Lavoro 30 Gennaio 2018 13:18

In vigore il “Biotestamento”: cosa cambia per i medici dal 31 gennaio

Dat e ‘biocontratto’ al centro del testo normativo. Immacolato (Consulta bioetica e Responsabile Medicina Legale Asl Toscana Nord Ovest): «Formazione dei medici decisiva. Per la prima volta in Italia diritto positivo che esprime in maniera chiara la imprescindibilità del consenso informato per quanto riguarda la decisione di sottoporsi o meno alle cure»

In vigore il “Biotestamento”: cosa cambia per i medici dal 31 gennaio

Manca ormai poco all’entrata in vigore della legge sul testamento biologico, la 219 del 2017, che sarà operativa dal 31 gennaio 2018. Fulcro della norma sono le Dat, le disposizioni anticipate di trattamento, e il cosiddetto ‘biocontratto’, la pianificazione condivisa di cure, con cui paziente e medico si mettono d’accordo e pianificano in maniera condivisa cure e accertamenti. Il rifiuto di determinati trattamenti è vincolante e deresponsabilizzante, ma per il medico permane l’obbligo di alleviare le sofferenze e il dolore. Il principale obbligo del medico sarà quello del consenso informato, in cui si incontrano, como da disposizione, «l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del   medico». L’informazione, secondo quanto dispone la legge, deve essere effettiva: non a caso la disposizione prevede che i medici siano istruiti e formati anche su come si parla e su come intrattenere i rapporti personali. Adeguate informazioni mediche sono fondamentali per prendere una decisione su un tema così delicato. Una carenza di tali informazioni, fa sì che manchi un presupposto di legge.

DAT
Non sarà il medico a ricevere le Disposizione anticipate di trattamento. È necessario l’atto pubblico, la scrittura privata autenticata o la scrittura privata consegnata in comune. In alcuni casi vale anche la videoregistrazione o l’uso di altri dispositivi. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali: a fronte di tali richieste,  il medico non ha obblighi professionali. L’interessato può decidere il periodo di validità e nominare un proprio fiduciario. Le Dat vanno raccolte nella cartella clinica e nel Fascicolo sanitario elettronico. Ci sono però tre casi in cui il medico può discostarsi dalle Dat: disposizioni assurde, disposizioni non aggiornate alla condizione clinica del paziente e la scoperta di nuove terapie, prima non prevedibili e capaci di migliorare la qualità della vita. In questi casi il medico ha il dovere di discostarsi dalle Dat. Sono valide anche le Dat espresse prima della legge.

BIOCONTRATTO
Accanto alle Dat, la legge predispone una pianificazione concordata tra medico e paziente di cure e accertamenti per decidere insieme come procedere anche in base al possibile evolversi della malattia, soprattutto in caso di malattie croniche degenerative e irreversibili. Fondamentale anche in questo caso una adeguata informazione del paziente.

MINORI
Il consenso informato al trattamento sanitario del minore deve essere espresso o rifiutato dai genitori o dal tutore, tenendo conto della volontà del minore. Idem per la persona interdetta. Nel caso in cui ci sia un amministratore di sostegno, bisogna guardare il decreto di nomina del giudice tutelare e in base a quello il consenso spetta all’amministratore di sostegno o al giudice tutelare.

«È la prima volta in Italia di diritto positivo che esprime in maniera chiara la imprescindibilità del consenso informato per quanto riguarda la decisione di sottoporsi o meno alle cure», sottolinea a Sanità Informazione la dottoressa Mariella Immacolato, direttore di Medicina Legale presso l’Usl Toscana Nord Ovest e nel direttivo della Consulta di Bioetica.

Il 31 gennaio entra in vigore la legge sul biotestamento e ci saranno le prime Dat. Quali adempimenti attendono i medici?

«In primis quello di registrare queste Dat all’interno della documentazione sanitaria, nel Fascicolo sanitario del paziente, ma sarà il paziente a dover produrre le Dat che devono avere l’aspetto formale previsto dalla legge. Il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente che rifiuta le cure. Prima della legge la questione era alquanto dubbia, soprattutto per quanto riguarda le terapie salvavita. Ora la legge fa chiarezza e quindi mette un punto fermo sul fatto che terapie come idratazione e nutrizione possono essere non iniziate o sospese nel caso fossero in atto. Quindi le strutture sanitarie devono organizzarsi per dar seguito a quello che è previsto dalla legge».

È possibile l’obiezione di coscienza?

«Non esiste obiezione di coscienza. Il medico può rifiutare di sospendere il trattamento nel caso ci troviamo in una rianimazione. L’esempio tipo è il paziente di Sla collegato al respiratore artificiale. Può chiedere che venga interrotto il funzionamento della macchina che lo tiene in vita: il medico della rianimazione può rifiutarsi ma deve esserci un altro medico che attua la volontà del paziente».

Poi c’è anche il ‘biocontratto’, una cosa diversa dalla Dat…

«La pianificazione delle cure avviene all’interno della relazione di cura tramite il medico curante. La disposizione anticipata di trattamento, come le dicevo prima, dev’essere redatta con atto pubblico o con scrittura privata autenticata o con scrittura privata consegnata all’ufficiale di Stato civile».

Quindi non dal medico…

«Questa formalizzazione un po’ scontenta, è una forma che appesantisce e rende più difficile il percorso. La legge poteva dare la possibilità della disposizione olografa, anche se le forme della Dat sono esenti da imposta di bollo. C’è però anche la modalità della videoregistrazione. Nel caso in cui il paziente non è in grado di registrare nelle modalità prescritte dalla legge, le Dat possono essere espresse attraverso videoregistrazioni e dispositivi che consentono alla persona in disabilità (purché sia già disabile) di comunicare».

In un certo senso quello che ha fatto Marina Ripa di Meana, anche se la legge ancora non era stata approvata.

«Però prima che fosse stata approvata la legge, spazio per le disposizioni anticipate già c’era. Erano previste dal codice deontologico dei medici. All’indomani delle sentenze che avevano autorizzato la sospensione delle cure per Eluana Englaro, e dopo la sentenza della Cassazione sul caso Welby, sono stati aperti in molte parti d’Italia i registri per le disposizioni anticipate, aperti sia dai comuni che dai notai. Queste disposizioni antecedenti la legge continuano ad avere validità e possono essere presentate nel momento in cui il paziente viene ricoverato. Un ulteriore passo avanti fatto dalla legge e che merita di essere sottolineato è l’articolo 3 che dà disposizione per quanto riguarda i minori incapaci. Mentre finora il quadro legislativo che c’era dava poco spazio alla possibilità che il minore incapace desse delle disposizioni anticipate, ora è previsto che anche il minore incapace può, attraverso il suo rappresentante legale, non solo esprimere il consenso informato alle cure ma anche stabilire disposizioni anticipate di trattamento».

Quindi, alla luce delle nuove disposizioni, il ruolo del medico sarà ancora più importante…

«Il medico deve conoscere la legge. Occorre che le strutture sanitarie implementino programmi di formazione. In questa legge la volontà del paziente diventa per la prima volta vincolante. Fino ad ora tutto ciò si ricavava dal quadro normativo sui principi costituzionali, da norme sovranazionali come la convenzione di Oviedo, la Convenzione di Nizza sui diritti sulla persona, da tanti riferimenti ma non c’era da noi in Italia una legge, un diritto positivo che esprimeva in maniera chiara la imprescindibilità del consenso informato per quanto riguarda la decisione di sottoporsi o meno alle cure. Il codice deontologico sopperiva finora all’assenza della legge sul consenso informato. Ora abbiamo questa legge da cui non si può più prescindere, viene indicato che la documentazione sanitaria, la cartella clinica dovrà registrare il consenso o il dissenso alle cure. Viene ribadito, lo sottolineo, che il consenso informato, cioè l’informazione dovuta al paziente, fa parte del testo di cura. Informare, ricercare l’attenzione del paziente, non è un qualcosa che va al di là delle cure».

LEGGI ANCHE: IL BIOTESTAMENTO È LEGGE: IL SENATO HA APPROVATO CON 180 SI E 71 NO

LEGGI ANCHE: CASO RIPA DI MEANA, LE DIFFERENZE TRA SEDAZIONE PROFONDA E EUTANASIA

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di I.F.