Professioni Sanitarie 15 Marzo 2019 17:41

Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva: un’eccellenza italiana. Bonifacio (Anupi TNPEE): «Non ci sono professionisti simili in Europa e nel mondo»

«Attraverso un’attività di abilitazione, riabilitazione e prevenzione ci si prende cura delle disabilità dell’età evolutiva, nella fascia di età 0-18 anni, all’interno della cornice teorica del modello biopsicosociale della disabilità proposto dall’Organizzazione Mondale della Sanità», sottolinea il presidente dell’Associazione Nazionale Unitaria TNPEE

di Isabella Faggiano

Se un bambino non riesce a realizzare e conquistare serenamente tutte le tappe necessarie alla sua naturale crescita, a causa di disabilità dovute a ritardi di acquisizione, disturbi o patologie, può chiedere aiuto al Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE). E può farlo solo in Italia. «Sì perché – spiega Andrea Bonifacio, presidente Nazionale dell’Anupi TNPEE, ai microfoni di Sanità Informazione – il terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è una figura unica. Non esiste in nessun Paese d’Europa, e quasi in tutto il mondo, un professionista simile a quello italiano».

Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, attraverso un’attività di abilitazione, riabilitazione e prevenzione, si occupa delle disabilità dell’età evolutiva, nella fascia di età 0-18 anni. «È un’eccellenza nel mondo perché nasce dalla tradizione italiana di unificazione della dimensione neurologica e psichiatrica, con la fondazione dello specialista della neuro-psichiatria infantile in ambito medico – aggiunge Bonifacio -. Il terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è forgiato all’interno di questa cultura, di una storia che privilegia sempre una visione integrata del bambino, che si sviluppa in sinergia con le sue funzioni».

Il TNPEE opera, infatti, nella cornice teorica del modello biopsicosociale della disabilità proposto dall’Organizzazione Mondale della Sanità: pone attenzione alla globalità dello sviluppo, considerando l’equilibrio complessivo e l’integrazione di tutte le funzioni e le competenze, così come l’interazione tra stadio di sviluppo e evoluzione della patologia.

È una figura nata negli anni ’70 e, come molte altre professioni sanitarie, ha dovuto di recente adeguarsi ai nuovi cambiamenti come quelli contenuti nella legge Lorenzin, che ha sancito la costituzione di un albo professionale: «Finora sono circa 4.800 le richieste di iscrizioni al nuovo albo giunte dai nostri professionisti – racconta Andrea Bonifacio -. Si tratta della quasi totalità dei Terapisti che, in Italia, sono stimati intorno alle 5 mila unità».

Un numero di professionisti non elevatissimo se paragonato a quello di altre professioni sanitarie, ma di grande interesse per il mercato del lavoro. «Le competenze del terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva sono molto specialistiche. La sua preparazione – dice Bonifacio – è costantemente sollecitata dalla formazione continua, altra eccellenza italiana, sinonimo di garanzia della qualità delle prestazioni offerte. I professionisti hanno l’obbligo, ma anche l’abitudine di informarsi sulle nuove evidenze scientifiche che vanno poi tradotte in procedure cliniche. Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è da sempre ai primi posti tra le professioni sanitarie, in genere al quinto o sesto gradino della classifica, per la possibilità di trovare una prima occupazione ad un anno dalla laurea – racconta il presidente dell’Anupi TNPEE -. Generalmente si accede in sistemi lavorativi privati o privati-convenzionati. La criticità purtroppo della nostra professione è rappresentata proprio dalla scarsa presenza territoriale a livello pubblico e ospedaliero, anche in servizi essenziali per la popolazione come quelli dedicati alla prevenzione. Ed è proprio in questa direzione che le associazioni di categoria si stanno impegnando già da tempo affinché – conclude il presidente Bonifacio – al terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva sia riconosciuto uno spazio di lavoro adeguato ai bisogni di salute dei cittadini anche nel settore pubblico».

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