Salute 10 Maggio 2018 12:06

«Studiando la paura abbiamo ‘inventato’ i farmaci betabloccanti». Intervista esclusiva al Premio Nobel Robert Lefkowitz

Le sue ricerche sui recettori hanno svelato cosa succede a cellule e organi sottoposti a stimoli esterni: perché, ad esempio, l’adrenalina aumenta la frequenza cardiaca. Lo scienziato americano spiega a Sanità Informazione: «Tutto questo può essere utilizzato per aiutare pazienti cardiopatici, ipertesi o asmatici con i farmaci antagonisti o betabloccanti»

di Cesare Buquicchio – Inviato a Bologna
«Studiando la paura abbiamo ‘inventato’ i farmaci betabloccanti». Intervista esclusiva al Premio Nobel Robert Lefkowitz

Chiave e serratura. Un meccanismo semplice, che conosciamo tutti, è utile per capire perché il nostro organismo reagisce in un particolare modo in presenza di stimoli esterni. È questa infatti l’analogia utilizzata dal Nobel per la chimica nel 2012 Robert Lefkowitz per spiegare cosa succede nelle nostre cellule e nel nostro corpo quando abbiamo paura. Ha ottenuto il prestigioso premio per i suoi studi sui recettori accoppiati a proteine G, ed è proprio grazie ai risultati delle ricerche sulle reazioni delle cellule quando entra in circolo, ad esempio, l’adrenalina, che sono nati i farmaci betabloccanti. L’adrenalina fa infatti aumentare la frequenza cardiaca e per aiutare i pazienti cardiopatici, ad esempio, a tenere sotto controllo il battito, basterà fare in modo che l’adrenalina non entri nelle cellule. Come? Rompendo la chiave nella serratura, per mantenere la metafora: bloccando l’ingresso dei recettori con farmaci chiamati, appunto, betabloccanti.

Professor Lefkowitz, può spiegarci cosa succede nel nostro corpo quando abbiamo paura?

«Quando un essere umano ha paura secerne adrenalina dalle ghiandole surrenali. L’adrenalina entra in circolo e cerca di individuare degli organismi “bersaglio”, fondamentalmente il cuore e i vasi. Una volta raggiunta la superficie di questi organi, l’adrenalina stimola delle reazioni. Il cuore, ad esempio, inizia a battere di più, siamo in grado di correre più velocemente e ci sentiamo più forti. Ci aiuta, quindi, ad avere la risposta giusta allo stimolo esterno».

In che modo l’adrenalina si interfaccia con gli organi?

«Sulla superficie del cuore ci sono dei recettori, chiamati recettori adrenergici, che riconoscono l’adrenalina. È come se l’adrenalina fosse una chiave e i recettori la serratura da aprire: la funzione del recettore è proprio quella di riconoscere l’adrenalina, non fanno altro. Nel momento in cui l’adrenalina entra nella serratura, la modifica, ne cambia la forma. A quel punto l’adrenalina sarà in grado di aumentare la frequenza cardiaca e causare altri effetti sul nostro organismo».

Ma quali sono le implicazioni terapeutiche di questo meccanismo? 

«Tutto questo può essere utilizzato in pazienti cardiopatici, ipertesi o asmatici, perché anche durante un attacco asmatico l’adrenalina ha un ruolo, visto che ci sono dei recettori anche sulle vie aree. Se abbiamo, ad esempio, un soggetto iperteso e non vogliamo che la sua frequenza cardiaca aumenti, possiamo utilizzare dei farmaci che entrano nella nostra serratura e, proprio come una chiave che si rompe, ne bloccano l’ingresso. Sono farmaci, questi, antagonisti o betabloccanti, proprio perché la loro funzione è impedire che l’adrenalina si leghi ai recettori e che l’organismo reagisca in quel modo».

Questo meccanismo avviene solo con la paura?

«Il nostro organismo utilizza un sistema complesso di recettori. Abbiamo migliaia di recettori che sono quindi fondamentali per individuare le sostanze chimiche e mediare, ad esempio, la capacità di vedere, la capacità di esercitare il senso del gusto o dell’odorato. Pertanto il meccanismo che entra in moto con la paura è solo uno dei modi in cui i recettori entrano in azione nel nostro organismo».

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