina è riuscito a superarlo senza frequentare ulteriori corsi di preparazione. Ma il 40% ha cambiato letteralmente strada, dimostrando quindi anche le finalità di orientamento che l’indirizzo biomedico può avere.

LEGGI L’INTERVISTA ALLA DIRIGENTE SCOLASTICA DEL LICEO DA VINCI GIUSEPPINA PRINCI 

L’ACCESSO ALLA FACOLTA’ DI MEDICINA: IL NUMERO CHIUSO

Le facoltà di medicina e chirurgia sono, come la maggior parte degli indirizzi a carattere scientifico, a numero chiuso. Significa che ogni anno solo un numero prefissato di studenti può immatricolarvisi, superando un test d’ingresso e collocandosi in una posizione idonea in graduatoria. Il test consiste in 45 quesiti a risposta multipla di cultura generale e logica, biologia, fisica, chimica e matematica, da svolgere in un’ora e mezza.
Il sistema dell’accesso programmato a medicina è stato introdotto in Italia nel 1997 per far fronte all’aumento spropositato di studenti che sceglievano questa facoltà, che impediva da un lato la garanzia di un certo standard qualitativo dell’istruzione universitaria e dall’altro la possibilità che i laureati trovassero facilmente un posto di lavoro. Da quel momento l’opinione pubblica si è divisa tra coloro che sono favorevoli al numero chiuso e chi invece ne contesta la legittimità, mettendo anche in campo il diritto costituzionale allo studio.
Molti studenti che non riescono a superare il test tentano la via del ricorso al tribunale amministrativo per irregolarità procedurali o imprecisioni nei quesiti del test, che ha permesso a tanti di iscriversi con riserva. Altrimenti, tanti aspiranti medici decidono di iscriversi in facoltà alternative (come scienze biologiche o biotecnologie), frequentare il primo anno e sostenere gli esami previsti che poi, se l’anno successivo si riesce a superare il test per medicina, potranno essere convalidati avvalendosi del famoso “articolo 6”. In questo modo, non si perderà un anno.

L’UNIVERSITA’

Dopo aver superato il test ed essersi immatricolati, inizia il vero e proprio percorso che porta all’agognato camice bianco. Il corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia dura sei anni e prevede il conseguimento di 360 CFU (crediti formativi universitari), da ottenere superando gli esami (il cui numero varia di ateneo in ateneo) e svolgendo un periodo di tirocinio presso policlinici universitari, aziende ospedaliere, presidi ospedalieri di aziende Asl, ambulatori di un medico di medicina generale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. Una volta completato il percorso, si procede con la discussione della tesi di laurea, che conferisce il titolo di “dottore magistrale in medicina e chirurgia”. Si deve quindi superare l’esame di abilitazione per l’esercizio della professione, iscriversi all’Ordine dei Medici della propria provincia e pronunciare il famoso giuramento di Ippocrate. A quel punto, sono due le strade che si aprono davanti ai neo-medici: la scuola di specializzazione o il corso di formazione in medicina generale.

GUARDA L’INTERVISTA DOPPIA: MATRICOLA VS LAUREANDA

LA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE

Le scuole di specializzazione sono corsi universitari “post lauream” che hanno lo scopo di formare specialisti. Sono divise in tre aree (medica, chirurgica e dei servizi clinici) ed esistono, quindi, scuole per ogni specialità: dermatologia, pediatria, ginecologia, medicina interna, cardiochirurgia, neurologia, medicina legale, eccetera. Anche l’accesso alle scuole di specializzazione è a numero programmato: per essere ammessi occorre superare un concorso nazionale per titoli ed esami bandito annualmente dal Ministero dell’Istruzione. I posti messi a bando, tuttavia, sono inferiori rispetto al numero dei laureati. È così che si forma il cosiddetto “imbuto formativo”: poiché non tutti i neo-medici riescono ad iscriversi alla scuola di specializzazione subito dopo la laurea, coloro che non riescono ad accedervi tenteranno l’anno dopo; in questo modo, tuttavia, i candidati al concorso successivo saranno ancor di più, ma si contenderanno lo stesso numero di posti. Si crea quindi un circolo vizioso da cui è difficile uscire, finché il numero delle borse non sarà considerevolmente aumentato o l’intero sistema di accesso verrà riformato.
Il percorso formativo varia, a seconda della specializzazione, dai due ai cinque anni. Una volta entrati, si inizia a lavorare nel reparto a cui si è stati assegnati, spesso per molte più ore rispetto a quelle previste dal contratto e svolgendo veri e propri turni massacranti: è questo uno dei problemi principali che gli specializzandi denunciano. Durante gli anni della specializzazione si percepisce una retribuzione annua di circa 26mila euro; gli specializzandi sono inoltre esentati dal pagamento dell’IRPEF, non sostengono gli oneri assicurativi per i rischi professionali e godono di contributi versati per ogni anno di specializzazione.

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IL CORSO DI FORMAZIONE SPECIFICA IN MEDICINA GENERALE

A differenza degli specialisti, coloro che intendono diventare medici di medicina generale non devono seguire una specializzazione presso un’università ma un corso di formazione specifica di durata triennale organizzato dalle Regioni cui si accede superando un concorso regionale. Il percorso formativo prevede attività seminariali svolte in aula con i docenti e attività pratiche da svolgere presso reparti ospedalieri, Pronto Soccorso, Asl e studi di medicina generale. I medici in formazione specifica ricevono una borsa di studio pari a circa 11mila euro l’anno, su cui pagano l’IRPEF e che non vengono calcolati ai fini pensionistici. Infine, pagano i contributi e provvedono a proprio carico alla copertura assicurativa per i rischi professionali.

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GLI ECM

ECM è l’acronimo di Educazione Continua in Medicina. È il sistema di aggiornamento professionale obbligatorio per tutti i medici: è fondamentale infatti che il medico si tenga continuamente formato e informato sugli sviluppi della medicina, le innovazioni tecnologiche e le novità diagnostiche e terapeutiche. Ogni medico deve quindi conseguire, ogni triennio, 150 crediti ECM frequentando congressi, convegni, corsi o seminari residenziali (a cui quindi si partecipa fisicamente) oppure seguendo dei corsi FAD (Formazione a Distanza) su provider debitamente registrati e riconosciuti dagli enti responsabili dell’aggiornamento professionale dei medici.

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di I.F.