Voci della Sanità 2 Settembre 2019 15:12

Congresso europeo cardiologia, Daiichi Sankyo: «Edoxaban sicuro per il trattamento della fibrillazione atriale anche in pazienti molto anziani»

I dati, presentati al Congresso Europeo di Cardiologia in corso a Parigi, dimostrano che i risultati di efficacia e sicurezza dello studio di Fase III ENGAGE AF-TIMI-48 sono stati confermati nella pratica clinica di routine in tutta Europa

Nel campo degli anticoagulanti arrivano ulteriori conferme sull’uso dell’edoxaban. Dopo l’annuncio, arrivato al Congresso EHRA – European Heart Rhythm Association, dello studio EMIT sulla bassa incidenza di sanguinamento e di complicanze tromboemboliche o ischemiche in pazienti anziani affetti da fibrillazione atriale o tromboembolia venosa sottoposti a procedure diagnostiche o terapeutiche, arrivano ulteriori conferme.

Secondo i primi dati real-world a un anno di follow-up su 24.962 pazienti anziani con FANV, non preselezionati, edoxaban è efficace e sicuro per il trattamento della fibrillazione atriale non valvolare anche nei pazienti anziani e molto anziani, con o senza una storia pregressa di emorragia intracranica (ICH), con comorbilità e ad alto rischio cardiovascolare. A dimostrarlo è la bassa incidenza di sanguinamenti maggiori (inclusi ictus emorragico ed emorragia intracranica) che emerge dai dati. «Inoltre – si legge in una nota stampa – i dati specifici europei dimostrano che i risultati di efficacia e sicurezza dello studio di Fase III ENGAGE AF-TIMI-48 sono stati confermati nella pratica  di routine in tutta Europa. I risultati sono stati presentati da Daiichi Sankyo al Congresso Europeo di Cardiologia, in corso a Parigi.

Attualmente il programma globale ETNA-AF è il più grande e completo archivio di dati provenienti dalla pratica clinica quotidiana sull’utilizzo, l’efficacia e la sicurezza di un singolo anticoagulante orale non antagonista della vitamina K (DOAC) in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV). I risultati del Registro ETNA-AF, ad un anno di follow-up, hanno dimostrato che:

  • L’incidenza di sanguinamenti maggiori, inclusi emorragia intracranica (ICH) ed ictus ischemico, così come definiti dall’International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH), è stata generalmente bassa in tutti i gruppi di pazienti, compresi quelli anziani. Nell’anno, i sanguinamenti maggiori si sono verificati nello 0,6% di pazienti di età <65 anni, nello 0,9% di pazienti di età ≥65 e <75 anni, nell’1,2% di pazienti di età ≥75 e < 85 anni e nell’1,8% di pazienti di età ≥85 anni. Emorragie intracraniche si sono verificate nello 0,2% dei pazienti di età <65 anni, nello 0,3% dei pazienti di età ≥65 e <75 anni, nello 0,3% dei pazienti di età ≥75 e < 85 anni e nello 0,3% dei pazienti di età ≥85 anni. Ictus ischemici si sono verificati nello 0,6% dei pazienti di età <65 anni, nello 0,7% dei pazienti di età compresa tra 65 e 75 anni, nello 0,9% dei pazienti di età compresa tra 75 e 85 anni e l’1.3% dei pazienti con età ≥85 anni.
  • La mortalità cardiovascolare e la mortalità per tutte le cause aumentano con l’età, così come ci si aspetterebbe; la mortalità cardiovascolare è stata osservata in proporzione minore rispetto alla mortalità per tutte le cause, in tutti i gruppi di età. Non c’è stato, inoltre, un incremento dell’incidenza di emorragia intracranica con l’aumento dell’età. La mortalità per tutte le cause/ mortalità cardiovascolare si è verificata in 35 (1, 1%) /18 (0,5%) pazienti di età <65 anni, 136(1,8%) /62 (0,8%) di quelli di età tra ≥65 e <75 anni, 275 (3,3%)/116(1,4%) dei pazienti di età ≥75 e <85 anni e 196(8,7%)/76 (3,4%) di soggetti con età ≥85 anni.

«Questi risultati sono importanti perché la prevalenza di fibrillazione atriale non valvolare e il rischio di ictus, e quindi la necessità di anticoagulanti orali, aumentano con l’età», ha spiegato Raffaele De Caterina, professore di Cardiologia, Istituto di Cardiologia dell’Università di Pisa. «Inoltre, i pazienti anziani hanno maggiori probabilità di avere altre comorbilità e di assumere vari farmaci che possono interferire con il trattamento. I dati provenienti da questi pazienti non selezionati supportano la crescente evidenza del positivo profilo di sicurezza di edoxaban e del suo utilizzo come trattamento efficace per pazienti affetti da fibrillazione atriale, anche nei pazienti anziani e molto anziani».

Inoltre, un’ulteriore analisi ad 1 anno di follow-up della differenza negli outcomes tra i soggetti trattati con edoxaban affetti da FA con un’anamnesi di emorragia intracranica (cioè quelli a maggior rischio di ictus, morte e emorragia ricorrente) e quelli senza questa anamnesi ha dimostrato che:

  • L’incidenza dei sanguinamenti maggiori (definizione ISTH), incluse le emorragie intracraniche e i sanguinamenti non maggiori clinicamente rilevanti, è stata generalmente bassa in entrambi i gruppi.
  • Le emorragie intracraniche si sono verificate in 3 (1,2%) pazienti con e 56 (0,3%) pazienti senza questa anamnesi. Ogni anno l’incidenza di ictus ischemici è stata maggiore in pazienti con anamnesi di ICH (6 [2,4%]) rispetto a quelli senza questi precedenti (165 [0,8%]).

«La ricchezza di nuovi dati che abbiamo condiviso al Congresso ESC di quest’anno proviene dal più grande e completo archivio di dati del mondo reale sull’utilizzo di edoxaban. Questi nuovi risultati alimenteranno il programma di ricerca clinica in corso su edoxaban, contribuendo ad espandere la solida base di evidenze sull’efficacia e la sicurezza di questa importante terapia per i pazienti con FA», ha commentato Wolfgang Zierhut, MD, direttore esecutivo del Medical Affairs e capo della sezione Thrombosis and Cardiovascular di Daiichi Sankyo Europa

L’analisi sui pazienti europei

Facendo eco ai dati del registro globale, ulteriori analisi ad un anno di follow-up su 12.574 pazienti con FA e comorbidità, provenienti da dieci paesi europei, hanno dimostrato una bassa incidenza di eventi clinici, sia di sanguinamento che di ictus. Episodi di sanguinamento maggiore si sono verificati nell’1,05% (n=125), emorragia intracranica nello 0,23% (n=28) e qualsiasi ictus o eventi embolici sistemici si sono verificati nello 0,82% (n=98) dei casi. La mortalità per tutte le cause è stata osservata nel 3,55% dei pazienti, e può essere classificata come bassa in un contesto ad alto rischio.2

Quest’analisi confronta i dati al primo anno di follow up su 12.574 pazienti (età media di 73,6 anni) con gli outcomes della coorte europea dallo studio clinico di Fase III ENGAGE AF-TIMI 48,2 che ha valutato la sicurezza e l’efficacia di edoxaban rispetto al warfarin, per la prevenzione di ictus o ictus ed eventi embolici sistemici nei pazienti con FA.4 Nell’ETNA-AF, edoxaban è stato utilizzato in un’ampia gamma di pazienti anziani con FANV. Inoltre, la riduzione della dose al basale tra ETNA-AF e ENGAGE AF-TIMI 48 era simile e nel complesso c’era una buona aderenza (84%) alle condizioni di riduzione posologica approvate in Europa.5

«Il punteggio HAS-BLED più elevato nell’ETNA-AF rispetto all’ENGAGE AF-TIMI 48 suggerisce che, in contesti clinici reali, i medici sono più a loro agio nell’usare edoxaban in pazienti con rischio di sanguinamento più elevato – ha commentato il Prof. Raffaele De Caterina – Questa nuova analisi rafforza il profilo di sicurezza e di efficacia di edoxaban nei pazienti anziani con fibrillazione atriale non valvolare ad alto rischio cardiovascolare, ma suggerisce anche che i risultati di efficacia dello studio ENGAGE AF-TIMI 48 sono ampiamente confermati nella pratica generale».

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