Salute 28 Febbraio 2020 18:22

Coronavirus, quando la professione è una missione. Da Vo’ Euganeo la storia del giovane sostituto del medico di famiglia in quarantena

Dall’imbuto formativo alla prima linea in campo, il dottor Paolo Simonato: «Non ho avuto dubbi, dovevo fare la mia parte»

Coronavirus, quando la professione è una missione. Da Vo’ Euganeo la storia del giovane sostituto del medico di famiglia in quarantena

Come spesso accade, e la storia insegna, è nei momenti più difficili per una comunità che il valore del singolo emerge e può fare la differenza. Dallo scoppio dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, tutti a vario titolo sono stati chiamati a fare la loro parte, ma alcuni sono stati portati a fare scelte difficili, a mettersi in gioco sul serio, a trovarsi faccia a faccia col senso vero di una scelta di vita fatta anni prima: quella di intraprendere la professione di medico. Un caso emblematico è la storia del dottor Paolo Simonato, un giovanissimo camice bianco in continuità assistenziale, che ha scelto di sostituire uno dei medici di famiglia di Vo’ Euganeo attualmente in quarantena preventiva. Ecco come è andata: «Alcuni pazienti del medico che sto sostituendo erano risultati positivi al Covid-19, e si è ritenuto opportuno procedere con la quarantena –racconta il dottore. – L’emergenza è scoppiata venerdì, e fino a sera si è stati in dubbio su come procedere. Mi è poi arrivata questa richiesta di adesione a partecipare come volontario per sopperire a questa carenza, e la domenica stessa ho preso servizio».

Alla domanda su cosa lo abbia spinto ad accettare un incarico rischioso, il dottore ci risponde: «Quando è stato scoperto il focolaio di Vo’ io mi trovavo fuori dall’Italia. Il venerdì sera – spiega – quando è scoppiato il caos, sono stati i miei colleghi di continuità assistenziale a fronteggiare per primi l’emergenza, perché i medici di famiglia smontano alle 20. A parte la comprensibile confusione iniziale, e l’assenza di dispositivi di protezione, ho visto i miei colleghi, che sono quasi tutti miei coetanei, gestire la situazione con grande padronanza e coraggio. Ho capito – continua il giovane dottore – di non potermi tirare indietro, e di voler fare la mia parte. Ho preso servizio alle 7 del mattino del lunedì e ho lavorato praticamente per 48 ore consecutive, tra la continuità assistenziale, la sostituzione a Vo’ e le pratiche burocratiche da seguire. Gli ultimi certificati di malattia sono stati rilasciati verso mezzanotte».

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Il dottor Simonato ci illustra poi come si sta effettivamente svolgendo il suo lavoro in questi giorni critici: «Ci hanno promesso che, essendo nella zona rossa, sarebbero arrivati i famosi dispositivi di protezione individuale. Ci sono arrivati sì, ma molto contati. Motivo per cui – spiega – stiamo cercando di usarli con parsimonia, tenendo sempre però ben presente la nostra sicurezza e quella dei nostri pazienti. Con i colleghi stiamo attuando una strategia comune nella gestione degli assistiti, in primis contingentando gli accessi tramite un triage telefonico seguendo lo schema che ci è stato fornito dalla FIMMG. Cerchiamo di ritagliare il nostro intervento in maniera sartoriale rispetto al paziente che abbiamo davanti. Noi continuiamo ad occuparci di tutto ciò che riguarda la routine assistenziale – precisa il dottore – ma stiamo anche cercando di avviare una collaborazione con il servizio di Igiene che si occupa della campionatura dei tamponi in modo tale da segnalare e ritagliare gli interventi su pazienti delicati come gli oncologici o quelli che hanno di recente subìto operazioni chirurgiche, e cercare di creare un canale preferenziale per queste categorie, perché – aggiunge – il rischio è che entrino in contatto con una persona positiva al virus e la loro situazione di salute si aggravi ulteriormente».

Il caso del giovane dottore Simonato è anche un simbolo di tutte quelle misure che nel nostro Paese sarebbero auspicabili per valorizzare i nostri giovani medici: lui è infatti uno dei tantissimi intrappolati nell’imbuto formativo, oberato dal lavoro nella continuità assistenziale da ormai tre anni e mezzo e per il quale, come lui stesso ammette, «sarebbe difficilissimo trovare anche il tempo di rimettersi a studiare».

E quando gli chiediamo notizie sull’aria che tira oggi a Vo’, ci risponde palesando la sua fiducia in quello che verrà: «La situazione ad oggi è gestibile, la comunità vadense si sta dimostrando ragionevole e collaborativa, e anche noi sostituti siamo stati accolti molto bene dalla popolazione». Rimpianti? «Mai: solo un po’di frustrazione nel dover restare tendenzialmente sul territorio, e di poter entrare e uscirvi solo con un apposito pass. Ma sa, per fortuna, Vo’ ha dei paesaggi spettacolari».

 

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