Salute 14 Gennaio 2020 08:00

Nuovo coronavirus in Cina, Simit: «Nessun rischio prevedibile in Italia»

Primo decesso in Cina a causa di un nuovo coronavirus. L’epidemia sembra destinata a rimanere circoscritta ad una diffusione locale. «Il fenomeno sarà comunque meritevole di un’attenta sorveglianza ma non abbiamo elementi per pensare che questo nuovo virus possa significativamente coinvolgerci» sottolinea il presidente Simit Marcello Tavio

La misteriosa polmonite virale che si sta diffondendo in Cina ha causato il primo morto e grande apprensione. Si è pensato, infatti, ai i precedenti di SARS e MERS, ma gli infettivologi rilevano una scarsa trasmissione del virus da persona a persona e l’epidemia sembra destinata a rimanere circoscritta ad una diffusione locale.

«La notizia del primo decesso causato in Cina da un nuovo coronavirus – spiega il Professor Massimo Galli, Past President SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) ha portato a una serie di richieste di chiarimento rispetto alle quali la comunità scientifica si mette a disposizione. Le informazioni disponibili sono ancora limitate – ammette – ma dagli elementi raccolti si desume che l’area interessata sia quella di Wuhan, una città della Cina centrale; che i casi diagnosticati sarebbero, al 10 gennaio, almeno 59, di cui 15 confermati in laboratorio; che la maggior parte dei pazienti avrebbe frequentato mercati in cui erano in vendita animali vivi, selvatici e domestici; che la trasmissione interumana – cioè da persona a persona – del virus sarebbe scarsa o comunque non ancora ben definita. L’appartenenza del virus alla famiglia dei Coronaviridae – precisa – sarebbe provata dal sequenziamento del virus in due diversi laboratori in Cina. Da quanto è dato sapere il virus non è simile né a quello della SARS, né a quello della MERS, ma sarebbe più affine ad altri virus della stessa famiglia isolati in pipistrelli.

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QUALI SONO I RISCHI EFFETTIVI IN ITALIA?

In merito al nuovo virus, né l’OMS, né i CDC hanno ritenuto necessario prendere provvedimenti particolari. L’epidemia, se verrà confermata la scarsa attitudine del virus alla trasmissione interumana, potrebbe rimanere circoscritta ad una diffusione locale e solo episodica. «Siamo tuttavia di fronte alla conferma che lo scrigno di Pandora è sempre colmo e che riserva continue sorprese – evidenzia il Prof. Galli. – Il fenomeno sarà comunque meritevole di un’attenta sorveglianza».

«In Italia, i reparti di malattie infettive garantiscono la presenza sul campo di una rete di specialisti in grado di identificare precocemente il manifestarsi di nuove infezioni –  conferma Marcello Tavio, Presidente SIMIT – Anche se non abbiamo elementi per pensare che questo nuovo virus possa significativamente coinvolgerci, il mantenimento di questa rete è comunque importante come strumento di protezione per la popolazione tutta».

I PRECEDENTI DI SARS E MERS

«I Coronaviridae – spiega la Simit – sono una vasta famiglia di grossi virus a RNA. Almeno sei specie virali diverse si sono dimostrate in grado di infettare l’uomo. Le due che hanno suscitato più allarme sono il virus della SARS, che è emerso in Cina nel 2002 ed ha causato una fiammata epidemica che, facilitata nella diffusione dai collegamenti internazionali per via aerea, è stata responsabile di 8098 casi con 774 decessi, per poi spegnersi nell’arco di pochi mesi. Il serbatoio del virus è risultato un pipistrello, Rhinolophus ferrumequinum, il cui areale di distribuzione si estende dall’estremo oriente a tutta l’Europa meridionale e al Nord Africa. Dopo il 2003 non sono più stati osservati casi di SARS. Il virus della MERS è stato isolato per la prima volta a Londra nel 2012 in un paziente con una grave sindrome respiratoria proveniente dal Medio Oriente. Alla fine dello scorso novembre ne erano stati registrati in tutto 2494 casi, con 858 morti. La maggioranza dei casi (2102) è stata osservata in Arabia Saudita. A differenza della SARS, la MERS tende a causare quadri respiratori gravi prevalentemente in pazienti già portatori di problemi clinici di rilievo, ed ha continuato a ripresentarsi negli ultimi anni con uno stillicidio di casi. Un’unica, importante epidemia, con 185 casi accertati, si è verificata in Corea a partire da un caso importato ospedalizzato. È stato provato che i dromedari hanno un ruolo nella diffusione del virus, anche se il serbatoio originario non è stato ancora individuato.

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