Sanità internazionale 15 Febbraio 2016 16:30

Sanità internazionale

Zika, task force europea per un vaccino

Aedes aegypti, è questo il nome della zanzara vettore di malattie quali dengue, febbre gialla e chikungunya, ma soprattutto del famigerato virus Zika, causa di un’epidemia di portata mondiale, sempre più al centro dell’attenzione mediatica. Al momento, il Paese più colpito dal virus è il Brasile, con più di un milione di contagi da aprile 2015 ad oggi, seguito dalla Colombia. I sintomi sono apparentemente poco allarmanti: di solito febbre per una settimana e sfoghi cutanei; a preoccupare sono gli oltre 400 casi di microcefalia registrati (grave malformazione neurologica pre-parto che comporta una significativa riduzione del volume del cranio e del cervello nei neonati), più altri 3670 in attesa di conferma, che sembrano strettamente e irrimediabilmente correlati al virus. Il 30 gennaio scorso, il Ministero della Salute brasiliano ha riferito di 4.783 casi di microcefalia e/o malformazioni del sistema nervoso centrale, con 76 morti infantili. Inoltre, il virus potrebbe aver causato anche un caso di una malattia neurologica in un adulto statunitense. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di emergenza, preoccupato dal rapido aumento dei contagi che potrebbe raggiungere quota 3-4 milioni; l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha chiesto ai Paesi più colpiti di garantire alle donne contagiate il diritto all’aborto; l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha risposto istituendo una task force di esperti per la ricerca e lo sviluppo di farmaci o vaccini. Il virus è già presente in 33 Paesi nel mondo, di cui 21 nel continente americano e diversi casi anche in Europa: 4 italiani, 3 inglesi, 2 spagnoli, 5 tedeschi, più un altro caso ancora in Danimarca. Inoltre, in questi ultimi giorni sono stati registrati un primo caso in Cina, due casi di trasmissione tramite trasfusione di sangue in Brasile e il primo caso di contagio per via sessuale in Texas. La paura di una diffusione globale dell’epidemia cresce.

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