Salute 26 Giugno 2020 16:16

“Tasso di rilassamento”, cos’è e perché secondo Oxford in Italia non ci sarà una seconda ondata

Secondo lo studio della Blavatnik School di Oxford, sotto la soglia dei 70/100 si rischiano nuovi focolai. Chi ha allentato troppo in fretta le misure ne sta pagando le conseguenze, in Italia per ora non succede

“Tasso di rilassamento”, cos’è e perché secondo Oxford in Italia non ci sarà una seconda ondata

Con più di 25 mila contagi si entra a far parte dei Paesi più colpiti dalla pandemia di coronavirus. Attualmente se ne contano 45, tra cui l’Italia. Di questi, 21 nelle ultime quattro settimane hanno allentato, più o meno parzialmente, le misure di sicurezza e di lockdown, e ora 10 rischiano una seconda ondata di epidemia. È quanto emerge da un’analisi effettuata dal Guardian con il supporto dei ricercatori della Blavatnik School of Government dell’università di Oxford. Il nostro Paese, però, non risulta in pericolo.

Alla base della ricerca c’è il cosiddetto “tasso di rilassamento” o di rigore. Si tratta di un indice che stabilisce la forza delle misure di distanziamento al quale il singolo Paese è sottoposto. Se si trova al di sotto di 70/100, lo Stato si considera “rilassato” e quindi potenzialmente a rischio. Anche se non in tutti i casi un allentamento ha avuto come risultato l’aumento dei contagi. I ricercatori hanno catalogato la risposta del virus in sei categorie.

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La prima, che riguarda 10 Paesi, è quella dei “rilassati e in aumento” e raggruppa chi rischia maggiormente una seconda ondata di Covid-19. Tra questi Stati Uniti, Iran, Germania, Svizzera e Arabia Saudita. Qui con l’aumento dell’indice di rilassamento anche il tasso di riproduzione del virus (Rt) si è alzato a causa di nuovi focolai. Secondo il professore di politica pubblica Thomas Hale, si tratta di tutti quei Paesi che in Asia e Europa sono riusciti prima a contenere i casi e, di conseguenza, a uscire prima di tutti dai vari lockdown.

«Abbiamo anche visto – ha detto – chi si è mosso rapidamente per uscire dalle misure di blocco perché i costi economici erano diventati troppo grandi, come l’India. Molti hanno fermato i blocchi prima di arrivare a soddisfare le condizioni raccomandate dall’Oms».

L’Italia, insieme con la Spagna, rientra invece nella categoria “relaxed and recovering”, rilassati e ancora in calo. Sono 11 i Paesi in questa categoria, che hanno portato l’indice di rilassamento sotto ai 70/100 ma vedono ancora i casi in discesa. Non solo chi ha allentato misure molto severe, come il nostro Paese, ma anche Stati che hanno osservato misure più “soft” per tutto il tempo, come la Bielorussia.

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Sia Italia che Spagna, che da sole hanno registrato quasi mezzo milione di casi e 62 mila morti, continuano a registrare ogni settimana casi in calo di oltre un quarto, nonostante l’allentamento sia stato approntato già da un mese. Gli esperti raccomandano comunque prudenza. Martin Knee, professore di sanità pubblica alla London School of Hygiene & Tropical Medicine, ha detto: «Allentare le restrizioni può essere sicuro se l’incidenza dell’infezione è stata portata a livelli molto bassi e se si mantiene uno standard solido nei sistemi di ricerca, test, tracciabilità e isolamento».

Restano poi quei Paesi che sono ancora sotto lockdown, con indice compreso tra 70 e 80 e che riportano un aumento di casi, tra cui il Brasile. Per contro ci sono Irlanda, Regno Unito e Russia tra gli altri che, nonostante i nuovi contagi siano in discesa, preferiscono mantenere ancora alto il rigore delle misure.

La situazione più grave è esemplificata dalla categoria “in aumento nonostante il blocco”. Qui il lockdown è ancora forte, le misure somigliano a quelle che l’Italia ha adottato a marzo eppure i casi continuano a salire. Paesi come Bolivia, Argentina e Colombia si trovano al centro della loro prima effettiva ondata. L’Argentina, dopo essersi chiusa prestissimo, ora con un allentamento molto leggero delle misure ha visto quadruplicare i casi. La Cina, presa a modello per sconfiggere il virus, nelle ultime settimane ha rivisto dei focolai interni di una certa importanza.

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«Le politiche di lockdown si sono dimostrate essenziali – ha proseguito Hale – per spezzare la catena dell’infezione. Queste misure fanno guadagnare tempo ai governi per mettere in atto politiche di test e tracciabilità, aumento della capacità sanitaria e altro di cui abbiamo bisogno a lungo termine».

«La domanda chiave è: in che modo i governi hanno utilizzato il tempo che hanno acquistato a grandi spese? Se i governi ritirano le misure troppo rapidamente, senza aver messo in atto politiche protettive, è probabile che rischino una seconda ondata di casi», ha concluso.

 

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