ECM 25 Ottobre 2018 12:48

ECM, Righetti (OMCeO Latina): «Quando in UK dissero: tutti i medici devono saper comunicare con i propri pazienti…»

Il Presidente dell’Ordine del Medici di Latina spiega le differenze di funzionamento del sistema tra l’Italia e gli altri paesi: «In Italia ogni regione ha un proprio sistema. È uno dei pochi sistemi con una banca dati di un milione e mezzo di professionisti della sanità, le difficoltà sono inevitabili»

Il sistema della formazione continua per i medici (ECM) non è una prerogativa solo italiana. In Italia, dal 2001, ogni medico deve accumulare un totale di 150 crediti nell’arco di tre anni, equivalenti a 200 ore di formazione per triennio. Sistemi simili esistono anche in altri Paesi europei come Austria, Francia, Belgio e Regno Unito. Ma molte sono le differenze da Paese a Paese, tra chi prevede l’obbligatorietà e forme di incentivazioni, oppure sul meccanismo organizzativo. Abbiamo approfondito l’argomento con Giovanni Maria Righetti, presidente dell’OMCeO di Latina: «È un processo ormai irreversibile – spiega Righetti a Sanità Informazione -. Un conto è applicare un simile sistema al Belgio o alla Slovenia dove ci sono 10-15mila medici, un conto è applicarlo in Italia. Con l’aggravante che noi abbiamo 21 Regioni e ogni Regione ha un proprio sistema. Ancora c’è almeno la metà delle Regioni che ha un sistema di accreditamento dell’ECM differente dagli altri. Ci sono difficoltà obiettive dovute non solo in campo sanitario in Italia ma anche in tante altre situazioni sociali e storiche».

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Presidente, prima sottolineava un dato. Sulla formazione continua ci sono stati dei miglioramenti, ma ancora vediamo che i dati ci segnalano un ritardo. È anche una questione di mentalità, lei diceva, se metà dei nostri colleghi dopo la laurea non riapre più un libro. Vorrei chiederle una sua personale esperienza su un contesto diverso da quello italiano.

«Il processo che è iniziato nel 2001 grazie all’intervento degli Ordini dei Medici è lungo anche perché siamo 450mila medici. Un conto è applicare un sistema al Belgio o alla Slovenia dove ci sono 10-15mila medici, un conto è applicarlo in Italia. Con l’aggravante che noi abbiamo 21 regioni e ogni regione ha un proprio sistema. Ancora c’è almeno la metà delle regioni che ha un sistema di accreditamento dell’ECM differente dagli altri. In Italia ci sono difficoltà obiettive non solo in campo sanitario ma anche in tante altre situazioni sociali e storiche. Poi è uno dei pochi sistemi con una banca dati di un milione e mezzo di professionisti della sanità. Questo è un unicum molto bello ma indubbiamente pone dei problemi di gestione e di sostenibilità del sistema anche economico. Per quanto riguarda invece i contenuti, i valori che vengono portati da questo processo ormai irreversibile (perché è difficile che qualsiasi governo possa tornare indietro) è che sicuramente si arriverà a una rivalidazione, se vogliamo chiamarla così, che negli altri paesi è iniziata. Come ricordavo nel Regno Unito questa rivalidazione è iniziata 5-6 anni fa, ero presente quando ci fu la comunicazione a tutti i responsabili della formazione del Regno Unito, con il capo di questa iniziativa, di questo sistema regolatore, che disse: al primo punto di una rivalidazione, di una riabilitazione c’è che tutti i medici devono saper comunicare con i propri pazienti. Questo è un qualcosa, ad esempio, che non si insegna oggi compiutamente nel corso di laurea all’università ed è un problema lamentato da molti cittadini. Non c’è una buona comunicazione tra paziente e medico. Ci sono alcuni aspetti che con la rivalidazione potrebbero essere valorizzati a beneficio dell’assistenza, dei medici stessi e di tutti i professionisti sanitari».

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Cosa si può fare per migliorare la situazione? Sono circolate alcune ipotesi: sanzioni, esclusione dall’albo, oppure meccanismi premiali come scatti di carriera o meccanismi che possano privilegiare alcuni medici certificati…

«Io non credo che possano essere applicati già da adesso meccanismi punitivi, premianti o sanzionatori. Per tutte le problematiche che ho posto prima, per l’enormità del sistema occorre che ci siano degli anni in cui si perfezioni il sistema formativo, si risolva il problema dei docenti che non si vedono riconosciute le loro docenze perché il sistema non lo permette. Occorre ancora migliorare il contenuto e la qualità del sistema. Io penso che ci voglia ancora qualche anno, ma questa è la via. Non occorre mettere delle date dicendo ‘dall’anno prossimo la formazione ECM è obbligatoria’. Il sistema evolverà in qualcosa che farà bene sia ai medici che ai cittadini e all’intero mondo della sanità».

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