Formazione 20 Gennaio 2020 16:56

Da Ippocrate ad oggi, la formazione cambia ma resta fondamentale. Almini (CAO Bergamo): «Ecco perché conviene adempiere all’obbligo ECM»

Il Presidente del Coordinamento Albi Odontoiatri di Bergamo sarà relatore unico di un seminario dal titolo “ECM: Come, dove, quando, perché!”. A Sanità Informazione spiega come e perché si sta evolvendo il sistema e i motivi per cui fare formazione continua è una parte fondamentale della professione

Da Ippocrate ad oggi, la formazione cambia ma resta fondamentale. Almini (CAO Bergamo): «Ecco perché conviene adempiere all’obbligo ECM»

Il padre della Formazione Continua? Ippocrate. Un obbligo per i medici e odontoiatri? Sì, il dovere appartiene al Codice Deontologico. In questi due concetti sono racchiusi i valori fondanti dell’aggiornamento professionale. Il Presidente CAO di Bergamo Stefano Almini, già componente della Commissione nazionale ECM, è uno dei massimi esperti dell’argomento, nonché relatore unico, il prossimo 28 gennaio, al seminario previsto a Torino dal titolo “ECM: Come, Dove, Quando, Perché!”: «L’obbiettivo di questo evento – spiega a Sanità Informazione – è, nella sua semplicità, dare risposta alle domande più sollecitate dai colleghi».

Presidente Almini, il prossimo 28 gennaio, presso la sede OMCeO di Torino, si terrà un convegno sul tema ECM, tema di cui lei è uno dei principali esperti. Ci può fare qualche esempio di domanda posta dai suoi colleghi?

«Non saprei da dove iniziare: come si possono spostare i crediti del triennio in corso (dal punto di vista procedurale) nel triennio 2014/2016? Conviene farlo? Dove si deve andare a cliccare per farlo? Cosa sono il Cogeaps e l’Agenas? Perché fare formazione se non se ne sente il bisogno? A cosa corrisponde il Dossier Formativo? In che senso si può inserire tra i propri crediti il tempo utilizzato per la lettura di una rivista scientifica? Queste sono alcune delle domande che maggiormente sono proposte dai colleghi e certamente non si potrà rispondere a tutto, il 28 Febbraio, all’OMCeO di Torino. Ma il senso dell’evento è dare una identità di risposta, mettendoci dal vivo la faccia e  cercando di dimostrare che, cambiando la  prospettiva che osserva solo l “obbligo dell’ECM”, esiste una appassionata opportunità di confronto con noi stessi, nella ricerca di rimanere nel tempo agganciati alle evoluzioni della scienza, rispondendo prima di tutto alla nostra coscienza, vera timoniera delle nostre decisioni».

Dove è nata l’esigenza di questo appuntamento?

«Questo evento nasce come idea a Settembre 2019, grazie all’invito (prestigioso) della OMCeO di Torino, in particolare dal componente della CAO Nazionale, dott. Gianluigi D’Agostino, nonché Tesoriere Nazionale. Alla mia risposta affermativa, seguì l’operatività organizzativa e professionale della dottoressa Patrizia Biancucci, la quale rafforzò l’appuntamento con una intervista sulla tematica ECM. L’appuntamento, inizialmente previsto a Novembre o Dicembre, fu poi spostato a Gennaio, senza immaginare l’arrivo della deroga decisa dalla Commissione ECM Nazionale di fine anno. A Torino, a questo punto, si parlerà di come, dove, quando e perché da un lato senza l’assillo del termine del triennio, dall’altro con la volontà di riaffermare la Formazione come nodo strategico dei professionisti sanitari, in primis perché  a tutela del sistema sanitario universalistico (l’articolo 32 della Costituzione) perché iscritti ad un Ordine intellettuale come quello a cui apparteniamo, perché soggetti a leggi dello Stato, perché in seduta di Laurea lo abbiamo giurato leggendo il testo di Ippocrate, che ci sfida sui principi etici prima ancora che sui valori dell’aggiornamento».

Quale differenza esiste tra principio e valore?

«Il valore, a suo modo, può avere diverse contestualità che possono variare il peso specifico del concetto stesso di valore. Qualora avessi molta sete, un bicchiere di acqua a Bergamo non ha lo stesso valore di un bicchiere di acqua nel Sahara, a parità di sete. Un principio, invece, rimane tale fin dall’inizio, senza varianti, compromessi o adeguamenti ai contesti che cambiano. Ippocrate, nel 300 A.C. ci diceva che la nostra professione deve prevedere un tempo dedicato alla formazione. Incredibile la sua modernità. Un principio che non può corrodersi o “invecchiare”. Un principio, appunto. E a Torino, secondo me, Patrizia Biancucci avrà invitato anche Ippocrate, un big senza tempo, al quale mantenere idealmente, in prima fila, un posto riservato».

Obbligo ma anche opportunità?

«L’obbligo, nel suo etimo latino, contiene il concetto di essere “legati” dal sistema come una camicia di forza. Opportunità, invece, ha un etimo fantastico ed è il nome di un vento marino che porta all’unico porto sicuro. Questo significa che chi ama la formazione continua a formarsi tutta la vita, anche al di là delle matematiche numeriche dell’ECM, ritenendo l’aggiornamento un vento a favore di sé stesso, verso le coste della propria attività professionale. Chi non ne trova il tempo, forse, individuerà nel sistema ECM solo una forzatura, come se il dovere di formazione dipendesse esclusivamente dalla spada di Damocle di un obbligo, che in realtà non garantisce da sé la competenza. Questo ultimo aspetto è in effetti verissimo: l’acquisizione dei crediti formativi, oggi, non corrisponde in automatico ad una garanzia di qualità formativa o ad una certa ricaduta positiva sulle scelte operative della professione. Ma questo è un aspetto da migliorare, da progettare come auxilium al fianco e nella pratica delle attività. La sfida è aperta, ma occorre prima di tutto rispettare la dignità intellettuale della professione, come principio di partenza, non come un valore di un punteggio». 

Se non ci fossero stati problemi, non ci sarebbe stata la deroga.

«Ma certo. Questo sistema ha tanti elementi che richiedono un miglioramento ed un adattamento ai ruoli complessi e trasversali della Sanità attuale. Il sistema ECM ha però una caratteristica: è dinamico, modulabile e modificabile. Non per niente si parla di “manuale” del professionista sanitario, perché nel manuale è contenuto il concetto di metterci le “mani”, ovvero modificare e rinnovare le delibere, nell’ottica di rispondere alle nuove esigenze e alle nuove richieste degli operatori. I perché della prima parte della relazione di Torino concentrano l’attenzione sui principi etici, deontologici, giuridici e costituzionali. Poi, chiariti i principi, sono perfettamente d’accordo che il sistema, soprattutto sul versante della piattaforma informatica di gestione delle anagrafiche dei crediti possa e debba avere una maggiore capacità di dialogo con gli “utenti”, ovvero i componenti delle professioni sanitarie, che, lo ricordo, non sono esclusivamente medici e odontoiatri. Un esercito di oltre 1 milione e 200mila professionisti, di cui una parte (500mila) in area medica e odontoiatrica. Noi medici e odontoiatri abbiamo un Ordine, un Albo e un Codice. Ippocrate indicò che bisogna dedicare del tempo alla formazione, e lo ha fatto in epoca non sospetta, ovvero quando la formazione non era, evidentemente, evoluta come la nostra. “Nessuno nasce imparato”: una volta terminata la fase universitaria e la specializzazione, il bagaglio culturale dei primi anni può non essere all’altezza delle nuove tecnologie e delle aspettative dei pazienti degli anni successivi».

Lei parla di limiti. Cosa andrebbe superato e che tipo di modifiche sono auspicabili?

«Ovviamente il sistema ECM, come tutti i sistemi aperti, può essere sempre migliorato. Un esempio è stata la eliminazione temporale triennale, si potrebbe puntare di più sulla formazione sul campo e dunque portare la cultura più vicino all’esperienza pratica. Negli altri Paesi si privilegia di più la formazione pratica che però ha alti costi. Sicuramente si dovrà puntare su nuove modalità formative, con percorsi ad esempio legati all’uso interattivo della Formazione a Distanza. Questo potrebbe essere un passaggio vincente. Bisognerebbe anche dare maggiore ascolto ai fabbisogni reali dei professionisti e aumentare l’offerta dei Provider, che sono le figure che lo Stato ha posto come intermediari tra l’offerta formativa, la garanzia in termini procedurali di tutto il processo e lo Stato stesso. Un altro aspetto migliorabile è la ricaduta formativa, ovvero le reali conseguenze operative sulla modifica dei comportamenti, come benefico effetto di un aggiornamento efficace».

Questi problemi possono aver influito sul fatto che molti medici non sono riusciti ad adempiere all’obbligo?

«Chi fa formazione continua, la fa con o senza crediti. Esiste però un altro gruppo di persone che tende a non farla, e questa è la parte più impegnativa. Il punto è che il sistema ECM non fa altro che strutturare un obbligo che è prima di tutto deontologico, creando una quantificazione del rapporto tempo/crediti e uniformando il nostro Paese alle altre realtà europee. Se un medico va a lavorare, ad esempio, in Francia, deve confrontarsi con il sistema ECM che esiste lì. Se va in Austria o in Svizzera, idem. Ma è anche una necessità personale e un modo per applicare correttamente l’articolo 32 della Costituzione, quello che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Occorre anche dire che le aumentate richieste delle Sanità Pubblica possono avere tolto alla classe medica il tempo da dedicare alla formazione: la decisione di permettere la modalità formativa FAD al 100% per il raggiungimento dell’obbligo formativo vuole andare incontro alle opportunità di formazione al di fuori del tempo di lavoro, permettendo una maggiore elasticità di fruizione, potendo essere svolta in un tempo prolungato, liberamente scelto da chi sceglie questo tipo di formazione».

Esistono strumenti che incentivano il professionista ad essere in regola con l’obbligo, come ad esempio le premialità?

«Credo che il migliore incentivo a riflettere se convenga o non convenga cercare di scegliere la formazione più idonea alla propria attività, possa essere considerare il ruolo delle Assicurazioni che si stanno muovendo verso una verifica dello status del professionista assicurato in base ai crediti ECM raccolti, stabilendo diversi premi a seconda della situazione formativa del professionista. Un altro problema è quello legato ai contenziosi. In un contenzioso un giudice, o comunque l’avvocato del paziente, potrebbe chiedere al Presidente di Ordine se quel determinato iscritto era a posto o meno con l’obbligo formativo. Un altro coinvolgimento importante è quello con la Legge Gelli-Bianco sulla responsabilità professionale. L’adempimento dell’obbligo fornisce poi dei vantaggi per chi vuole fare carriera nell’ambito della Pubblica Amministrazione, per cui per ambire a determinati ruoli è richiesta anche l’avvenuta formazione. In definitiva, la formazione serve, il sistema è dinamico dunque sempre migliorabile».

 

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