Contributi e Opinioni 30 Agosto 2017 18:06

Infermieri: le sfide che la professione deve vincere

di Barbara Mangiacavalli ǀ Ddl Lorenzin, sblocchi del turnover, qualità della formazione e crescita professionale, ecco le prossime sfide per gli infermieri

di Barbara Mangiacavalli Presidente Federazione nazionale Collegi Ipasvi

Il tempo stringe: alla ripresa dell’attività parlamentare dopo la pausa estiva le tappe possibili da raggiungere a livello parlamentare si contano davvero sulle dita di una mano. A ottobre infatti partirà la sessione di bilancio e quel che è stato fatto è fatto, il resto potrebbe dover attendere la prossima legislatura perché a fine anno partirà il semestre bianco pre-elettorale.
Tre i fronti ancora aperti per gli infermieri che potrebbero avere soluzione con un forte impegno del Parlamento.
I primi due sono uno al Senato e uno alla Camera, ma per farcela e convertire in legge i rispettivi Ddl si dovrà avere un accordo forte tra le due Camere.
Sono il Ddl Lorenzin che per gli infermieri significa prioritariamente la trasformazione dei Collegi in Ordini e il biotestamento, rispetto al quale la nostra Federazione ha avanzato precise istanze di coinvolgimento nella Dat e nell’assistenza h24 ai pazienti coinvolti. Per noi la trasformazione dei Collegi in Ordini professionali è la priorità assoluta. È un passaggio che sarebbe già dovuto avvenire quasi automaticamente nel momento stesso in cui a partire dal decreto legislativo 502/1992 la formazione degli infermieri è entrata a pieno titolo in Università e la legge 42 del 1999 ha riconosciuto il carattere intellettuale della nostra professione.
Oggi gli infermieri sono professionisti laureati; non ha più senso pertanto mantenere l’obsoleta e anacronistica separazione tra collegi e ordini per delineare forme di rappresentanza professionale e di iscrizione agli albi di appartenenza: gli infermieri, al pari di tutte le altre professioni intellettuali, vogliono una tutela ordinistica. La trasformazione dei Collegi in Ordini è alla ribalta del dibattito parlamentare ormai da oltre dieci anni, da quando cioè era stata prevista come delega al Governo nella legge 43/2006; basta con le attese. Si acceleri l’iter perché possa davvero giungere a conclusione subito a inizio autunno. Anche perché si possa, aumentando le potenzialità con la costituzione degli ordini, affrontare con la massima decisione e trasparenza problemi come ad esempio quello dell’abusivismo in cui gli infermieri sono la professione più coinvolta, dati anche i loro numeri che fanno ipotizzare almeno 5.500 abusivi, su cui si deve tirare il freno e, oltre a effettuare controlli più serrati, devono anche poter denunciare chi abusa della nostra professione.
Chiediamo sblocchi del turn over e assunzioni, abbiamo circa 16mila infermieri disoccupati e non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo accettare che posti possibili siano occupati da chi infermiere non è. La Federazione in questo senso ha sempre sollecitato le autorità competenti, ma probabilmente è il caso di intensificare l’azione contro l’abusivismo dilagante. Per quanto riguarda il biotestamento, abbiamo sottolineato la necessità che gli infermieri vengano coinvolti maggiormente per il loro ruolo di vicinanza coi pazienti nei momenti più difficili.
E abbiamo chiesto che la figura dell’infermiere abbia un ruolo maggiore proprio nel momento in cui si devono prendere decisioni difficili, magari senza che il paziente possa confermare o meno le sue volontà. Dare appropriatezza al percorso assistenziale che l’infermiere compie di fronte a questi malati è non solo la manifestazione più evidente del suo dovere professionale, ma anche di quello morale che ha deciso di fare proprio nel momento stesso in cui ha scelto la professione: rendere testimonianza e partecipare a scelte importanti come quelle previste nel Ddl è la naturale evoluzione della professione.
C’è anche un altro provvedimento che vorremmo facesse passi avanti e accogliesse le nostre richieste: quello sull’equo compenso in cui abbiamo chiesto di inserire la professione infermieristica per fermare grazie alla tariffa minima quel mercato di intermediari che, non essendo gestiti e costituiti da soggetti che esercitano la professione, ragionano in un’ottica di mero profitto, adottando strategie che contribuiscono alla dequalificazione della professione infermieristica: l’abolizione delle tariffe minime professionali, con la complicità della crisi economica, ha senz’altro agevolato negli ultimi anni la contrattazione dei compensi al ribasso, determinando una sensibile diminuzione dei redditi professionali.
Ddl Lorenzin e biotestamento potrebbero sicuramente farcela con un accordo tra Camere e l’equo indennizzo dopo l’approvazione stiva del Ddl che riguarda gli avvocati da parte del Consiglio dei ministri, potrebbe comunque trovare un percorso preferenziale già in questa legislatura, ma anche, sicuramente, all’avvio della prossima. C’è un altro tassello fondamentale che, a prescindere dal semestre bianco, può e deve essere messo al suo posto: il contratto.
È vero, serve la legge di Bilancio per stanziare le risorse aggiuntive promesse e già la nota di aggiornamento al Def potrebbe essere un primo segnale positivo in questo senso. Ma il lavoro può iniziare. Il presidente del Comitato di settore, Massimo Garavaglia, ha affermato che avendo ricevuto il via libera del Governo all’atto di indirizzo, già a settembre la contrattazione può partire. E nella contrattazione c’è una previsione fondamentale per gli infermieri e per le professioni sanitarie: si conferma la nascita del “professionista specialista” e il contratto descriverà, analogamente a quanto già fatto per l’insieme dei profili, le declaratorie delle competenze proprie delle posizioni di “professionista specialista” e di “professionista esperto” delle professioni sanitarie infermieristica – ostetrica, tecnica, della riabilitazione e della prevenzione, nel rispetto di quanto previsto dal profilo professionale, dal percorso formativo e dal codice deontologico, salvaguardando le specifiche competenze professionali degli altri professionisti.
Una novità forte, un passo fondamentale per il riconoscimento di quelle competenze avanzate che ormai da anni chiediamo siano una realtà non solo nelle Regioni virtuose che già in qualche modo le hanno adottate, ma che diventino un presupposto omogeneo in tutto il Paese. Certo, approvato questo passo importante sarà poi la volta del ministero dell’Università disegnare – assieme alla nostra professione, questo è anche prioritario – i percorsi universitari necessari alla nuova figura. E le declaratorie di base potrebbero essere già disegnate anche nel contratto proprio grazie a quella bozza di accordo Stato-Regioni sulle competenze avanzate, già approvata dai governatori, ma che non ha mai raggiunto il tavolo della Conferenza per l’ostruzionismo di vecchie posizioni di altre professioni e di una sacca di figure legate a retaggi del passato ormai obsoleti e che non trovano più riscontri nella realtà dell’assistenza di tutti i giorni.
D’altra parte e a conferma della crescita professionale degli infermieri, sempre a settembre e sempre in tema di formazione decollano i corsi di alta formazione per gli infermieri organizzati da Federazione e Agenas e che riguarderanno gli scenari e fabbisogni di cambiamento (dai sistemi sanitari in Europa al Ssn), il ruolo di coordinamento e/o di gestione delle organizzazioni sanitarie per il profilo manageriale (predisposizione alla leadership ) e per quello di responsabilità (responsabilità dirette e delegate al management infermieristico verso i pazienti, i collaboratori e l’azienda), la gestione dei fattori produttivi in una logica di benessere organizzativo (risorse umane e professionali, economiche, tecnologiche strumenti metodologici per la misurazione, la valutazione e il miglioramento delle performance), le relazioni con gli stakeholder (azienda, professionisti e loro rappresentanti scientifici, professionali e sindacali, cittadini).
E con il Miur c’è un altro percorso importante da seguire: lo sviluppo della formazione. In tutta Italia abbiamo solo tre Professori ordinari di infermieristica, e trenta tra associati e ricercatori, con numeri di immatricolazione in realtà pari se non superiori a quelli di medicina: è necessario che questa situazione trovi un suo riequilibrio. In questo senso la Consulta permanente della formazione universitaria, formalizzata a giugno dalla Federazione, è il veicolo migliore per analizzare i percorsi, disegnando anche quelli che possono essere fonte di nuovi indirizzi per i giovani che intendo dedicarsi alla professione. La Consulta è un luogo di confronto, comunicazione e studio tra Ipasvi e mondo universitario, i cui rappresentanti hanno accolto appieno la proposta di lavorare in sintonia e sinergia con la Federazione.
Un altro momento essenziale da analizzare per trovare le giuste collocazioni degli infermieri è quello della partecipazione alla nuova legge sulla responsabilità professionale. Le associazioni infermieristiche devono fare quadrato per garantire i requisiti previsti dall’ultimo decreto attuativo firmato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin: il decreto che istituisce e regolamenta l’elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie, che avranno il compito di elaborare le linee guida cui gli esercenti le professioni sanitarie si devono attenere nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie. Gli infermieri devono esserci con le loro associazioni. Devono avere un ruolo di primo piano nella definizione di quelle linee guida che saranno poi l’ago della bilancia della responsabilità professionale di tutti i nostri professionisti.
Abbiamo da poco istituito la Consulta delle associazioni infermieristiche che può essere il luogo di sintesi dei passi da compiere, ma tutto questo va fatto in fretta e, soprattutto, tenendo presente che l’unica identità da tutelare è quella dell’infermiere e non delle singole peculiarità nel momento di questo tipo di scelte: il decreto dà 90 giorni di tempo dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – entro l’8 novembre quindi – per l’iscrizione delle associazioni agli elenchi. Il problema delle società scientifiche è un problema culturale su cui la Federazione deve recuperare anche il tempo passato. Sia per impostare le specializzazioni infermieristiche in una logica di infungibilità che oggi non è presente, sia ragionare con le nostre associazioni infermieristiche, a cui daremo tutto il contributo, anche attraverso la Consulta costituita a luglio, perché possano acquisire tutte le caratteristiche richieste. Non è un problema solo di percentuali, ma anche di necessità di incrementare le pubblicazioni da parte degli infermieri e la loro attività di ricerca in modo sufficiente secondo i parametri richiesti.
Provvederemo anche a quello. C’è poi comunque un canale aperto tra Federazione, ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità perché alle linee guida gli infermieri devono partecipare. Ma una cosa deve essere chiara e soprattutto deve rappresentare il faro che illumina la professione: tutto questo si fa in funzione dei bisogni dei pazienti e con loro e per loro si devono analizzare le strade della crescita e del continuo miglioramento.
La terza Consulta istituita dalla Federazione, quella con le associazioni dei malati e dei cittadini, ha questo come scopo: il rapporto coi pazienti. È per noi un elemento valoriale importante della professione e del suo ‘patto col cittadino’ che da anni la caratterizza. Per noi è essenziale avere una relazione privilegiata con loro, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. In questo senso abbiamo attivato – e lo presenteremo a settembre in via ufficiale – anche un Osservatorio civico con Cittadinanzattiva. Gli Osservatori civici di Cittadinanzattiva hanno il significato di vedere con gli occhi delle persone le situazioni che caratterizzano i loro bisogni – in questo caso di salute e legati alla professione infermieristica – per promuovere politiche sanitarie che garantiscano equità di accesso, qualità e tutela dei diritti dei cittadini. Il Servizio sanitario è ancora troppo centrato sull’acuzie, ma i bisogni di salute stanno rapidamente cambiando e già si sono modificati. Sono aumentati gli anni di vita, ma non in buona salute purtroppo e lavorare sulle competenze e sulle capacità degli infermieri rappresenta un modo proattivo di vedere la professione secondo l’alleanza che oggi abbiamo stretto con voi per conoscere e soddisfare i vostri bisogni.
Tra gli appuntamenti importanti che riguardano la nostra professione, nei prossimi mesi c’è il nuovo Codice deontologico, dopo aver registrato le richieste e le osservazioni degli infermieri tramite i Collegi grazie alla consultazione on line voluta dal Comitato centrale per dare la massima diffusione e trasparenza a quello che è la guida dell’etica e della deontologia degli infermieri. E il Comitato centrale ha già fatto un primo incontro, perché a questo punto il lavoro da fare non è solo tecnico ma anche politico e ci vorrà il tempo necessario a far quadrare tutte le richieste e le esigenze degli infermieri. Un Codice davvero di tutti e che dovrà rispecchiare le idee e le istanze di tutti perché la professione è di tutti gli infermieri e non di gruppi ristretti di questa, per quanto autorevoli e preparati possano essere. C’è poi il Congresso triennale che questa volta è in programma all’Auditorium di Roma a marzo e che come sempre sarà il momento in cui gli infermieri daranno la massima risonanza all’attività degli infermieri.
Anche per questo abbiamo fatto in modo che il Congresso 2018 sia costruito dai Collegi, dagli infermieri e dalle bestpractice infermieristiche e non solo da chi come sempre organizza gli eventi. Passi avanti li abbiamo già fatti in questi tre anni, non c’è dubbio, e di notevole entità. Ma si tratta spesso di situazioni gestite in singole Regioni che affidano agli infermieri quel ruolo di case manager rispetto alla cronicità, alla non autosufficienza e all’assistenza sul territorio e così via. Patto per la salute e nuovi Lea lo prevedono: ora va applicato ovunque, in modo uniforme e secondo le vere esigenze dei cittadini, che per primi lo chiedono, non solo in ospedale, ma anche e soprattutto sul territorio. E per questo ci batteremo: per il riconoscimento, progresso e l’omogeneità della professione.

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