Contributi e Opinioni 25 Settembre 2019 16:42

Acidosi tubulare renale distale, le famiglie chiedono nuove terapie che migliorino la qualità di vita dei pazienti

Difficile da diagnosticare, ereditaria e cronica, l’acidosi tubulare renale distale è una malattia rara che affligge, in Italia, circa cinque persone su un milione, portando con sé diminuzione dei normali valori del bicarbonato e del potassio ematico. Ma qualcosa sta cambiando. Per la prima volta in assoluto a Padova, il 21 e 22 settembre, famiglie, medici e pazienti si sono confrontati tra loro e con la ricerca scientifica oggi al lavoro su questa malattia rara poco conosciuta. L’incontro promosso da Tommaso e Giorgia, genitori di Guglielmo, un bambino affetto da questa malattia, ha avuto l’obiettivo di far conoscere la patologia dando vita ad una rete di genitori e pazienti, sia bambini che adulti, colpiti da acidosi tubulare renale distale.

Il tratto distintivo dell’acidosi tubulare renale distale (dRTA), malattia rarissima dei tubuli renali di cui si conoscono varie forme ereditarie, è un’insufficiente acidificazione delle urine. Questa si realizza proprio per il malfunzionamento dovuto a mutazione genetica di una delle pompe che regolano l’escrezione renale per la regolazione del metabolismo idro-elettrolitico. Tutto ciò produce uno stato di acidosi metabolica con conseguenze anche gravi a lungo termine.

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«Generalmente, l’acidosi tubulare renale distale ha un esordio precoce, in età pediatrica. La sintomatologia è aspecifica: i bambini presentano vomito continuato, diarrea o stipsi. Non riescono a mangiare, perdono l’appetito o producono un maggior quantitativo di urina. Spesso hanno molta sete con una maggiore tendenza ad introdurre liquidi. Tendono ad essere molto deboli e affaticati e, quando la malattia insorge così presto, subiscono un notevole ritardo nella crescita. In rarissimi casi, l’esordio della malattia è più tardivo, anche in età adulta, ma è una situazione molto meno frequente» – spiega la dottoressa Francesca Becherucci, nefrologa della Struttura Organizzativa Complessa di Nefrologia e Dialisi presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze e presente all’incontro con le famiglie di sabato scorso. Il team di ricerca dell’ospedale Meyer di Firenze è coordinato dalla professoressa Sabrina Giglio e dalla professoressa Paola Romagnani e vede la partecipazione di specialisti genetisti, biologi, biotecnologie e nefrologi.

Il test genetico è l’unico strumento che offre informazioni valide per la diagnosi individuale e una puntuale conoscenza della malattia. Questa malattia è molto più frequente di quanto atteso ed è sottodiagnosticata, perché difficile da scovare anche dal punto di vista clinico. Il team di ricerca guidato dalla professoressa Sabrina Giglio, Direttore dell’Unità di Genetica Medica dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, presente a Padova, ha seguito i piccoli pazienti ben oltre l’età pediatrica e fino alla transizione nell’età giovane-adulta, riscontrando l’insufficienza renale cronica in circa un terzo dei pazienti con diagnosi genetica confermata. L’acidosi tubulare renale distale è, infatti, una condizione potenzialmente invalidante a lungo termine, per la quale i bambini devono assumere ben presto la giusta quantità di bicarbonati per favorire il controllo metabolico dell’acidosi. Ma senza che questa terapia di correzione influisca sul meccanismo patogenetico della malattia.

Tutto ciò, col trascorrere degli anni, pone problemi in termini di aderenza alla terapia. «Uno dei problemi legati alla compliance del paziente è che il sodio bicarbonato è poco palatabile e capita che non sia ben tollerato a livello intestinale – spiega la dottoressa Francesca Taroni, del reparto di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Pediatrico presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e anch’ella a Padova -. Inoltre, avendo un’emivita di 4-6 ore deve essere assunto più volte al giorno con un impatto importante sulla qualità di vita». Per questa ragione sono sempre più necessarie nuove forme di terapia che migliorino la risposta dei pazienti e contribuiscano a ridurre i danni della malattia sul lungo periodo.

«Sono in fase di studio nuove molecole a base di citrato di potassio in una formulazione a lento rilascio che stanno mostrando ottimi risultati sulla popolazione pediatrica – prosegue Taroni -. In particolare questi nuovi farmaci si possono somministrare ogni 12 ore, mantenendo costanti i livelli di bicarbonato plasmatico ed essendo in granuli insapori, si possono somministrare a partire dai primi mesi di vita dei pazienti. Il convegno di Padova è stata una tappa fondamentale – commenta a conclusione la dottoressa Taroni -. Dobbiamo assolutamente creare consapevolezza intorno all’acidosi tubulare renale distale e lavorare come abbiamo fatto oggi per farci carico sempre di più delle esigenze dei pazienti».

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